L’isolamento politico, culturale ed economico dell’Europa orientale (aggravato dalla costruzione del muro di Berlino) non impedisce l’emergere di un conflitto tra la cultura ufficiale e quella dei nuovi autori degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta che richiedono sempre più libertà creativa. nuovo cinema polacco
Il nuovo cinema polacco
Il nuovo cinema polacco si sviluppa all’interno della stessa produzione nazionale, dimostrando, con i film di Andrzej Wajda (Cenere e diamanti, 1958) e Andrzej Munk (La passeggera, 1961 – 1963), di essere aperta e indirizzata verso le nuove esperienze di innovazione.
I temi di ispirazione degli autori appena citati sono sicuramente la realtà e le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, ma a questi vi si affianca un discorso nuovo: quello delle lacerazioni individuali (e quindi mai oggettive) evidenziate dal doloroso conflitto che rientrano nel quadro del senso di smarrimento storico che di lì a poco investirà l’intera cultura europea.
Nel decennio successivo, comunque, emerge una nuova generazione di autori, come Jerzy Skolimowski e Roman Polanski, che cercheranno di spingere sempre più verso un netto e coraggioso rinnovamento stilistico.
* Lo stile di Skolimowski esprime un urgente bisogno di comunicazione poetica che si traduce in una specie di «incontinenza espressiva».
I giovani protagonisti dei film di Skolimowski stabiliscono sempre con la realtà un rapporto antagonistico che passa soprattutto attraverso il corpo. Il corpo viene designato come luogo in cui «sentirsi esistere», e in esso è più forte il conflitto con quel non essere che insidia l’Io e lo soffoca (sono frequenti le inquadrature su sacchetti di plastica, veli, lenzuola, barriere architettoniche…). In Rysopis – Segni particolari: nessuno (1965) e Walkover (1965) lo scontro fisico e il disfacimento sono le dinamiche attraverso le quali i personaggi affermano o negano la propria identità; la macchina da presa è con il personaggio, lo segue nelle sue peregrinazioni senza obiettivo, ma è lontana da lui, è un complesso equilibrio tra oggettività e soggettività della visione.
Con Barriera (1966), lo stile si apre al simbolismo, ma senza uscire dalla realtà: Skolimowski non usa immagini mentali od oniriche, lavora dentro una dimensione che può essere totalmente magica o totalmente realistica, ma sempre unitaria. L’analisi del gesto e l’approccio immediato alla visibilità delle cose prevalgono sull’analisi della coscienza.
La coscienza è tra le cose, nella consuetudine dei movimenti dell’individuo.
* Roman Polanski, invece, esordisce alla fine degli anni Cinquanta con alcuni cortometraggi che restano tra le sue prove più riuscite: in brevi film come Due uomini e un armadio (1958) esplora con realismo analitico una sur-realtà che paradossalmente si sviluppa sulle leggi comuni.
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In Inghilterra, nel 1965, Polanski realizza Repulsione, nel quale analizza un’inibizione sessuale che diventa paranoia omicida. Polanski riesce a disgregare i fatti, a riversare il comico nel crudele e a trasformare il microcosmo dell’azione in una regione simbolica dell’assoluto.
La visione del mondo di Polanski è pervasa da un pessimismo al tempo stesso crudele e tenero, ci sono tremende pulsioni e egoismi e anche la sessualità intraprende sempre strade particolari: incesto, travestitismo, vampirismo, stupro.
Cira Pinto
Bibliografia:
* P. Bertetto, Introduzione alla storia del cinema.
* A. Costa, Andrzej Wajda e il nuovo cinema polacco, in A.A.V.V., Storia del cinema.