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The Police – “Walking On The Moon” (25 Novembre-01 Dicembre 1979)
I Police al meglio delle loro potenzialità. Il pezzo riprende le caratteristiche peculiari del reggae, facendole passare attraverso il filtro del nascente fenomeno new wave in modo da renderle digeribile ad un pubblico generalista o quantomeno meno specifico; espediente che è diventato ormai una costante nelle produzioni della band inglese e che proprio in questa fattispecie si acutizza, regalando un piccolo capolavoro. Dulcis in fundo, la voce di Sting è un valore aggiunto da non dare per scontato.
Nirvana – “Smells Like Teen Spirit” (24-30 Novembre 1991)
Pezzo che non ha bisogno di ulteriori presentazioni. I Nirvana sicuramente non sono stati degli innovatori né tanto meno i migliori tra i gruppi della scena di Seattle, ma senza ombra di dubbio sono stati determinanti nel rendere fruibile un genere di nicchia come il Grunge. Questo brano diventa dunque quasi inconsapevolmente una sorta di manifesto generazionale, d’altronde possedendo tutte le caratteristiche del genere rappresentato: strofe apatiche alternate a un refrain esplosivo, un testo dal significato oscuro e un generale senso di rabbia e frustrazione che traspare da ogni singola nota.
Anastacia – “Paid My Dues” (25 Novembre-01 Dicembre 2001)
Anastacia ha vissuto un periodo di esposizione mediatica relativamente breve ma comunque intenso, raggiungendo l’apice della sua carriera con questo brano che conferma le sue straordinarie doti vocali e legittima il suo ruolo all’interno dell’industria discografica. In un’epoca come i primi anni ’00 in cui il mondo del pop era saturo di bei faccini e di voci poco mature intonanti becere e approssimative melodie, una “thirtysomething” dalla voce possente come Anastacia aveva poche speranze. Invece, a discapito dei pronostici, una tale promessa è stata ampiamente mantenuta, facendosi portabandiera di un r’n’b intelligente e curato, che non si adagia esclusivamente sul barocchismo degli arzigogoli vocali bensì appaga anche la parte contenutistica del prodotto offerto, adattandola alla mutevolezza dei tempi.
Take That – “Patience” (19-25 Novembre 2006)
Uno dei ritorni più attesi e pubblicizzati degli ultimi anni. La celebre, ormai ex, boyband inglese, ancora orfana di Robbie Williams (tornerà, brevemente, solo nel 2009), dimostra con questo brano di sapere arginare sapientemente il peggior nemico delle reunion nostalgiche: il tempo che passa. Se molti loro coetanei compiono l’errore di voler ostinatamente imitare le tendenze del momento, risultando spesso anacronistici e pacchiani, i Take That propongono un sound personale, maturo e credibile. Nulla di particolarmente eccelso, ma comunque dignitoso e conforme al prodotto di una boyband che, per quanto possa non piacere, è sempre stata musicalmente al di sopra delle sue pallide imitazioni proliferanti alla fine degli anni ’90.
Band Aid 30 – “Do They Know It’s Christmas?” (23-29 Novembre 2014)
Una delle canzoni a tema natalizio più celebri di sempre. Incisa per la prima volta nel 1984 sotto la lungimirante egida di Midge Ure e Bob Geldof, viene periodicamente reincisa da un parterre di artisti sempre diverso. La quarta incarnazione della Band Aid risale all’anno scorso, nata col nobile intento di raccogliere fondi per combattere il virus Ebola. L’operazione sostanzialmente è riuscita a metà: se da un lato è stato apprezzabile il tentativo di volersi in parte distaccare dalla versione originale, questa interpretazione risulta perdere gran parte della spontaneità e del gusto camp di quella prima produzione, risultando piuttosto sterile e a tratti abbastanza cupa, l’opposto di ciò che dovrebbe rappresentare. Da segnalare comunque la presenza di Sinead O’Connor e Angelique Kidjo, perle date in pasto ai porci.
Per questa settimana è tutto, alla prossima per un altro viaggio nel tempo!
Alfredo Gabriele Galassi