FBI contro Apple: guerra aperta

Perché un colosso della tecnologia, quale è Apple, ed il Federal Bureau of Investigation hanno iniziato una guerra senza precedenti?

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Strage di San Bernardino

Iniziamo dal principio

Il 2 Dicembre 2015 Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik, due coniugi, aprirono il fuoco contro la folla presso un centro sociale per disabili. Nell’attentato morirono 14 persone e ne rimasero ferite 23.

Il caso fu che uno degli attentatori fosse possessore di uno smartphone Apple e che il Bureau ritenesse fondamentali per le indagini le informazioni in esso contenute, di regola, criptate per tutelare la privacy di milioni di utenti.

In seguito, il giudice federale a cui è stata affidato il compito di decidere sulla circostanza, ha ordinato alla multinazionale di decrittare l’Iphone, dopo che questa si era rifiutata di collaborare volontariamente.

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Tim Cook

Il CEO di Apple, Tim Cook è, però, inamovibile: “Non lo faremo perché sarebbe un precedente troppo pericoloso. Il governo degli Stati Uniti ci ha chiesto di intraprendere un passo senza precedenti che minaccia la sicurezza dei nostri clienti”. L’ordine, spiega l’azienda, “ha implicazioni che vanno molto al di là del caso in oggetto: criminali e cattivi continueranno ancora a criptare, usando strumenti che sono pronti a loro disposizione. Non è una decisione che prendiamo alla leggera. Ci opponiamo alle richieste dell’FBI con il più profondo rispetto per la democrazia americana e l’amore del nostro Paese, noi crediamo che sarebbe nel miglior interesse per tutti fare un passo indietro e considerare le implicazioni”. E con queste parole ha deciso di opporsi alla decisione del giudice federale.

Cosa prevede il ricorso?

Sul piano legale, la mozione presentata dalla Apple propone di coinvolgere il Congresso, ossia il potere legislativo, in modo da affrontare temi delicati quali la tutela della privacy, il trattamento dei dati personali, la sicurezza.

Per l’azienda di Cupertino, non è possibile ottenere lo stesso risultato tramite una causa in tribunale, tanto che l’intervento del legislatore sembra essere l’unica soluzione per riempire – con un termine improprio – un vuoto in materia.

La mozione fa anche appello al Primo Emendamento (libertà di pensiero e di parola) ed al Quinto Emendamento (giusto processo) della Costituzione Americana.

Qualora l’iniziativa dovesse essere respinta, è facile prevedere un approdo del ricorso presso la Corte Suprema.

Altre aziende a sostegno

Il Wall Street Journal ha sostenuto che diverse aziende, tra queste Facebook, Microsoft e Alphabet – la holding che controlla Google  hanno intenzione di presentare una mozione comune a sostegno di Apple. Ciò è stato confermato da Brad Smith, presidente Microsoft, che ha ribadito le argomentazioni della prima mozione presentata dal team di legali di Tim Cook. A queste potrebbero aggiungersi mozioni di altri “colossi”, si pensi a Twitter ed Amazon, che avrebbero tutti gli interessi a seguire da vicino la vicenda.

Anche l’ONU con la Apple

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Zeid Raad al-Hussein

Zeid Ràad Al HusseinAlto commissario dell’Onu per i diritti dell’uomo, tramite un comunicato, ha così informato della sua posizione: “Con l’obiettivo di regolare un problema di sicurezza con la decrittazione di dati in un caso ben preciso, le autorità rischiano di aprire un vaso di Pandora con implicazioni che potrebbero essere estremamente dannose per i diritti dell’Uomo“.  Inoltre, David Kayerelatore speciale dell’Onu per la libertà d’opinione e d’espressione, ha presentato un intervento scritto pro-Cupertino al giudice Sheri Pym che si occupa del caso: “La crittografia consente di avere zone di libertà. Dove gli Stati impongono una censura illegale, l’uso della crittografia e dell’anonimato può dare agli individui il potere di accedere a informazioni e idee”.

L’FBI sblocca l’Iphone

Non si hanno notizie su come il Bureau sia riuscito nell’impresa. Pare che si sia servito di una terza figura non rivelata, come spiegato dal Procuratore Federale della California Eileen Decker. Inoltre, il Dipartimento di Giustizia ha fatto sapere che “il governo è riuscito ad accedere con successo ai dati contenuti nell’Iphone di Farook, per questo non ha più bisogno dell’assistenza di Apple”. Intanto, un giudice di New York dà ragione ad Apple. Questa non sarebbe obbligata a decrittare lo smartphone, ribaltando la decisione del giudice californiano.

Quando manca, in tutto od in parte, la disciplina di un fenomeno, chi ha davvero ragione? O meglio, se non vi sono specifiche regole che prevedono una determinata fattispecie, soprattutto nel rispetto di temi così delicati, non è preferibile auspicare un intervento del legislatore, prima di procedere in una direzione in cui non è più possibile tornare indietro?

Samuele De Giorgio

Fonti I, II, III, IV

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