Potrò sembrarvi una sola ragazza, una sola persona, per di più alta neanche un metro e sessanta coi tacchi. Ma non sono una voce solitaria: io sono tante voci.[1] Malala
In occasione della giornata internazionale della donna, che ricorre l’otto di marzo, è sicuramente opportuno ricordare il ruolo della donna e la sua emancipazione; ma perché non dedicare un articolo interamente ad una donna? Malala Yousafzai potrebbe rappresentare, attualmente, una figura di grande rilievo nel campo delle scienze umane – in particolare nell’ambito pedagogico.
L’esempio di Malala, una piccola grande donna
La piccola -si, davvero piccola- attivista pakistana, vincitrice del premio Nobel per la Pace nel 2014, Malala Yousafzai, è sicuramente, insieme a tante altre donne, un esempio di lotta per i propri ideali. Non è l’unica, infatti, ad aver portato avanti, a testa alta, un obiettivo in cui credeva attraverso le mille difficoltà che le donne affrontano da secoli: si pensi ad esempio a Madre Teresa di Calcutta, che ha legato la sua missione alla carità e al sostegno delle genti più povere del mondo; a Maria Montessori, educatrice e pedagogista italiana dei primi del Novecento; ad Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice italiana che si è battuta per la condizione della donna nei paesi islamici ed è stata inviata speciale nel Vietnam in guerra. Potremmo continuare l’elenco facendo riferimento a tantissime donne che spesso vengono dimenticate, al contrario dei grandi uomini che spesso sono resi tali soltanto per il genere.
Tornando a Malala, la sua è abbastanza complessa per essere quella di una ragazzina di appena diciassette anni: la sua attività contro il regime talebano e in difesa dei diritti delle donne ha avuto inizio con la creazione di un blog, sotto pseudonimo, in collaborazione con la BBC. Al suo interno la piccola Malala ha infatti coraggiosamente raccontato i divieti imposti dal regime nell’ambito dell’istruzione di ragazze e bambine. A tal proposito riportiamo un brano tratto dal suo diario:
Sono andata a scuola. Avevo paura di andare perché i talebani hanno emanato un editto che proibisce a tutte le ragazze di frequentare la scuola. Solo 11 compagne su 27 sono venute in classe. Il numero è diminuito a causa dell’editto dei talebani.
A causa della sua crescente visibilità, Malala è stata vittima, nel 2012, di un attentato da parte dei talebani nel quale è stata ferita alla testa e al collo rischiando la vita. Miracolosamente sopravvissuta, ha poi vinto il premio Nobel e ricevuto numerosi riconoscimenti dal Regno Unito dove attualmente vive. La sua biografia è raccontata nel libro Io sono Malala, scritto in collaborazione con una corrispondente di guerra per dare testimonianza a tutte le donne del mondo della lotta per il diritto all’istruzione, spesso precluso.
Malala,l’educazione e i diritti umani: un impegno pedagogico.
Perché è così facile darci una pistola, ma così difficile darci un libro?[2]
Quello affrontato da Malala è sicuramente un impegno politico e civile ma, a mio parere, è soprattutto un impegno pedagogico: l’educazione è, infatti, un concetto legato alla pedagogia fin dalle origini. Dalle antiche polìs greche fino ai moderni pedagogisti dell’epoca globale infatti il metodo, le tecniche e gli strumenti legati all’educazione sono sempre state spunto di riflessione. Ciò che contraddistingue Malala è però la rivendicazione del diritto:
Questo premio non è solo per me. È per i bambini dimenticati che vogliono un’istruzione. È per i bambini spaventati che vogliono la pace. È per i bambini senza voce che vogliono il cambiamento. Sono qui per i loro diritti, per dare loro voce… Non è il momento di averne compassione. È il momento di agire, per fare in modo che sia l’ultima volta che a dei bambini è sottratta l’istruzione.[3]
Le parole citate sono tratte dal discorso di Malala alla cerimonia di consegna del premio Nobel: ormai, dopo secoli e secoli di storia della pedagogia, è evidente che il metodo pedagogico -o la combinazione fra più metodi- sia delineato; ciò che manca -e questo è il dato impressionante che Malala ha voluto sottolineare con il suo diario- è la tutela del diritto all’educazione che, nonostante sia regolamentato dall’ONU, spesso viene violato. È pur vero, infatti, che nei paesi occidentali si sono compiuti numerosi progressi nel campo dell’istruzione, ma circa il 10% della popolazione, raccolta nei paesi in via di sviluppo, non ha accesso all’educazione di base. E questo è un dato sconcertante se solo si immaginasse la quantità di fondi che vengono impiegati in Occidente per i più disparati usi!
L’impegno pedagogico di Malala è quindi legato ai diritti umani: per poter abbattere i così alti tassi di analfabetismo -insieme a quello delle violenze e soprusi- è necessario conoscere e garantire i diritti della persona umana, del fanciullo, della donna, del lavoratore. L’ONU ha ormai fornito dichiarazioni per i più disparati ruoli sociali, in primis per l’umanità in quanto tale. Malala si è resa conto che in numerose zone del mondo, forse troppe, questi non vengono rispettati e, a volte, del tutto calpestati.
L’esempio di Malala, insieme a quello di tante altre -e tanti altri-, è quello di una donna con la D maiuscola, di una donna che ha messo in primo piano il suo ideale, quello di un’istruzione che sia di tutti. Per concludere riporterò quindi la parte finale del più celebre discorso della giovane attivista:
Viviamo nel mondo moderno, nel ventunesimo secolo, e crediamo che nulla è impossibile. Possiamo raggiungere la Luna, forse a breve atterreremo su Marte. Per questo, in questo ventunesimo secolo, dobbiamo essere determinati a far realizzare il nostro sogno di un’istruzione di qualità. Realizziamo uguaglianza, giustizia e pace per tutti. Non solo i politici e i leader del mondo, ma tutti dobbiamo fare la nostra parte. Io. Voi. È nostro dovere.[4]
Alessandra Del Prete
Fonti:
[1] Discorso di Malala Yousafzai alla cerimonia di consegna del premio Nobel per la Pace 2014.
[2],[3],[4] ibidem.
Per maggiori informazioni: Sul diritto all’istruzione- Terre de hommes Italia
Pedagogia.Dal Basso medioevo a oggi, G.Chiosso, Mondadori Education,Milano,2012.