I pantaloni, insieme agli altri tipi di vestiario descritti nella Bibbia, sono sicuramente un dettaglio di poco conto, o di nessuna importanza, se consideriamo esclusivamente i grandi temi della storia della salvezza. Un’analisi più accurata dei testi biblici, però, non può non interessarsi anche alle questioni apparentemente più marginali.
Spesso, proprio dietro queste questioni minori, si nasconde una vera e propria miniera di informazioni sugli usi e costumi delle popolazioni della Bibbia e del Vicino Oriente Antico.
La parola pantaloni è piuttosto rara nella Bibbia ebraica, ricorre solamente 5 volte. L’analisi di questo termine apparentemente insignificante, permette invece di ottenere dei dati molto importanti sulla natura del testo in questione, non visibili di primo acchito.
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Pantaloni e servizio liturgico
Nel libro del Esodo, in 20,26 troviamo uno di quei versetti biblici apparentemente senza senso e dal significato oscuro:
…Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità. (CEI 2008)
Il contesto immediato del versetto è quello della prescrizione delle norme per la costruzione dell’altare. Viene esplicitamente vietata la costruzione di un altare sopraelevato raggiungibile attraverso dei gradini per motivi di pudore.
La spiegazione è semplice: i pantaloni non erano ancora stati introdotti nel Vicino Oriente Antico, i sacerdoti in questione, indossavano delle vesti che finivano appena sopra la coscia, come dei kilt irlandesi. Poiché non era diffusa biancheria intima salire una scalinata avrebbe necessariamente significato esporre la propria nudità all’assemblea circostante, eventualità che il testo biblico vuole categoricamente evitare.
Pantaloni ed impero persiano
Se nel versetto biblico citato sopra è implicita l’assenza di un vestiario adatto a salire in modo conveniente una scalinata, come dei pantaloni, Esodo 28,42, posto poco il testo precedente, sembra smentirlo:
…Farai per loro dei pantaloni di lino, per coprire la carne nuda, essi saranno dai fianchi fino alle cosce[1].
In questo versetto, che si colloca nel contesto della descrizione del vestiario sacerdotale, si impone l’utilizzo dei pantaloni, in questo caso dei pantaloni corti.
È risaputo che i testi biblici sono il frutto di molteplici stesure, rielaborazioni ed adattamenti. Nell’arco di poche righe possiamo trovare spesso, mediante l’analisi filologica, delle differenze linguistiche che mostrano la presenza di strati letterari databili con decenni o secoli di differenza.
In questo caso la parola ebraica per pantaloni, ovvero mknsym, fornisce un importante elemento per la datazione del brano.
I pantaloni furono sconosciuti a tutto il Vicino Oriente Antico prima del VI secolo, ovvero prima dell’affermazione dei Medi e dei Persiani. Furono queste popolazioni infatti ad introdurre i pantaloni, che probabilmente erano l’indumento indossato dai cavalieri.
Il primo testo dell’Esodo riportato sopra è inequivocabilmente più antico dell’epoca persiana, mentre il secondo denuncia di aver subito l’influenza della cultura iranica che si diffuse in occidente. I pantaloni si rivelarono degli ottimi indumenti ai sacerdoti ebrei del VI-V secolo a. C., molto più comodi di una lunga veste e più decorosi di un abito succinto.
Una interessante conferma viene da Giuseppe Flavio. Lo Storico ebreo del I secolo d. C. infatti, nel commentare il passo di Esodo, nelle sue Antichità Giudaiche 3, 150-152, utilizza il termine greco avaxyridas per i pantaloni, lo stesso utilizzato da Erodoto nelle sue Storie per descrivere i pantaloni delle truppe di Serse[2].
Christian Sabbatini
Fonti
Immagine in evidenza: romagnamare.altervista.org
Immagini media: romagnamare.altervista.org, www.focus.it, www.piavetv.net
Bibliografia
Ringrazio innanzitutto il Professor J. L. Ska docente al Pontificio Istituto Biblico per il contenuto delle sue lezioni da cui ho preso spunto per l’articolo e per la bibliografia che segue.
S. D. Sperling, “Pants, Persians, and the Priestly Source”, Ki Baruch Hu: Ancient Near Eastern, Biblical, and Judaic Studies in Honor of Baruch A. Levine (ed. CHAZAN, Robert e.a.)(Winona Lake, IN: Eisenbrauns, 1999) 373-385.
Z. Zevit, The Religions of Ancient Israel. A Synthesis of Parallactic Approaches, Continuum, London-New York 2001, 47 (nota).
[1] Traduzione mia.
[2] Opere citate in S. D. Sperling, “Pants, Persians, and the Priestly Source”, 379s.
[3] Ibid., 378.