Si sta facendo un gran parlare, in questi giorni, della dilagante omofobia che imperversa nella Russia di Vladimir Putin. Il 19 Gennaio 2016 la Duma discuterà circa una proposta di legge presentata dai parlamentari Ivan Nikitchuk e Nikolai Arefyev che, se approvata, renderà illegale il coming out, pena carcere e multa pecuniaria; anche manifestazioni di amore omosessuale maschile in pubblico saranno proibite.
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L’omofobia sotto Stalin
Scandalizzarsi per l’omofobia in Russia equivale, oramai, a meravigliarsi del freddo in inverno; sì, perché sin dal lontano 1706, quando esisteva il rogo per gli omosessuali, la Russia ha sempre dimostrato ben poca tolleranza per queste pratiche “perverse” e “contro natura”. Tralasciando il XVIII secolo, poco prima dell’avvento di Iosif Vissarionovič Džugašvili, meglio noto come Stalin, l’omofobia fu depenalizzata, in quanto era considerata alla stregua di una malattia mentale, seppur grave e difficilmente curabile. Con la presa del potere da parte di Stalin, l’omofobia tornò ad esser ritenuta reato. Molto noto, a tal proposito, l’articolo 121, abolito solo nel 1993, che prevedeva fino ad 8 anni di carcere per gli omosessuali. Attribuire tali prese di posizione sull’omofobia semplicemente ad una volontà di difendere le tradizioni russe (discorso, questo, che potrebbe applicarsi in realtà a qualunque paese) sarebbe decisamente ingenuo; Stalin necessitava di maggiore legittimità per il proprio governo e scelse di puntare sulla Chiesa Ortodossa. Discorso inverso ma simile quello da fare circa l’abolizione di suddetto articolo: la Russia di El’cin aveva bisogno del proprio posto al sole in Europa e allentò la stretta sul mondo omosessuale.
Dal 1993 ad oggi
Sotto il governo del presidente Putin la Russia non ha punto modificato i proprio punti di vista sull’omosessualità. Nel 2012 fu stabilito il divieto di organizzare il Gay Pride per i prossimi cento anni; questo esempio giustifica l’opinione molto diffusa secondo la quale in Russia vi sarebbe un ritardo di secoli circa i diritti LGBT. In tutto il paese vige, con decreto della Duma, il divieto di propaganda per quanto riguarda i contenuti gay rivolti ai giovani. Al grido di “difendiamo le menti dei giovani dalla perversione”, dal 2013 ad oggi il governo di Putin è sempre più omofobo: nel Gennaio 2013 il giornalista Anton Krasovsky fece coming out ottenendo il licenziamento il giorno successivo. A proposito di questo, Krasovsky commentò: «Non avevo alcuna intenzione di fare un gesto politico: a un certo punto ho semplicemente realizzato che stavo vergognandomi sempre di più di me stesso. Ero un uomo del loro sistema, ma ho creduto e credo ancora che sia più facile cambiare il sistema dall’interno¹.» Il presidente Putin ha sempre evitato di commentare episodi o leggi legate all’omofobia, limitandosi ad affermare che il suo dovere è quello di proteggere i diritti delle coppie eterosessuali data la diminuzione della natalità nel Paese. Tale affermazione fu rivolta poi alla nota cantante Madonna quando ella, durante un concerto a San Pietroburgo, si schierò apertamente a favore dei diritti LGBT, attirandosi l’odio dell’opinione pubblica. Sì, perché secondo recenti statistiche (2013) il 74% dei Russi si è pronunziato contro l’omosessualità, affermando che essa non dovrebbe essere accettata dalla comunità.
Secondo l’ottima analisi di Elizabeth Wood, «lo Stato comunista ha continuato la tradizione zarista-ortodossa per la quale il governo deve essere la guida morale e tutelare della nazione: l’influenza dello stato nella morale comune non è mai venuta meno. Per questo motivo è piuttosto semplice per uno Stato post-comunista tornare a una legislazione filo-comunista riguardo questi temi. E siccome l’URSS era costruita sull’opposizione ideologica dell’”uno contro l’altro”, è semplice per il governo identificare una “x”, loro, e una “y”, i nemici. Gli omosessuali sono dei nemici molto facili².» Chiaramente, comunismo non è sinonimo di omofobia. L’omofobia, il cui etimo stesso sarebbe da mettere in discussione, diventa un instrumentum regni che serve a supportare questo o quel governo. Inoltre, è sempre molto semplice sacrificare i diritti di pochi per salvaguardare, almeno secondo le autorità, quelli dei molto; questa, tuttavia, non è certo democrazia egualitaria.
Chiaramente, l’opinione pubblica mondiale s’è largamente schierata contro la dilagante omofobia di marca sovietica, dal presidente Obama d Angela Merkel. Nonostante questo, si teme che la proposta avanzata dai due parlamentari alla Duma possa effettivamente aprire una nuova ferita sul volto della Russia.
Luigi Santoro
Note
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