Johnny Guitar: il cinema dei nuovi miti di Nicholas Ray

Una figura rivoluzionaria

Godard ebbe a dire riguardo Nicholas Ray: “Da ora in avanti c’è il cinema e il cinema è Nicholas Ray“. Che Godard abbia esagerato o no, Ray rappresenta sicuramente un artista rivoluzionario, una mina vagante nel mondo di Hollywood che esplose, e che esplosione, portando con sé un nuovo modo di fare cinema. Insieme al connazionale Kazan, Ray fu uno dei primi registi ad opporsi ai canoni classici imposti da Hollywood; egli presentò un nuovo personaggio, lontano da quelle caratteristiche di forza e purezza tipiche dell’eroe americano, pensiamo al personaggio tipico di John Wayne o al mito di Humphrey Bogart.

Con Ray assistiamo alle storie di personaggi deboli, stanchi, disillusi, incapaci di lottare contro qualcosa che va oltre le loro possibilità. Vien da dire che Nicholas Ray rispetto ai registi del passato, sia più interessato alla rappresentazione della realtà e non ad un mondo idealizzato: fu proprio Ray a creare il mito di James Dean disilluso e ribelle con il film Gioventù bruciata.

 

Johnny Guitar, come gli altri film di Ray, segue questa linea di opposizione ai canoni del cinema classico, dando vita ad antieroi e spazi filmici nuovi con scenografie e architetture che oscillano tra Loyd Wright e il puro kitsch. Un film a suo tempo poco apprezzato negli Stati Uniti ma apprezzato in Europa, in particolare dai due cineasti francesi Godard e Truffaut, che in seguito omaggeranno Ray nelle proprie opere.

A rendere ancora più grande il mito di quest’opera è anche il cast, con alcuni tra gli attori più importanti dell’epoca: Joan Crawford, Mercedes McCambridge, Sterling Hayden, Ernest Borgnine. La coppia Crawford-Hayden regala subito grandi momenti cinematografici, ad iniziare dal primo sguardo che i due si scambiano al saloon dopo anni passati senza essersi visti. La colonna sonora fu scritta da Victor Young e interpretata da Peggy Lee in stile ballata folk tipicamente del western.

Play the guitar, play it again, my Johnny

Johnny Guitar, la trama

Stanco della sua vita da pistolero, Johnny (Sterling Hayden) decide di cambiare vita e torna dall’amante di un tempo, Vienna (Joan Crawford), la quale intanto ha costruito un saloon vicino al quale sorgerà una ferrovia. Ma Vienna si ritrova piena di guai: gli abitanti locali aizzati da Emma (Mercedes McCambridge), l’accusano di dare ospitalità alla banda di Dancin’ Kid (Scott Brady), il quale ha una relazione con Vienna ma è amato da Emma. Vienna però non è assolutamente intenzionata a cedere di fronte ai soprusi degli abitanti locali e ora che è tornato anche Johnny, che non ha mai smesso di amare, è pronta a farsi valere, forte anche del suo carattere tutt’altro che timoroso.

 

Gli ingredienti per un nuovo tipo di western

Johnny Guitar è passato alla storia soprattutto per aver rivoluzionato il genere del western, sviluppando una storia che per molti versi si allontanava dalle storie classiche del western, oltre al fatto che Ray fece delle scelte tecniche che non subito furono apprezzate, anzi qualcuno le criticò ampiamente. Fra queste c’è l’uso del Trucolor (Harry Stradling Sr direttore della fotografia), che nel suo nome (vero colore), denuncia un irrealismo cromatico vertiginosodefinisce caratterialmente i personaggi e conferisce drammaticità in alcune scene. In realtà l’uso di questo colore non sembra per nulla fuori luogo.

Il film segue un ritmo perfetto, con campi-controcampi che si alternano, con la macchina da presa che si sofferma sulle espressioni dei protagonisti, che mostrano una tensione irreale e pietrificata in tutta la loro epica drammaticità; i personaggi compaiono quasi come entità fantastiche, nella cornice reale del western uomini e donne si muovo tra inseguimenti e sparatorie, tra azioni che avvengono e che dovranno avvenire. Il tempo è proprio un’ossessione in questo film: passa pesante, i personaggi sono spinti e oppressi dal tempo, tutto accade subito perché deve accadere, così scontri, amore, condanne, morte, tutto avviene poco a poco.

Ray è sì un architetto e in un certo modo un perfezionista, ma è anche uno spirito libero. Il suo cinema non è eccessivamente geometrico, sembra molto più vicino all’artificiosità di Sternberg. Nella sua libertà artistica, Ray si diverte a fare di Johnny Guitar un western innovativo. Dilata sino al rimpicciolimento i luoghi classici del cinema western, tutto si svolge tra il saloon e i luoghi circostanti, abbandonando i grandi spazi tipici per esempio del western di John Ford.

Non c’è nemmeno il diverso rappresentato dall’indiano, che in questo caso è Ballerino Kid. A completare il quadro innovativo c’è un piccolo dettaglio: la storia di questo film non è fatta dagli uomini ma dalle donne. Sono Vienna ed Emma, interpretate dalle due dive hollywoodiane, che muovo la storia, da una parte Vienna proprietaria del locale  accusata di ospitare Ballerino Kid, dall’altra Emma che che ama Kid ma odia a tal punto Vienna da volere la morte di entrambi. Il duello finale non è tra Ballerino Kid e Johnny Guitar, ma proprio tra Emma e Vienna.

Mentre il mondo svanisce, la scena si apre ai due amanti, che accompagnati dalla musica cantata da Peggy Lee, concludono una delle esperienze visive più irripetibili nella storia del cinema.

Roberto Carli

Fonti

  • http://www.cinema4stelle.it/johnny_guitar_ieri.html
  • Enrico Ghezzi in Johnny Guitar, Nuova Eri, 1991 – “Paura e desiderio”, tascabili Bompiani