Fascino profondo della valle padana, Milano, grazie alla sua posizione strategica, ebbe stretti contatti commerciali e culturali con l’Europa settentrionale; fu al centro della lotta contro l’imperatore Federico II per la difesa delle autonomie comunali e il cronista del XII secolo Ottone di Frisinga dipinge Milano come «la città più illustre». Uno dei suoi edifici più antichi e belli è la Basilica di Sant’Ambrogio.
L’edificio sorge nel luogo di una precedente basilica fondata da Sant’Ambrogio nel IV secolo che aveva una pianta a tre navate absidate senza transetto, con quadriportico antistante rispettata scrupolosamente.
Il quadriportico non ha la funzione iniziale perché non accoglie più i catecumeni dal momento che tutti vengono battezzati alla nascita; ne resta solo una lato aderente alla facciata detto nartece che funge da elemento intermedio fra esterno ed interno. Tuttavia, il quadriportico assume un ruolo nuovo visto che diventa il luogo in cui si riuniscono i cittadini per discutere dei problemi come l’agorà greco ma molto più raccolto.
La facciata della chiesa di Sant’Ambrogio è a due spioventi, detta «a capanna», ed è tipicamente lombarda: non c’è lo slancio verso l’alto ma piuttosto l’attaccamento a terra anche se le arcate della loggia superiore seguono l’andamento degli spioventi del tetto, alleggerendo la gravità della facciata.
Sant’Ambrogio: l’interno della Basilica
L’interno della basilica ha misure pari a quelle del quadriportico, dunque c’è una perfetta corrispondenza tra interno ed esterno. L’elemento più appariscente è la presenza di una copertura con la volta a crociera e in cotto, soluzione adottata per evitare il pericolo di incendi, molto frequenti all’epoca. Però, a questo motivo pratico si aggiunge la necessità della società comunale di avere costruzioni solide.
Lo spazio è unitario e l’impianto prospettico conduce direttamente l’occhio dell’osservatore verso l’altare, esprimendo simbolicamente la presenza del divino. Il materiale non è ricco come nelle basiliche ravennati ma è povero, sfruttando le materie prime locali: pietra, mattone, intonaco. La scelta non si inscrive solo nelle ragioni economiche ma anche dal fatto che lo stacco cromatico rende inequivocabili le funzioni architettoniche sottolineando le parti prive di impegno statico. Ogni campata è un organismo autosufficiente, indispensabili e al tempo stesso elementi utili a definire la forma dello spazio.
L’illuminazione della navata principale non avviene mediante le finestre anche perché il matroneo, che si affaccia proprio su questa zona, occupa tutto lo spazio disponibile. Da dove proviene la luce? Dai finestroni della facciata che percorre longitudinalmente tutto l’edificio. La luce non è diffusa e serena ma contrastata e scarsa..è una luce umana. Dunque, la Basilica ambrosiana assume in sé tutte le caratteristiche dell’arte romanica italiana.
Serena Raimondi