Può essere la nostra vita autentica? Si può sfuggire all’inautenticità e al nichilismo dell’epoca postmoderna? Cosa vuol dire autentico? Quali caratteristiche deve avere una vita che voglia dirsi autentica? Il teologo Vito Mancuso ha provato a dare una risposta nel saggio filosofico La vita autentica (Cortina Raffaello Editore).
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La ricerca dell’autenticità
Mancuso prende le mosse del discorso da alcune citazioni letterarie e filosofiche. Nel Giulio Cesare di Shakespeare, dopo la battaglia di Filippi, Antonio ammira la coerenza di Bruto affermando “Questo era un uomo!”. Da un simile spirito era animato anche il famoso Diogene che, in pieno giorno, andava in giro con una lanterna accesa. La risposta a chi gli chiedeva ragione di questa stranezza era sempre la stessa: “Cerco l’uomo”.
Quello dell’autenticità è quindi un problema filosofico fondamentale che interessa ogni singola persona, perché intimamente collegata al problema del senso della vita. Nell’elaborazione della sua personale definizione di autenticità, Mancuso individua quattro argomenti cardine: libertà, fedeltà a se stessi, valori, speranza.
Il principio libertà
La prima condizione per una vita autentica, non può che essere la libertà. È un principio che Mancuso deduce dall’assenza stessa di un senso precostituito della vita. A dimostrarlo è l’esistenza delle due grandi scuole di pensiero che attraversano tutta la storia umana.
Da un lato un approccio alla vita che si potrebbe definire ottimistico (nel quale si potrebbero ascrivere Aristotele, Zenone, e il libro della Genesi) proprio di chi vede nel cosmo un ordine che garantisce un orizzonte di senso, nel contesto di una Natura benigna. Dall’altro chi invece considera quest’ultima piuttosto una matrigna che rende la vita spietata e priva di senso (come la vedevano per esempio Epicuro, Nietzsche e Schopenhauer).
Sono due approcci contrapposti che possono però vantare molti argomenti validi, per questo li troviamo entrambi ampiamente rappresentati sia nel pensiero religioso sia in quello filosofico. Secondo Mancuso, l’essere umano è così libero da poter negare la sua stessa libertà. Il riferimento è alla predestinazione calvinista e al determinismo filosofico che negano il libero arbitrio, secondo Schopenhauer:
È certo che l’uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere se non quello che vuole.
La fedeltà a se stessi
L’autore richiama il significato etimologico della parola autentico, che significa proprio “appropriazione di se”, di ciò che è proprio. Autentico vuol dire quindi essere fedeli a se stessi, ma allo stesso imparare a diffidare del proprio io. L’inautenticità nasce infatti dall’interno dell’uomo.
Una pietra è una pietra, è solo nel passaggio interpretativo che essa può essere spacciata per qualcosa che non è. La realtà non mente, la mente sì (l’assonanza non è casuale). Quindi l’uomo autentico deve essere fedele a se stesso, ma rifuggire dalla menzogna come evasione sforzandosi di tenere la mente ferma sul reale.
I valori
Secondo Heidegger l’unica possibilità di autenticità stava nella morte. In una simile prospettiva di nichilismo soggiacente non c’era spazio per alcun valore. Per Mancuso, invece, l’autenticità si misura anche dalla qualità della prospettiva ideale e dalle relative azioni.
Ad esempio, i grandi dittatori come Hitler e Lenin possono essere considerati autentici perché tutti di un pezzo, ma resta il fatto che il perseguire un ideale sbagliato può diventare fonte di prigionia e di distruzione per se e per gli altri. Per questo la vita autentica è caratterizzata da una permanente tensione verso la verità e la giustizia.
La speranza
Per avere questa tensione, è necessario trovare qualcosa di più grande per cui vivere. Anche Kant si era posto la domanda: “Cosa posso sperare?”. Secondo Mancuso, una vita autentica non può non sperare in un senso ultimo, un orizzonte non dominato dall’assurdo e dall’inganno. Per questo, secondo Kant, l’uomo giusto spera che Dio esista.
Il prezzo di una vita autentica
Senza dubbio essere autentici, senza maschere, è molto sconveniente perché ci espone al ludibrio e alla persecuzione, come Gesù di Nazareth. Eppure è questa la strada da seguire. Nel Gorgia, Platone personifica l’obiezione alla vita autentica nella figura di Callicle.
Anche Mancuso dialoga con il suo Callicle interiore che vorrebbe una vita spesa all’insegna della volontà di potenza. Secondo il teologo, la risposta è la relazione. Vita autentica vuol dire anche vita ordinata, perché l’ordine della relazione è quello che caratterizza ogni cosa: la struttura dell’essere, la struttura dell’io, la struttura della convivenza sociale. Mentre la vita della volontà di potenza, basata sulla lotta, crea disordine e quindi va contro se stessa.
Ettore Barra