Emersa da un’onesta formazione a scuola e a teatro, Emily Blunt si impone alla memoria, per la prima volta, con “Il Diavolo veste Prada” (David Frankel – 2006), nel ruolo della collega stressata e insopportabile, accanto ad Anne Hathaway e Meryl Streep.
Nonostante il carattere leggero e senza troppe pretese, “Il Diavolo veste Prada” rimarrà nella storia per la lieta aria modaiola, per la Streep versione diavolo, per l’adorabile Stanley Tucci, per la giovanissima Anne, e anche per Emily Blunt in tiro. Non solo alcune delle battute più memorabili sono sue (“Amo il mio lavoro, amo il mio lavoro, amo il mio lavoro”; “Sai, sto facendo una nuova dieta, è molto efficace. Non mangio niente… poi quando sento che sto per svenire, butto giù un cubetto di formaggio. Ora mi serve solo una colite e arrivo al peso ideale.”), ma la sua evoluzione, nonostante la super prima assistente di Miranda sia poco più di una spalla per la protagonista, riesce ad essere essenziale, efficace e soprattutto divertente.
Gli inizi
Dopo aver lavorato ne “Il club di Jane Austen” (Robin Swicord – 2007) come specchio del personaggio austeniano Anne Elliot, recita accanto a Steve Carrell in “L’amore secondo Dan” (Peter Hedges – 2007); a Tom Hanks, Julia Roberts e Philip Seymour Hoffman in “La guerra di Charlie Wilson” (Mike Nichols – 2007); a John Malkovich in “The Great Buck Howard” (Sean McGinly – 2008)…
Fino poi ad ottenere il ruolo di protagonista in “The Young Victoria” (Jean-Marc Vallée – 2009). Ai tempi, la pellicola non ebbe un gran successo, venne accusata di essere noiosa e poco accurata. Eppure, Emily Blunt per il ruolo della giovane regina fu nominata per la terza volta ai Golden Globe: la sua carriera ricevette un’ulteriore accelerata.
Molti ruoli le vennero offerti, anche se non si può dire fossero impegnati: interprete di personalità leggere, con imperturbabile aplomb inglese la Blunt vestì i panni della principessa Mary ne “I fantastici viaggi di Gulliver” (Rob Letterman – 2010), della copotragonista Harriet ne “Il pescatore di sogni” (Lasse Hallström – 2011), ed ebbe anche una parte nel film dei Muppets (James Bobin – 2011).
L’ultima Emily Blunt
La campagna pubblicitaria di “The Edge of Tomorrow” (Doug Liman – 2014) venne accolta con scetticismo: prometteva di essere un ennesimo blockbusterone con Tom Cruise. Ebbene, non fu niente di diverso: un blockbusterone con Tom Cruise. Ma venuto bene. Tra i borbottii di apprezzamento ci si rese conto che nel cast c’era anche Emily Blunt, e questo la allontanò, forse, dall’immagine di eterea ragazza magra e dalla pelle diafana destinata alle favole e alle commedie.
Denis Villeneuve, dopo un periodo aureo di grande apprezzamento dovuto ai suoi “Prisoners” (2013) e “Enemy” (2013), chiamò Emily Blunt per il ruolo di in “Sicario” (2015). Polvere, la terra dura del confine messicano, un distintivo: la Blunt è trasformata, ed è bravissima. Messi da parte i tacchi, indossato il giubbotto antiproiettile, in coppia con Benicio del Toro la giovane attrice è emozionante e convincente.
Certo, nonostante la breve parentesi il mondo del trillante lieto fine la richiama a sé: se nel 2014 fu già risucchiata dal noioso musical di Rob Marshall “Into the Woods”, adesso pare sia la favorita al ruolo di Mary Poppins per il remake della celebre pellicola di Robert Stevenson (1964).
Naturalmente, in questa sede non si parlerà de “Il cacciatore e la regina di ghiaccio” (Cedric Nicolas-Troyan – 2016): Emily Blunt potrà anche essere stata limpida e delicata come sempre… ma in un film del genere il suo talento è andato del tutto sprecato.
Chiara Orefice