Il ‘600 è stato negli ultimi anni, da numerose mostre in tutto il mondo (ultima Montpellier 2015), ormai consacrato il Siecle d’or della pittura napoletana e non c’è altro modo per definire un periodo di straordinaria e abbondante produzione artistica: numerosi nomi, tra i più altisonanti e quelli meno noti, cataloghi in continuo aggiornamento e scoperte sempre più importanti. Alla scuola del Ribera, lo Spagnoletto che diffonde a Napoli la scuola caravaggesca, si fa risalire l’apprendistato di Giovanni Ricca, figura attorno alla quale ruota la mostra inaugurata il 4 marzo presso la Galleria d’Italia di Napoli, palazzo Zevallos-Stigliano.
Un momento di riflessione su un artista il cui profilo si sta delineando proprio negli ultimi anni, un nuovo contributo allo studio della pittura del ‘600 e del suo quadro più famoso, la Santa Caterina d’Alessandria di palazzo Madama di Torino, acquistata nel 2006 e con continui problemi di attribuzione: prima Pacecco de Rosa, poi Bassante, passando per Hendrick De Somer. In effetti la biografia di Giovanni Ricca, molto sfuggente, ha messo per molto tempo in ombra questo artista a cui oggi si ricollega un catalogo di circa 40 opere, che gli rendono almeno in parte giustizia.
Grazie ad alcuni ritrovamenti archivistici (tra cui un processetto matrimoniale del 1629 e i battesimi di 6 figli) sappiamo che nacque nel 1603 nel borgo di Sant’Antonio Abate e che si trasferì nei pressi di Sant’Anna di Palazzo con sua moglie, Caterina Rossa (che molti ritengono in stretto legame al suo ormai più famoso quadro, sia per il soggetto che per lo splendido rosso della veste della santa); l’ultimo documento lo attesta ancora in vita nel 1650, e molti sostengono che probabilmente fu una delle tantissime delle vittime della peste del 1656.
Vero fulcro dell’esposizione, accessibile fino al 5 giugno 2016, è quindi il dipinto di Santa Caterina d’Alessandria, soggetto più volte riprodotto da Giovanni Ricca, che mostra in maniera chiara e convincente la sua provenienza dalla scuola dello Spagnoletto; “intorno” al dipinto, a voler suggerire nuove riflessioni al pubblico ma anche agli addetti allo studio, altre magnifiche opere del suo catalogo: Giuditta con la testa di Oloferne, il Matrimonio mistico e il Martirio di Santa Caterina, Sant’Elisabetta d’Ungheria e Santa Francesca Romana, ed altre, affiancate da due tele del Ribera, e da alcuni dipinti del Maestro dell’Annuncio ai Pastori e di Hendrick De Somer, quest’ultimo molto legato al Ricca, se non altro per le numerose confusioni nelle attribuzioni delle rispettive opere d’arte. Un totale di 18 quadri, una piccola mostra che però offre numerosissimi spunti e che vale davvero la pena visitare.
Una vera e propria “mostra-dossier”, che sancisce una collaborazione ormai salda tra Intesa Sanpaolo, la Fondazione Torino Musei e l’Università di Napoli “L’Orientale” e che proporrà ai suoi visitatori numerose giornate di approfondimento didattico, sia per adulti che per bambini.
La giusta valorizzazione di un nuovo e forse meno noto capitolo della storia dell’arte napoletana, quello scritto da Giovanni Ricca, che merita di essere conosciuto e studiato, e un pretesto per andare, o ritornare, in uno dei palazzi più belli di Napoli.
Per tutte le informazioni http://www.gallerieditalia.com/it
Fonti bibliografiche: Intorno alla Santa Caterina di Giovanni Ricca, Napoli 2016.
Antonella Pisano