Intimi e languidi i fermi immagini di Martin Bogren: evocano atmosfere malinconiche che richiamano ricordi di un tempo passato ma ancora vivido, come se fossero frammenti di visioni che possono appartenere sia alla realtà che al sogno.
Bogren è nato nel 1967 in un piccolo paesino della Svezia, voleva diventare una star della musica, ma all’inizio degli anni ’90 si trovò ad essere fotografo della scena musicale del suo paese, fino a partire con i Cardigans per il loro tour in Giappone. Questo viaggio segna molto il giovanissimo Bogren che inizia a comprendere quale sia il grande potere che possiede la fotografia e le possibilità di comunicazione che racchiude. Sente l’esigenza di raccontare il mondo attraverso un suo stile estremamente soggettivo e il bisogno di realizzare progetti propri più profondi. Prende così vita il suo primo lavoro Ocean, pubblicato nel 2008 per l’editore Journal, dove racconta l’avventura di un piccolo allegro gruppo di indiani che dal Rajasthan viaggia fino all’oceano per la prima volta. Le immagini sono romantiche e commuoventi: racchiudono la gioia, la sorpresa e l’energia della scoperta di ciò che si conosce ma che non si è mai visto.
Nel 2009 Ocean è finalista al Festival di Arles e riceve una menzione speciale in Svezia al premio per il miglior libro fotografico svedese.
Dopo anni di lontananza dalla propria patria Bogren decide di tornare nel suo paese e più precisamente nel suo piccolo villaggio d’infanzia, Skåne. Da qui nasce il suo progetto del 2011, Lowlands. Il lavoro è una narrazione toccante, a metà tra il documentario e la rappresentazione personale e sognante dei suoi ricordi. Protagonisti i luoghi e le persone che hanno vissuto e ancora vivono nel villaggio. Le fotografie prodotte da Bogren sono delicate, intime, profonde, sospese in un tempo lontane.
Segue Tractor Boys , il lavoro più conosciuto realizzato tra il 2011 e il 2012, che racconta la vita di un gruppo di ragazzi, tra l’infanzia e l’età adulta, in alcuni paesini isolati della Svezia. È probabilmente l’unico lavoro che presenta, oltre alla tipica natura di reportage dei lavori di Bogren, una velata natura di denuncia: i ragazzi si incontrano per bere, fumare e guidare vecchie macchine truccate, senza alcuna regola o freno. Il rapporto che si crea tra il fotografo e questi adolescenti però è sincero, lontano da qualsiasi tipo di giudizio o moralismo, e proprio questo rende possibile la sua presenza all’interno del gruppo preclusa agli adulti e la resa di un lavoro così vivido e onesto.
Come sempre sovrani nei suoi scatti è il bianco e nero e il chiaroscuro, sfondi fumosi e mal delineati, sempre un po’ onirici e disorientanti, per sottolineare l’impressione del movimento e marcare la tipica malinconia della fotografia nordeuropea.
A questi lavori sono seguiti Embraces, Italia, e molti altri, sempre racchiusi nelle sue atmosfere sospese irreali e lontane. Attualmente Bogren risiede a Malmo dove continua la sua attività artistica.
Michela Sellitto