Bianchi, lineari e anonimi, sono i protagonisti delle opere di Daan Botlek, artista olandese che indaga le realtà urbane ormai abbandonate, rivitalizzandole.
La fisicità degli asessuati personaggi, di bianco vestiti, ha il ruolo di “interruttore”, non in quanto dia luce ad un ambiente ma bensì in quanto “interrompe” la banale monotonia di uno spazio privo di significato, rendendolo scenografia di un’opera d’Arte.
Gli ominidi di Daan Botlek sono degli investigatori di se stessi , ma sono anche i portatori di una forte volontà di abbandono degli stereotipi tradizionali che caratterizzano la società in genere, e il mondo dell’Arte in particolare. Il richiamo evidente allo stile di Keith Haring è impossibile da non segnalare, anche se in questo caso le novità sono: la totale assenza di colore, le esorbitanti dimensioni e l’atteggiamento in un certo senso da osservatore di una realtà amorfa, proprio quello che incarnano queste figure.
Un forte senso di liberazione è il messaggio che si vuole far trapelare tramite i comportamenti di ciascuno di questi personaggi, infatti si possono notare figure che si decurtano del proprio guscio, della propria pelle per apparire unicamente nella forma di un totale fascio di nervi, inconsueto rispetto all’estetica comune ma singolare allo stesso tempo.
Questa è una prima forma di libertà, libera dalla maschera fino ad all’ora indossata, l’enigmatica figura corpulenta e candeggiante abbandona il qualunquismo della vita comune. Escape from Wuhlheide è il titolo di una delle sue ultime creazioni il cui messaggio è intrinseco già nel titolo, la fuga, l’evasione, furtiva e silenziosa, come se si stesse scappando da un aguzzino pronto a rincorrerci: questa è l’impressione che suscitano le figure animate nella loro fisicità ma sempre anonime nella loro estetica, che sono inserite negli spazi di un ormai in disuso palazzo berlinese, in parte terrificante.
La presenza dei soggetti di Daan Botlek rivitalizzano totalmente l’ambiente, rendendolo paradossalmente abitato da figure in movimento che interrompono anche la banalità dell’intera struttura, mostro dell’architettura urbanistica e generalista. La paura ed il timore sono la seconda caratteristica che caratterizza le opere di Daan Botlek, le quali pur non essendo in grado di trasmettere sensazioni tramite espressioni facciali, lo fanno con i gesti e le pose che assumono.
Spesso si tratta infatti di corpi che cercano di nascondersi, che osservano priva di farsi avanti, che entrano in punta di piedi per paura di essere scoperti. Forse involontariamente ma sottolinenano come il mondo umano non corrisponda all’ameno mondo dal quale provengono, la violenza, e l’immoralità spesso la fanno da padrone e non tutti sono disposti a farsi sopraffare da questi stessi.
Vincenzo Morrone
Fonti: http://ordinaryseaman.it, www.designskilz.com