Quando Stendhal pubblica Il Rosso e il Nero (Le Rouge et le Noir) il 16 settembre 1830, lascia aggiungere in sottotitolo la seguente chiosa: Chronique de 1830. Il Rosso e il Nero si pone dunque subito nella categoria del romanzo storico, in particolare di quel filone francese relativo alla storia più recente, presentando quella che, in quanto cronaca, non dovrebbe essere altro che un resoconto di eventi realmente accaduti (ispirati, a quanto pare, dalla lettura degli atti di un processo del 1827).
In realtà Il Rosso e il Nero ha una genesi complessa, seppur rapida, e il contesto letterario in cui apparve non fece altro che fornire elementi spesso erronei per la sua interpretazione, come la notA dell’editore dell’epoca, in cui spiegava che la composizione faceva riferimento ad uno stato di eventi appartenente all’anno 1827; in realtà, la critica ha poi finalmente stabilito il debutto della composizione al 1829.
Il titolo stesso de Il Rosso e il Nero presenta un enigma che, sebbene ormai risolto, vale la pena soffermarcisi in quanto essenziale alla comprensione di un tema caro all’autore.
Il Rosso e il Nero e il suo orizzonte
Stendhal (1783-1842), pseudonimo di Henri Beyle, godeva a suo tempo di un certo nome, a ragione non solo della sua attività letteraria, ma anche della sua attività politica e ai suoi frequenti viaggi nell’amata Italia (un esempio per entrambi i casi: la sua carica di console di Civitavecchia sotto la Monarchia di Luglio).
Parlando di nomi, come accennato il titolo de Il Rosso e il Nero rappresenta senza dubbio un’accattivante sintesi di un elemento della personalità dell’autore, che diventa via via chiaro proseguendo nella lettura e facendo attenzione ai dettagli.
Non fu così per tutti, in ogni caso; scriveva infatti Le Figaro in seguito alla pubblicazione di aver trovato un titolo enigmatico, conformemente alla personalità dell’autore.
In realtà, il dualismo cromatico del titolo non è altro che una metafora delle due ossessioni del giovane protagonista, Julien Sorel. Figlio di un artigiano rampante nel settore del legname, Julien risiede nella modesta cittadina di Verrières, dove protetto da una costituzione fisica fragile (i suoi robusti fratelli rappresentano la manodopera della segheria di famiglia) si dedica allo studio delle lettere e specialmente della teologia.
Siamo, come ci indica l’autore, nel 1830, al debutto della Monarchia di Luglio, che avrebbe indebolito pesantemente il bonapartismo e affidato la corona a Luigi Filippo d’Orléans. La vita e la carriera di Julien, personaggio fittizio, è segnata dal costume e dalle convinzioni della società del tempo, contesto storico realistico ed estremamente dettagliato con un’arguzia e una sensibilità proprie solo a Stendhal.
La giubba e il talare secondo Stendhal
Julien, come si è appena detto, è immerso nelle sue letture religiose, con grande disappunto del padre, associando con un certo funambolismo i dettami della chiesa gallicana (un ramo tradizionale della chiesa cattolica francese, scettico nei confronti della figura papale) agli scritti di De Maistre (che al contrario ne rivalutava il ruolo e l’identità); la vocazione al seminario, infatti gli era nata dallo stupore di vedere edificare nel villaggio una chiesa riccamente decorata.
Tuttavia Julien è un uomo sospeso in eterni conflitti, ogni scelta generando a sua volta altre possibilità in se stessa: disobbedendo al padre, che lo voleva precettore dei figli del sindaco, egli pianifica di fuggire e raggiungere il confine, poco distante, della Svizzera.
Secondo Julien il modo più sicuro per farlo è passare mescolandosi in un battaglione di truppe di passaggio in quella stagione; in fondo, come ci segnala il narratore, un evento parimenti entusiasmante nella vita del giovane era stato il passaggio di alcuni dragoni in marcia durante una campagna.
E così, dunque, due mondi apparentemente inconciliabili – la spada e il breviario – diventano per Julien l’origine di una scelta fino alle pagine finali del romanzo, senza mai avvertire in sé l’eventualità di un’esclusione reciproca.
La metafora ora risulta facile: il nero rappresenta l’abito sacerdotale, mentre il rosso quello degli abiti militari, ambizione frustrata ma sempre calda nell’animo del giovane.
Stendhal mostra abilmente le contraddizioni e le ipocrisie di una generazione cresciuta col mito delle campagne napoleoniche, ma ora costretta a ridimensionare i suoi ideali in seguito al periodo di instabilità vissuto dal paese.
Si tratta di un sentimento che verrà sviluppato, con toni più appassionati e partecipi, da alcuni degli ultimi romantici come A. De Musset, che cadranno sotto il nome di enfants du siècle.
Daniele Laino
Bibliografia:
Stendhal, Le Rouge et le Noir, Paris, GF Flammarion.
Sitografia:
http://www.lefigaro.fr/livres/2014/04/10/03005-20140410ARTFIG00008-l-affaire-derriere-le-rouge-et-le-noir.php