La pioggia assume mille volti, mille sfaccettature e significati a seconda del suo osservatore. Per Fabrizio De André rappresenta un momento atteso per confondere le lacrime con quelle del cielo: «c’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo».
Non solo cantautori e poeti, ha ispirato anche famosi pittori. Ad esempio, Renoir in Ombrelli non la dipinge, ma fa in modo che lo spettatore la percepisca attraverso l’affollarsi degli ombrelli sorretti dai soggetti che affollano la tela.
Diventa un’esplosione di colori nel dipinto di Claude Theberge, Pioggia e colori o di Leonid Afremov, Pioggia. La letteratura è in grado di arricchire di significato le esperienze della vita, di sottrarre dal quotidiano ciò che resta ai margini dell’esistenza e trasformalo in qualcosa di eccezionale, unico. Nella realtà che si dispiega intorno a noi, secondo un movimento vorticoso che ci avviluppa inconsapevolmente, la letteratura rappresenta quello spazio vitale invisibile, sospeso in un tempo immortale, incorruttibile, senza il quale l’uomo dimenticherebbe di essere…uomo. Osservare il mondo attraverso la lente della letteratura dona a chi lo fa un privilegio: cogliere il senso nascosto delle cose, tutto ciò che non ci è dato conoscere e vedere.
E se il poeta Leopardi ha trasformato la siepe nel confine mortale al di là del quale vivere “un’avventura storica dell’anima”, che coinvolge i sensi, i quali si “spaurano” e poi “naufragano” di fronte alla percezione dell’infinito, altri scrittori hanno trovato ispirazione in tutto ciò che costituisce l’universo che ogni giorno calpestiamo, forse troppo sbadatamente per poterne ascoltare il battito del cuore.
Le stelle, un fiore che richiama una rima, un raggio di sole che trafigge un animo solitario, la luna, sono tutti elementi che lo scrittore raccoglie dalla vita per caricarli di significato e restituirli al divenire stesso. Sono queste piccole grandi cose, che hanno reso dei comuni sognatori i grandi scrittori che oggi conosciamo. E perché non la pioggia?
Quando la pioggia diventa una pagina di letteratura
La pioggia, che fa da sfondo a giornate solitarie, è, al pari di un tramonto impressionistico, la musa di scrittori e poeti, nonché l’elemento portante di pellicole di successo.
Chi non ha impresso nella memoria Gene Kelly che in Cantando sotto la pioggia sorride alle nuvole, con la speranza di un nuovo amore. In Aliens, la pioggia serve al regista a comunicare una sventura imminente, che si abbatterà sulla squadra dei marines sbarcata sul pianeta appena terra-formato. Memorabile è il bacio di Paul e Holly in Colazione da Tiffany, che crea la giusta atmosfera di riconciliazione tra i due personaggi. Ancora, in The Truman Show la pioggia è il mezzo attraverso il quale il protagonista scopre la verità prima del tempo.
Come mezzo espressivo delle sensazioni dell’animo umano, quali paura, nostalgia, malinconia, romanticismo, o rabbia, è entrata in punta di piedi nelle pagine letterarie, timidamente, lasciandosi ascoltare e raccontare attraverso le parole. Pioggia, gocce d’acqua che si urtano e si sentono scomode in una nube e, divenute troppo pesanti, cadono giù, al suolo, senza risparmiare nulla.
In letteratura è presente principalmente secondo due modalità: ha una accezione positiva, sotto forma di pioggia benefica, e negativa, come elemento distruttivo. In molte opere letterarie è un elemento determinante dell’azione che muove i personaggi.
Partendo dagli albori, l’esempio della pioggia “punitiva” proviene dalla Bibbia: dopo il Diluvio Universale, Dio stabilisce con Noè un patto di alleanza e fa spuntare l’arcobaleno. Punisce anche i peccatori di Dante: è la «piova/ etterna, maledetta, fredda e greve» del VI canto dell’Inferno.
In Leopardi, fin dalle liriche Tempesta e Diluvio universale, è minacciosa e provoca terrore. La Quiete dopo la tempesta sottolinea l’esultanza dell’animo del poeta dopo una violenta tempesta.
Cade democraticamente sul giusto e sul malvagio nelle pagine dei Malavoglia. In questo romanzo, Verga carica il fenomeno di presagi negativi: essa fa naufragare la Provvidenza, per poi diventare «fina e cheta», rendendo fredda e triste la sera. Unisce in teneri baci, o separa, come l’ultimo addio tra Diodata e Mastro-don Gesualdo, che si consuma con un acquazzone sullo sfondo, sottolineando la solitudine esistenziale del personaggio verghiano. Tuttavia, non è la stessa pioggia che Gesualdo sfida nel primo capitolo, al pieno delle sue forze, bestemmiando e urlando.
Sotto forma di diluvio universale scaccia con violenza il progresso nel romanzo di Gabriel Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine, riportando la città di Macondo al caos primordiale.
Talvolta, essa rappresenta la salvezza umana. È attesa con impazienza perché rappresenta la nuova vita, una vittoria contro l’arsura. Virgilio sceglie di dare alla pioggia il volto di dea benevola nelle sue Georgiche. Sulla scia virgiliana si colloca la pioggia celeste di Torquato Tasso, che nel capitolo XIII della Gerusalemme liberata vince la morte e il male.
Per Manzoni il tocco della pioggia ridona vita nuova. Nei Promessi Sposi è associata all’acqua santa: l’acquazzone purifica, lava, battezza e libera dalla peste. Nel capitolo XXXVII, Renzo vaga tra le campagne appena fuori Milano e un temporale violento si abbatte su di lui; poi il diluvio si placa, divenendo «acquerugiola fine fine, cheta cheta, ugual uguale». Essa accompagna Renzo, un sopravvissuto alle tante sventure, che quasi ringrazia il Signore per l’acqua che lo ha bagnato.
Flaubert usa la pioggia come metafora dell’innamoramento lento, graduale, privo di passione turbolenta, nelle pagine di Madame Bovary: la fragile Emma «convinta che l’amore dovesse arrivare di colpo», ignora, invece, che l’amore è come la pioggia la quale, cadendo «goccia a goccia crea laghetti sulle terrazze delle case», tentando di scavare nel suo cuore e di penetrarvi.
In qualità di evento atmosferico esterno all’animo umano, contribuisce a creare la drammaticità di alcune scene letterarie, come la scena dello sfratto in Uno nessuno e centomila di Pirandello, che avviene sotto lo “scroscio” della pioggia e fa accalcare la folla, provocando scontri violenti e bestemmie. In questa scena, essa incornicia il sorriso “pallido” di Moscarda, alla ricerca di un riscatto.
Un autore della pioggia molto particolare è Salvatore Quasimodo: nelle raccolte giovanili essa ha una valenza principalmente positiva. In Preghiera alla pioggia la «pioggia di prima sera» è un suono dolce, accogliente come un rifugio. In Ora la pioggia è con noi assistiamo ad una interiorizzazione del fenomeno atmosferico: essa diventa il tepore domestico. L’esperienza della seconda guerra mondiale ha trasformato la visione della pioggia in Quasimodo: in Auschwitz sottolinea gli orrori della guerra, mette in evidenza la «ruggine dei pali» e la ribellione del poeta nei confronti delle crudeltà commesse.
La pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio rappresenta l’espressione più celebre della pioggia: l’io del poeta ed Ermione si immedesimano nella natura, sotto una pioggia estiva, che avvolge e alleggerisce ogni cosa. Diviene musica nell’orecchio del poeta, che è attento a cogliere tutti i suoni della natura. L’estasi panica del poeta e della sua compagna si prolunga con la ripresa del tema della pioggia nella parte finale della lirica.
L’ironia di Eugenio Montale non risparmia nemmeno la pioggia. Nella poesia Piove, capovolge l’estasi panica di D’Annunzio, ricollegando alla pioggia eventi quotidiani e banali. Un incipit piovoso anche per La Malora di Beppe Fenoglio, dove la pioggia assume la funzione di creare un vuoto, un silenzio per la notizia del lutto che il lettore apprenderà nella frase successiva: «Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra». Ma nel racconto Pioggia e la sposa, essa scroscia su ogni cosa, sul tetto, sul fogliame, sul protagonista fermo nella propria stanza «scura come all’alba del giorno».
La pioggia possiede molte capacità: purifica, distrugge, nasconde, rende malinconici o romantici, fa sperare nel domani. Scrittori e poeti l’hanno osservataa in maniera diversa, lasciandosi ispirare, corteggiare, catturare. Così, si ferma nelle pagine della letteratura, emozionando la penna che ha persuaso col suo semplice venire giù dal cielo. La forza della natura si manifesta attraverso questo fenomeno, e la letteratura ce lo restituisce con le sue diverse sfumature, come quell’arcobaleno che si dipinge nel cielo dopo un temporale.
Giovannina Molaro
Bibliografia:
Dizionario delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature, Bompiani, 2005
Sitografia:
http://lettura.corriere.it/idilli-e-tragedia-lacqua-cade-su-manzoni-e-fenoglio/