Un viaggio di ricordi proposto da una Pomigliano d’Arco sconosciuta alle odierne generazioni.
Le vecchie tradizioni della festa di San Felice
Pomigliano d’ Arco, ogni 14 gennaio ricorre la giornata dedicata al santo patrono San Felice in Pincis. L’intero giorno era dedicato al culto religioso che si svolgeva nella chiesa principale del paese.
La vera festa, quella popolare fatta di musica e divertimento, si svolgeva nel mese di settembre. L’evento durava tre giorni ( sabato, domenica e lunedì) e consisteva nella famosa “allummata” , cioè l’ usanza di illuminare tutte le strade intorno la parrocchia con pali ed arcate ricche di lampadine. Ai lati delle strade un infinità di bancarelle che proponevano ai passanti particolari prodotti gastronomici, giocattoli per bambini e passatempi vari.
Al tramonto “si appicciava l’allummata” che dava il via alla serata tanto attesa. Il sabato mattina arrivava la banda musicale che animava le sere con esibizioni di musica classica napoletana. La domenica mattina era il giorno più importante: il santo patrono usciva in processione seguito dai fedeli, dalla banda musicale e il clero al completo.
San Felice è considerato protettore degli animali ed è invocato per la protezione dal fuoco. Per questo la festa aveva un grande valore: in un paese dove il maggiore motore economico era l’agricoltura. I contadini, infatti, avevano l’usanza di recarsi di sera alla chiesa di san Felice con i loro animali per farli benedire. Dopo la benedizione si accendevano dei “fucaroni” all’angolo di parecchie strade e quando il fuoco aveva ormai consumato tutta la legna rendendola un mucchio di cenere, questa veniva raccolta nel “vrasere” che ognuno portava a casa come un fuoco benedetto. Il “vrasere” era un recipiente che veniva utilizzato come mezzo di riscaldamento. Veniva riempito con della carbonella e sopra vi venivano accesi fogli o pezzi di legno per poter permettere un po’ di tepore negli ambienti domestici.
Ad oggi, non si vive più con lo stesso entusiasmo la festa di san Felice. Queste tre giornate erano in grado di portare gioia a grandi e piccini. Forti occasioni di aggregazione cittadina, dove anche chi non poteva permettersi tanto lusso in quei giorni poteva raccattare qualche vivanda in più. Purtroppo con l’avvento della società moderna, antiche e suggestive tradizioni sono andate perdute. Basti pensare al fatto che adesso Pomigliano non è più un paesino agricolo, ma un polo industriale e la perdita delle tradizioni è il prezzo da pagare per ottenere il progresso.
Pomigliano d’Arco e la tradizione de ‘A Paramanta
‘A Paramenta, è ormai una parola sconosciuta ai giovani di Pomigliano d’Arco, ma di sicuro qualche vecchio contadino potrà ricordarla.
Era un’ usanza per festeggiare la fine e la riuscita costruzione del rustico di un nuovo fabbricato. Il giorno in cui veniva completata la costruzione, coloro che vi avevano partecipato nella realizzazione innalzavano su di esso una “Bandiera Tricolore” e inoltre, veniva offerto un pranzo, chiamato Paramenta, gli operai da parte della donne della famiglia che commissionava il lavoro.
La tavolata veniva costruita dalle tavole di ponte che veniva utilizzate come trabattello per lavorare e sostenuta da cavalletti fatti di “mascelle e mezzanelle” sui quali venivano poggiati i “mesali” di tela del corredo.
Il pranzo aveva come portata principale le “pettole lardiate” che venivano servite in grandi piatti chiamati “spase”. Le pettole erano fatte con impasto di farina integrale e acqua e veniva steso con il “lavanaturo” , ovvero il mattarello. L’impasto veniva tagliato a strisce, lessato e condito con una salsa ottenuta con il lardo “allacciato” insieme al basilico, “sfritto” per qualche minuto e allungato con un ottimo sugo di pomodori, il tutto cosparso con una buona quantità di “caso ‘e Roma” ((pecorino laziale). Tutto si concludeva con frutta fresca o con le “sciociole” (noci, arachidi, semi di zucca seccate …)
Intorno alla tavolata prendevano posto tutti gli operai che avevano collaborato. In queste occasioni si respirava un clima festaiolo ed augurale per i padroni di casa.
Lisa Zaffinelli
Bibliografia:
Acquerelli Pomiglianesi di Mario de Falco, Edizioni Anselmi
Pomigliano d’Arco di Paolo di Caiazzo (Edizione – Nella sua storia)