Nato intorno al 1415 a Borgo Sansepolcro, un piccolo centro che tanto risentì della produzione artistica fiorentina, Piero della Francesca fu una delle personalità più importanti del Rinascimento.
Nella sua produzione artistica si vedono sintetizzate una rigorosa attenzione alle prospettive geometriche e una precisa descrizione della realtà, oltre che la plasticità delle figure, inserite in un ambientazione che è sì geometricamente studiata, ma che per via della luce così diffusa e penetrante diventa quasi astratta. Malgrado le molteplici peculiarità della sua pittura, Piero della Francesca applica però la geometria a qualsiasi cosa, dal modo di disporre le figure sulla scena alla rappresentazione dei corpi, interpretati secondo schemi geometrici. Queste caratteristiche sono rilevabili nella maggior parte delle sue opere.
Le Geometrie: il Battesimo di Cristo e la Resurrezione
Opera che racchiude studi geometrici e simboli divini, destinata ad essere la parte centrale di un polittico, la datazione del Battesimo di Cristo è stata a lungo oggetto di controversie, per i riferimenti bizantini attribuibili al concilio di Firenze-Ferrara e per la probabile influenza di Domenico Veneziano. È qui rappresentato Gesù mentre riceve il battesimo da San Giovanni, alla presenza di tre angeli simboleggianti la Trinità, vestiti in modo diverso tra loro e che si tengono per mano: ciò alluderebbe al tentativo di conciliazione tra la Chiesa d’Occidente e la Chiesa d’Oriente. La Colomba sopra Cristo, posto sull’ asse mediano della tavola, invece, richiama lo Spirito Santo.
Tutta la scena ha un impostazione geometrica: è inserita all’interno di un quadro sormontato da un semicerchio, e di un triangolo equilatero che ha la sua base nel lato superiore e il vertice nel piede di Gesù, posto esattamente al centro dell’opera, e sulla stessa asse mediana già citata si allineano le ali spiegate della colomba e la mano del Battista con la coppa battesimale. La plasticità marmorea delle figure invece è la stessa di Masaccio.
Anche nella Resurrezione, opera più tarda, Piero della Francesca segue l’impostazione geometrica: la testa di Gesù è il vertice di un triangolo, che ha la sua base nel sarcofago. La figura di Gesù, così eretta da sembrare innaturale, è posta al centro esatto dell’opera, divisa così in due parti: a sinistra c’è un paesaggio scarno, a destra un paesaggio più rigoglioso; si tratta di una divisione simbolica e geometrica già attuata con il Battesimo.
La Luce: Il Sogno di Costantino
Le Storie della Vera Croce, invece, sono una serie di affreschi della Basilica di San Francesco di Arezzo, cui vanno affiancati degli affreschi di corredo. La composizione è adatta per poter essere osservata da fatto e la luce è modulata conformemente a quella naturale della finestra della cappella su cui sono stati dipinti gli affreschi. Tra gli episodi raffigurati c’è il Sogno di Costantino, uno dei primi notturni più riusciti della storia dell’arte in cui viene rappresentato il momento in cui un angelo (che tiene in mano una piccola croce) porta in sogno a Costantino la rivelazione della Croce con cui sconfiggerà il suo avversario Massenzio, ed è in seguito a questo avvenimento che Costantino poi concesse la libertà di culto ai cristiani con il famoso Editto del 313.
Giorgio Vasari così parla di quest’opera nelle Vite: “Ma sopra ogni altra considerazione e d’ingegno e d’arte è lo avere dipinto la notte ed un angelo in iscorto, che venendo a capo all’ingiù a portare il segno della vittoria a Costantino che dorme in un padiglione, guardato da un cameriere e da alcuni armati oscurati dalle tenebre della notte, con la stessa luce sua illumina il padiglione, gli armatie tutti i dintorni con grandissima discrezione.”
La luce non è la stessa zenitale e diffusa del Battesimo, ma è qui la vera protagonista dell’opera: si tratta di una luce mistica, sovrannaturale, che illumina il baldacchino e lascia in penombra i soldati, e che contrappone la “luce” cristiana alle “ombre” del paganesimo. Anche qui, però non si abbandonano nè lo schema geometrico né la resa prospettica, come suggerisce il rigonfiamento della tenda, che da l’idea di una forma circolare.
I dettagli “fiamminghi”: Ritratto di Federico da Montefeltro e sua moglie
Come per le prospettive geometriche e la luce, una grande importanza è data anche ai dettagli. Nel Doppio Ritratto dei Duchi di Urbino, vediamo i ritratti di Federico da Montefeltro e la moglie Battista Sforza. In principio i due dipinti erano separati e i due coniugi sono rappresentati di profilo, come nei cammei, con lo sfondo di un paesaggio minuziosamente descritto. L’influenza di Piero della Francesca derivante dalla pittura fiamminga è particolarmente evidente nel ritratto di Battista con la brillantezza del colore ottenuta grazie ad una mano di olio, e nel ritratto di Federico (che espone il profilo sinistro avendo perso l’occhio destro) con la rappresentazione realistica del viso, che presenta nei e piccole rughe. Il trionfo della pittura fiamminga, però, si ha nella resa del paesaggio: per quanto riguarda il cielo viene adottata la prospettiva aerea, e sulle colline sono visibili i campi, le torri e i castelli ben definiti.
Rossella Cavallo