Anomalisa è un film d’animazione realizzato in stop-motion scritto e diretto da Charlie Kaufman in collaborazione con Duke Johnson. Il film è stato presentato alla 72° mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è stato uno dei candidati al premio Oscar per il miglior film d’animazione (premio vinto, come ci si aspettava, da Inside Out).
Per Anomalisa, la candidatura agli Oscar non era poi così ovvia: il film, oltre a riportare meticolosamente (e quindi nel modo meno sensuale possibile) le diverse fasi del rapporto sessuale dei due protagonisti, vuole mettere in luce delle tematiche particolari. Il film è ricco di questioni psicologiche, filosofiche e sociali (le quali non creano confusione, contrariamente a quanto possa averci inculcato la divisione didattica, questi ambiti della conoscenza viaggiano spesso su binari paralleli – a volte anche incidenti) che propriamente mal si adattano a un pubblico particolarmente giovane e, quindi, probabilmente Anomalisa si presenta come uno dei primi film d’animazione dedicato a un pubblico adulto (e incline a delle dinamiche particolari).
Il nome dello sceneggiatore-regista in realtà non è nuovo all’Academy: nel 2005 Kaufman vince l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale con il film Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello, Michel Gondry). Il fatto che Kaufman sia stato anche il brillante sceneggiatore di Se mi lasci ti cancello è indicativo perché comincia a rendere chiara l’inclinazione stilistica e argomentativa dell’autore.
Anomalisa, il film d’animazione per adulti
Come abbiamo già detto, Anomalisa si presenta come un film ricco di argomentazioni che offrono allo spettatore diverse chiavi di lettura (oltre che una numerosa serie di allegorie).
Michael Stone, un uomo che al pubblico appare imperturbabile e sicuro di sé (Stone, appunto), è malato, lo dice più volte nel corso della narrazione, ma a nessuno (nemmeno a lui) è chiaro il problema. Il protagonista ha la sindrome di Fregoli [1], lo si capisce da un solo indizio: l’albergo in cui alloggia si chiama proprio Hotel Fregoli.
La malattia che attanaglia Michael appare in realtà anche nostra: tutti gli altri personaggi della vicenda hanno la stessa voce (tranne, come vedremo, Lisa) e noi, effettivamente, stiamo ascoltando ciò che ascolta anche Michael (in un certo senso e con la dovuta cautela potremmo anche chiamarla soggettiva sonora) e ciò ci porta a sentire il medesimo senso di inquietudine e di solitudine. Ma l’handicap del protagonista non è messo in primo piano (altrimenti si sarebbe scelto un richiamo più esplicito), non si tratta della storia di una persona che ha un deficit psicologico, ma la malattia è solo funzionale e non ha nemmeno poi così tanta importanza che si capisca o meno di che malattia si tratti; ciò che è importante è che venga messa in luce l’inquietudine di cui soffre il personaggio che ormai si sente soffocato dall’ordinarietà e dalla ripetitività della sua vita.
Anomalisa è un film sull’incomprensione (e sul sentimento di profonda solitudine che ne è la diretta conseguenza): nonostante Stone sia un motivatore e il suo lavoro è concentrato soprattutto sui rapporti interpersonali, ha difficoltà a relazionarsi verbalmente con gli altri. È continuamente la vittima di incomprensioni che si traducono in avvenimenti tragicamente comici: all’autista, ad esempio, chiede se nei pressi dell’albergo vi è un negozio di giocattoli e lui gli indica, erroneamente, un Sexy – Shop («Toys» che magicamente viene inteso come «Sex Toys»).
Se il linguaggio si presenta come una strada chiusa, potremmo pensare di poterci relazionare con gli altri attraverso il volto, perché il volto è stato più volte considerato come quell’unico elemento che può trasmetterci dei sentimenti o delle intenzioni univoche. In Anomalisa non è una via di fuga. Tutti i personaggi vengono disegnati con dei particolari tagli sul volto che indicano (con una modalità molto vicina a quella pirandelliana) la presenza di una maschera, tutti fingono, tutti sono finzione.
L’unico punto di rottura è il taglio posto proprio all’altezza degli occhi che ha il compito di sottolinearne la capacità espressiva e, proprio gli occhi, ci risulteranno essere capaci di trasmettere all’esterno ciò che propriamente è interno (gli occhi stessi sono, notoriamente, un ponte tra un luogo fisicamente interno e uno esterno).
Quando Michael guarda negli occhi Lisa, le scopre finalmente la fronte e quella cicatrice all’altezza dell’occhio destro che Michael non può far altro che amare: per la prima volta, attraverso quello sguardo, riesce a sentirsi intimamente legato a qualcuno (a qualcuno che sia lontano dall’ordinario, a qualcuno che sia anomalo).
Lisa gli (e ci) appare come l’unica persona effettivamente diversa (e quindi comprendente del carattere di unicità) al mondo, ha una voce diversa e unica e Michael si illude di aver trovato finalmente la soluzione al suo problema, alla sua malattia.
Ma, come tutti gli inganni del cuore, anche quello che si è instaurato tra Lisa e Michael risulterà avere una vita breve.
L’amore è un inganno, una bugia del cuore detta alla mente e, alla luce del mattino, la realtà si ripresenta con tutti i suoi devastanti effetti. Solo nelle ore notturne, con quel particolare rapporto dialettico che si instaura di notte tra luce e ombra, i fantasmi possono divenire reali.
La scena della colazione è un piccolo gioiello della sceneggiatura nel quale il comico e l’aberrante viaggiano sullo stesso senso e l’anomalo lascia il posto all’ordinario, quell’ordinario da cui il protagonista voleva scappare.
Ciò che Lisa ai suoi/nostri occhi e orecchi aveva ora non esiste più e tutto si trasforma nel solito prototipo: «Le ragazze vogliono il meglio».
Cira Pinto
[1] Il termine è stato ideato nel 1927 e fa riferimento all’attore italiano Leopoldo Fregoli, noto imitatore e trasformista. La sindrome d’illusione o delirio di Fregoli, anche nota come fregolismo, è una rara malattia psichiatrica in cui avviene da parte del paziente il riconoscimento di persone non conosciute oppure sovviene allo stesso l’idea che le persone conosciute modifichino il proprio aspetto per non essere riconosciute.