Un viaggio tra le tappe dell’evoluzione dopo l’homo sapiens: uomo tipografico, homo videns, nativi digitali e mobile born. L’opinione di Giovanni Sartori.
La teoria darwiniana sull’evoluzione della nostra specie è chiara da anni e, sicuramente, inconfutabile: l’antenato prossimo dell’uomo è la scimmia, la quale ha subito trasformazioni di tutti i generi -fisiche, emotive, cognitive- per arrivare all’essere più simile all’uomo moderno, l‘homo sapiens sapiens. Ma siamo davvero sicuri che i cambiamenti siano terminati? Non esiste alcuna differenza fra l‘homo sapiens e l’uomo attuale?
Una prima risposta deriva da un’intervista sul sito della National Geographic, secondo la quale «oggi l’evoluzione non avviene più soltanto sul piano biologico ma anche su quello culturale e tecnologico». Ma quali sono le tappe intermedie di questa continua evoluzione? Analizziamole da un punto di vista sociologico.
Il punto di vista di Giovanni Sartori: l’homo videns
«C’è qualcosa di grandioso in questa idea della vita, con le sue infinite potenzialità, originariamente infuse dal Creatore in pochissime o in una sola forma; e, mentre questo pianeta ha continuato a roteare seguendo le immutabili leggi di gravità, da un inizio così semplice infinite forme, sempre più belle e meravigliose, si sono evolute e tuttora si evolvono.» [1]
Politologo e figura di spicco nel campo delle scienze sociali, Giovanni Sartori ha proposto un significativo punto di vista, quello dell‘homo videns esposto nell’omonimo saggio pubblicato nel 1997. Con quest’espressione, Sartori vuole indicare il tipo umano nato con l’avvento dei media, soprattutto della televisione.
Come detto, l’evoluzione non è avvenuta esclusivamente in campo tecnologico ma anche dal punto di vista biologico. Giovanni Sartori sostiene la presenza, nell‘homo videns, di un apparato cognitivo modificato caratterizzato dal primato della visione.
Con l’avvento della televisione, l’uomo è divenuto un essere più legato alle immagini che alla parola: tutto ciò che possiamo vedere esiste, ciò che non si vede, allora, passa inosservato, perde autorevolezza e autenticità.
«Questa overdose di immagini non è consumo reale ma uno spreco, rischia di continuare a farci pattinare sulle notizie e tenerci legati alla superficie delle cose. Le immagini vengono spesso date in pasto con una giustificazione: la necessità di fare informazione».[2]
Qual è la conseguenza? Le parole non esistono più, il linguaggio si impoverisce lasciando il posto a cumuli di immagini che ci passano davanti agli occhi velocemente durante il giorno, la comunicazione e il pensiero astratto si smarriscono.
Più che un’evoluzione, quella dell‘homo videns è un’involuzione, un’atrofia culturale rispetto a quella tecnologica. Partendo dal presupposto che il linguaggio e il pensiero sono strettamente collegati, con un minor uso della parola e del linguaggio risulta impoverito anche il pensiero che diventa, quindi, poco critico e articolato, incapace di distinguere il vero dal falso.
Giovanni Sartori, inoltre, analizza anche le implicazioni politiche di questo nuovo stadio evolutivo che incidono sulla democrazia la quale, caratterizzata dalla possibilità di scelta e giudizio critico, perde di importanza proprio perché l’homo videns non risulta effettivamente capace ad affrontare i compiti democratici.
Altri stadi evolutivi
Il primato della visione -rispetto all’ascolto e alla parola che avevano caratterizzato le culture prevalentemente orali- è presente già a partire dal XV secolo, momento dell’invenzione della stampa realizzata da Johann Gutenberg, che provocò conseguenze sociali e culturali rilevanti.
Marshall McLuhan sostiene che il quel periodo nasce l’uomo tipografico, collegato sicuramente al primato visivo ma soprattutto alla standardizzazione delle culture -derivante dal numero illimitato di copie dei libri che iniziarono a circolare da quel momento in poi- e all’alienazione degli individui poiché influenzati dalle nuove tecnologie.
Si potrebbe quindi aggiungere, che l’involuzione dell’uomo ha inizio proprio con la stampa, è aumentata con la nascita della televisione e consolidata con quella dei new media –computer, internet, smartphone.
In particolare, è necessario soffermarsi sull’ultima categoria. I new media hanno condotto alla nascita dei cosiddetti nativi digitali, coloro nati insieme alle nuove tecnologie, i tardivi digitali, cresciuti senza tecnologia e del tutto estranei al loro utilizzo, e gli immigrati digitali, adattati in tarda età all’utilizzo dei new media.
Attualmente potremmo addirittura parlare di mobile-born, i bambini del nuovo secolo, quelli che prima di parlare e camminare entrano in contatto con smartphone e tablet utilizzandoli con dimestichezza, apprendendo da essi e utilizzandoli sia per il dovere che per il divertimento senza distinzione di tempo.
Lo spot qui presentato della MTS, società di telecomunicazioni indiana, rende perfettamente l’idea dei mobile-born e delle capacità che essi possono sviluppare. Le generazioni future, sicuramente, saranno in grado di fare qualsiasi cosa da soli, con un semplice click, senza avere troppi contenuti a riguardo, ma che tipo di comunicazione svilupperanno? Taglieranno definitivamente “il cordone ombelicale” che li tiene, ancora per poco, legati alla tradizione?
Alessandra Del Prete
Fonti
[1] Chalrles Darwin, L’origine della specie, trd. Celso Balducci, Newton Compton Editori, 2011, Roma
[2] Roberto Saviano, “Imagine” in tv: “Ecco le foto che raccontano il 2015”
Per maggiori informazioni: E.Clemente R. Danieli, Sociologia. Contesti e problemi del mondo socio-politico, Pearson Italia, Milano, 2012
Fonte immagini: Google.