La scultura del Rinascimento dà inizio con Donatello e Brunelleschi ad una nuova era: un confronto tra i due crocifissi di Firenze.
La scultura del Rinascimento, a differenza di quella medievale che era considerata una delle “arti meccaniche” subordinate all’architettura, inizia ad avere una sua certa autonomia, ad essere considerata un’arte liberale a tutti gli effetti, non più un opera di artigianato legata necessariamente alla scultura, bensì un opera dai presupposti matematici e storici: non solo c’era la ricerca delle proporzioni e dell’armonia, ma soprattutto si guardava ai modelli del passato, in particolare all’arte greca classica. L’arte rinascimentale è sì ricordata per i primi esempi di pittura dalle figure proporzionate e dalla ricerca delle prospettive, ma fu in effetti proprio la scultura a ‘spianare’ gli orizzonti al Rinascimento: infatti, Donatello e Filippo Brunelleschi erano due scultori.
Esemplari, in questo senso, sono i due crocifissi, che la critica ha sempre contrapposto, nonostante siano entrambi rappresentanti della scultura del Rinascimento: concepite e prodotte a distanza di più di dieci anni l’una dall’altra, si tratta di due sculture completamente differenti – per quanto il soggetto sia il medesimo – che abbracciano due diversi filoni della nuova arte, in quanto il primo idealizza e armonizza la scultura in tutte le sue parti cercando di caricarla di pathos, mentre il secondo si dà alla ricerca delle proporzioni matematiche, geometricamente definite e riconoscibili.
Il crocifisso di Donatello a Santa Croce
Il Crocifisso di Santa Croce è stato il punto di partenza di una discussa contrapposizione tra i due grandi artisti:
“Fece con straordinaria fatica un crocifisso di legno, il quale quando ebbe finito, parendogli aver fatto una cosa rarissima, lo mostrò a Filippo di Ser Brunellesco suo amicissimo, per averne il parere suo; il quale Filippo […] rispose che gli pareva che egli avesse messo in croce un contadino e non un corpo simile a Gesù Cristo”.
Questo racconta Vasari, che il Brunelleschi abbia definito la scultura di Donatello un Cristo-Contadino: Donatello si allontana dal rigore matematico del Brunelleschi per lasciar spazio ad una figura patetica che coinvolgesse emotivamente i fedeli, rendendoli partecipi della passione di Gesù osservando il corpo sofferente e i lineamenti poco aggraziati, che fanno pensare più al cristo-uomo che al cristo come divinità, più vicina al naturalismo che ai principi di equilibrio prospettico e non solo, che caratterizza in generale tutta l’arte rinascimentale. Il dichiarato obiettivo di Donatello, tramite questa scultura, tuttavia, era quello di portare il dolore di Cristo agli occhi delle persone comuni.
Il crocifisso di Brunelleschi a Santa Maria Novella
La risposta del Brunelleschi non tarda ad arrivare: la sua scultura è completamente opposta a quella di Donatello, dal punto di vista stilistico. Questo del Brunelleschi è un Cristo composto ed elegante nella sua sofferenza, dal corpo proporzionato, dove la ricerca di perfezioni anatomiche si sovrappone alla ricerca del pathos e del coinvolgimento. Il fatto che il corpo abbia una torsione verso sinistra sembra quasi dare l’idea di spazio, dimostrando quanto la scultura sia un’arte tridimensionale, la cui plasticità riesce ad influenzare anche lo spazio circostante; questo particolare però non è lasciato al caso, anzi, Brunelleschi pensò a più punti di vista.
Queste due sculture però incarnano due diverse concezioni dell’uomo: Donatello decide infatti di rappresentare l’uomo partendo dalla sua vita terrena, quindi dai dolori e dai sentimenti, mentre Brunelleschi, partendo dal presupposto che l’uomo è al centro del mondo e quindi elevato rispetto alle altre creature, ne nobilita la figura scegliendo di rappresentare un crocifisso che malgrado la pena umiliante è elegante e proporzionato.
Rossella Cavallo