Con «Nuovo cinema» si indicano una serie di esperienze cinematografiche che, dalla fine degli anni Cinquanta fino ai primi anni Settanta, si sviluppano su scala internazionale. Con esso infatti indichiamo un gruppo di esperienze eterogenee formato dal free cinema inglese, dalla nouvelle vague francese, dalla nova vlná cecoslovacca e dal cinema nôvo brasiliano che difficilmente possono essere sintetizzate in una definizione univoca e determinata ma hanno in comune il desiderio di rinnovamento sia del piano narrativo che del piano immaginario e organizzativo.
Il Nuovo cinema mette in questione il cinema stesso, pone nuove domande sia sulla sua struttura narrativa che sulle forme discorsive e inevitabilmente pone nuove domande sull’individuo e sulla storia (e sul rapporto dell’individuo con la storia). È una trasformazione del linguaggio che, quindi, comincia a mettere in discussione anche l’essenza dell’individuo e della stessa società.
Le tecniche e le strutture produttive del Nuovo cinema
Il cambiamento investe non solo l’apparato narrativo (e quindi linguistico) ma anche e soprattutto tutta la struttura tecnica e l’organizzazione produttiva.
Si tende soprattutto a semplificare e a velocizzare le procedure di produzione attraverso uno sviluppo di un cinema più economico e flessibile, svincolato dal rigido schematismo dello studio system. Le troupe sono ridimensionate, si utilizzano pellicole più sensibili (quindi con una necessità di illuminazione inferiore) che consentono una maggiore agilità e la possibilità di girare anche in interni poco illuminati. Le stesse lampade vengono utilizzate non per creare una bellezza plastica dei vari personaggi, ma prevale un’illuminazione da acquario, cioè diffusa e a volte sporca (ad esempio, non si tende più a controllare la luce che proviene dalle finestre).
Il set diventa agile e perde un po’ dell’artificialità tipica del teatro di posa, garantendo un’impressione sempre più aderente alla realtà.
Le novità non riguardano la sola manipolazione della scenografia e della tecnica di ripresa, ma coinvolgono anche l’ambito sonoro: si utilizzano apparecchiature sempre più leggere e con l’invenzione dei registratori magnetici sincronizzati e anche grazie a microfoni direzionali particolarmente sensibili si riesce a registrare un suono anche in presa diretta, rendendo più semplici le riprese in esterni.
Anche la composizione dell’inquadratura tende alla semplificazione: si diffonde l’uso dello zoom e le macchine leggere come l’Arriflex danno la possibilità di essere trasportate a mano. Si rafforza, quindi, l’idea di un cinema povero e leggero che si fonda sulla creatività individuale (rafforzando e rinnovando anche il concetto di autore, che diventa un vero e proprio artista).
Nuovo cinema, nuovo orizzonte sociale
L’affermarsi del Nuovo cinema è legato, come abbiamo già specificato, sia ad una trasformazione dell’apparato produttivo e sia a una necessità di rinnovamento sociale e culturale.
Il Nuovo cinema tende a porre l’accento su un nuovo soggetto, che è immerso in problematiche relative alle scelte di vita e alla costruzione di un proprio destino (comincia a farsi avanti anche uno scontro generazionale, quindi). Il soggetto è spesso giovane ed è spesso in conflitto con l’ambiente sociale che lo circonda, nota e ripudia le ipocrisie tipiche della società organizzata. Rigetta le convenzioni, le regole, le tradizioni e spesso anche la religione ma è soprattutto un soggetto che si ritrova (e si scopre) in una condizione di puro esser-ci: non ha riferimenti, non ha un destino tracciato né tantomeno si sente posto in un contesto sicuro. Il nuovo soggetto è destinato all’opposizione ed è impegnato nella costruzione di nuovi valori.
In questo nuovo percorso tracciato dagli autori del Nuovo cinema, diventa di fondamentale importanza il valore dell’autenticità che si impone attraverso la realizzazione della libertà. La condizione di libertà è posta dall’assenza di vincoli, di obiettivi e di destini prefissati ma questa stessa libertà pone l’individuo a cavallo di una linea sottilissima che traccia il confine tra due realtà ambivalenti ma contrapposte: da un lato una posizione positiva, il soggetto ha possibilità di sperimentazione ed è posto in una condizione di apertura esistenziale; ma dall’altro lato vi è una posizione negativa, in quanto si sviluppa un sentimento di angoscia, data dalla mancanza di cardini che possano guidarlo e proteggerlo.
La volontà di rappresentare la vita e le nuove problematiche fanno in modo che cambi anche la struttura narrativa e la modalità di messa in scena. Non c’è più un concatenamento serrato di azioni e di eventi, vi sono invece articolazioni aperte e sviluppi più sciolti date da un andamento più libero e casuale degli eventi e le impressioni e le reazioni psicologiche hanno molta più importanza dei fatti.
Naturalmente, le esperienze della Nouvelle vague francese (e in particolare di Godard) risultano essere un punto di riferimento importante per tutti ma, aldilà di questo, c’è una forte ricerca di libertà; affermando la varietà e il nomadismo della messa in scena.
Le strutture narrative cambiano (e sono costrette a cambiare) perché il modello classico non è più in grado di rappresentare l’ambiguità e le problematiche che si fanno avanti in questo tormentato e particolare periodo storico.
Cira Pinto
Bibliografia: