“L’arte di Mattia Preti è l’esempio di come la tenacia calabrese possa conquistare il mondo, superando anche le angherie del tempo”
Francesco Paravati.
Originario di Taverna, il Cavalier Calabrese Mattia Preti è una delle figure più importanti della pittura napoletana del Seicento. Gli ultimi anni della sua attività furono a Malta, ma già in gioventù ebbe modo di spostarsi e conoscere le opere delle più grandi personalità aristiche del tempo: all’età di diciotto anni si trasferì a Roma, e lì venne a contatto con l’arte e le tecniche del Caravaggio, nonché dei suoi seguaci, perfezionandone i motivi. Negli anni di permanenza a Roma però venne a contatto anche con i pittori emiliani quali Giovanni Lanfranco e Guercino. Diversi anni dopo invece si spostò a Napoli, e qui conobbe la pittura di Luca Giordano, il quale come Caravaggio fu di fondamentale importanza per la sua formazione artistica. Con Luca Giordano, Mattia Preti diede vita ad una nuova, diversa impronta della pittura napoletana: anche se rispetto al Giordano il Preti resta un fedele caravaggista soprattutto nel voler rappresentare la realtà per quello che è abbandonando ogni forma di idealismo, entrambi conferiscono alle loro opere un certo dinamismo, che più li avvicina alla pittura barocca, e a questo si aggiunge l’adozione del colorismo veneziano.
Preti a Napoli affrescò, tra il 1657 e il 1659, le porte della città, anche se oggi resta visibile solo l’affresco realizzato su Porta San Gennaro, mentre delle altre porte restano solo le bozze: in una Napoli dove imperversava la peste, sulle porte della città Mattia Preti, seguendo l’esempio del Caravaggio, conferisce drammaticità, realismo e teatralità alla scena.
Nel suo periodo napoletano dipinse anche il Ritorno del figliol prodigo, l’ opera che più di tutte sottolinea l’influenza che ebbe su di lui Caravaggio. L’opera si ispira appunto alla parabola del figlio prodigo, e raffigura il momento del perdono del padre, che veste il figlio pentito. La scena è inserita in un contesto di ombre e luci, e il personaggio più evidente è il figlio, direttamente colpito dalla luce, molto somigliante al Cristo della Flagellazione di Caravaggio, mentre tutte le altre figure sembrano avere una continuità coloristica con il fondo, e questo sembra di ispirazione veneta.
Altra opera del periodo napoletano di Mattia Preti è il San Sebastiano, conservato nella sezione dedicata alla pittura napoletana del Museo Di Capodimonte di Napoli: quest’opera era stata commissionata per la Chiesa di San Sebastiano della città, successivamente rimossa a causa di critiche. La scena rappresenta il martirio di San Sebastiano, nel momento più crudo, e ne coglie l’espressività grazie ad un sapiente equilibrio di luci e ombre: la luce infatti, anche in questo caso come per il Ritorno del figlio prodigo, colpendo direttamente il personaggio oggetto d’interesse conferisce maggior drammaticità alla rappresentazione. Rispetto all’opera precedentemente citata, la gamma di colori è nettamente ridotta.
Sempre a Capodimonte sono conservati il Convito di Assalone e il Convito di Baldassare: nel primo caso, c’è una prevalenza di chiaroscuro e la tavolozza dei colori è più ampia, mentre nel secondo caso, la novità sta nella scelta dei colori, ossia un’alternanza di neri e rossi che arricchiscono di pathos il drammatico episodio. Il Convito di Baldassarre è precedente al convito di Assalone, e la differenza coloristica tra le due opere dimostra quanto sia sempre aperta la ricerca artistica del nostro artista.
Se Mattia Preti segue il Caravaggio per i giochi di luce e ombra, se ne distacca per il dinamismo delle scene: mentre nel caso delle opere del Merisi sembra di trovarsi di fronte ad una fotografia, nel caso del Cavalier Calabrese, si ha l’idea di successione dei movimenti. Cristo precipita Satana ne è un esempio: Gesù è fermo e la figura di Satana invece è sbilanciata all’indietro e suggerisce l’idea di movimento precipitatorio.
Malgrado la spiccata propensione per lo stile di Caravaggio, Mattia Preti in realtà ha uno stile personale, che mescola il classicismo, il barocco, il naturalismo, e con grande maestria ha mescolato queste correnti così diverse tra loro , ma valide allo stesso modo, prendendone gli elementi fondamentali e adeguandoli ad espressività e continua ricerca: un esempio è il Cristo Fulminante. L’ ambientazione è scura, ma la drammaticità delle figure è inserita in un contesto meno crudo rispetto a quello del Caravaggio , e la luce irradiata dalla figura di Gesù conferisce profondità al cielo senza bisogno di ricorrere alla prospettiva aerea.
Mattia Preti morì a La Valletta nel 1699, e sulla sua tomba il priore Camillo Albertini fece scolpire un epitaffio semplice ma di grande effetto: “Hic iacet magnum picturae decus” ossia “Qui giace il grande decoro della pittura”, in riferimento all’eredità artistica da lui lasciata.
Rossella Cavallo