Pietro di Cristoforo Vannucci, meglio conosciuto come Pietro Perugino, fu maestro di Raffaello ed erede degli insegnamenti del Verrocchio ed in particolare di quelli di Piero della Francesca che mescolavano colori e geometrie, ma soprattutto fu uno dei pittori più attivi del suo tempo.
Provenendo da Perugia, che nel Quattrocento era un fiorente centro artistico in cui fioccavano commissioni, Pietro ebbe modo di venire a contatto con i lavori di Piero della Francesca, Benozzo Gozzoli e Beato Angelico, e in particolare Benedetto Bonfigli, da cui Pietro Perugino ereditò l’integrazione tra pittura e architettura.
Pietro Perugino, però, diede il via ad un nuovo modo di dipingere, contrassegnato dal disegno definito, colori chiari e luci che ricordano le opere di Beato Angelico, e allo stesso tempo armonia geometrica di architetture e prospettive. Le architetture adottate da Pietro Perugino, come vuole la tradizione rinascimentale, seguono l’impostazione classica e l’uso di forme geometriche semplici, armoniche, partendo da rapporti matematici per giungere a risultati di equilibrio e armonia tra le parti.
Un limite però sta nel fatto di aver studiato ogni parte della composizione separatamente per poi assemblarla in seguito: l’ideale sarebbe stato studiare la composizione nel suo insieme per renderla più armonica e meno definita geometricamente. Un esempio è Lo Sposalizio della Vergine, un olio su tela realizzato nel 1502 e conservato oggi nel Museo delle Belle Arti di Caen.
Il dipinto rappresenta il matrimonio di Maria e Giuseppe, al momento dello scambio degli anelli, in una piazza al cui centro si trova un grande edificio che richiama l’idea di architettura scritta nei trattati di Leon Battista Alberti ricollegata all’architettura dell’antica Roma: archi a tutto sesto e cupolette sui lati, e sormontata da una cupola con tegole in laterizio che la fanno sembrare ancora più grande.
Sullo sfondo, un paesaggio collinare.
A conferire il senso della prospettiva non è solo lo sfumato dello sfondo ma anche la pavimentazione della piazza e le gradinate della struttura architettonica. Pietro Perugino conferisce alla composizione criteri simmetrici e ritmici: infatti, il sacerdote è posto al centro esatto della scena, e divide il corteo maschile da quello femminile, e il fatto che Giuseppe abbia con se un ramo fiorito è un riferimento al fatto che Maria appena uscita dal Tempio di Gerusalemme venne destinata alle nozze “a colui che fosse stato prescelto da un segno divino”, e il ramo portato da Giuseppe fu l’unico a fiorire.
Quest’opera venne ripresa da Raffaello, ed è un richiamo ad una precedente opera dello stesso Perugino: si tratta della Consegna delle Chiavi, pensata per il ciclo di Affreschi della Cappella Sistina in Vaticano, e che spiega l’origine del potere di San Pietro.
Di quest’opera del Perugino sono evidenti gli espedienti geometrici che danno una certa spazialità all’opera: ritroviamo le linee prospettiche del pavimento e, posto centralmente, un edificio a pianta circolare con una grossa cupola, simbolo del potere spirituale della Chiesa, ai cui lati si trovano delle citazioni dell’Arco di Costantino.
Alcune inesattezze proporzionali come la stessa grandezza dei personaggi posti in fasce diverse è compensata dallo studio attento delle architetture.
Pietro Perugino non rinuncia però al tocco paesaggistico, che sfuma dolcemente, e che dà un senso di infinito e di profondità grazie all’utilizzo della prospettiva aerea.
Rossella Cavallo