È stata approvata, in via definitiva alla Camera, il disegno di legge Boschi, ossia una corposa riforma costituzionale. Trecentosessantuno favorevoli, sette contrari; per protesta, le opposizioni hanno deciso di non partecipare al voto.
Grande entusiasmo, invece, da parte dei promotori della riforma costituzionale, prima su tutti Maria Elena Boschi, Ministro per le Riforme Costituzionali, che si è così espressa sui social network: Sono passati due anni. Due anni di confronti serrati e durissimi, di battaglie dentro e fuori dall’Aula, anni di studio e d’impegno da parte di persone valide, preparate, appassionate. Dopo due anni oggi arriva il voto finale per la Riforma Costituzionale che cambierà il volto delle nostre istituzioni. Ringrazio i deputati, i senatori e i tantissimi cittadini che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno a questo Governo: insieme a voi abbiamo scritto una pagina importante della storia d’Italia.
È necessario, però, che questo slancio sia confermato anche dagli elettori.In autunno, infatti, e più precisamente Ottobre, vi sarà un referendum confermativo della riforma costituzionale e qualora la legge non dovesse essere sostenuta dai cittadini, Matteo Renzi ha annunciato che dichiarerà le dimissioni all’avverarsi di tale circostanza.
Cosa prevede la riforma costituzionale?
Il Senato diviene il Senato delle Regioni, un organo rappresentativo delle autonomie regionali, composto non già dai 315 senatori attuali, bensì da 100 personalità, 95 delle quali elette dai consigli regionali. La componente totale sarà di 21 sindaci, 74 consiglieri regionali e 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica che resteranno in carica per sette anni. Di conseguenza, non saranno più nominati senatori a vita.
Superato, quindi, il bicameralismo perfetto – difatti correntemente le leggi sono approvate da entrambe le camere così come è accordata anche la fiducia al governo – con la riforma costituzionale, il potere legislativo spetterà in toto alla sola Camera dei Deputati.
Il Senato potrà esprimere pareri non vincolanti sui progetti di legge e potrà proporre modifiche entro trenta giorni dall’approvazione – ancora non vincolanti. Appare chiaro che la funzione di quest’organo diverrà di raccordo tra lo Stato, gli enti territoriali e gli enti locali.
L’elezione del Presidente della Repubblica spetterà ancora ad entrambe le Camere ma non vi parteciperanno più i delegati regionali. Sarà necessaria la maggioranza dei due terzi fino al quarto scrutinio, poi basteranno i tre quinti. Solo al nono scrutinio basterà la maggioranza assoluta. È abolito il CNEL, il Consiglio Nazionale per l’Economia ed il Lavoro e viene riformato anche il Titolo V della Costituzione: alcune materie oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni tornano alla competenza esclusiva dello Stato, o meglio, lo Stato potrà varare una legge in modo indipendente. Inoltre sono abolite le 110 province italiane, trasformate in enti di II livello.
Riformata anche la Corte Costituzionale
Per quel che concerne la Corte Costituzionale, dei 15 giudici, tre saranno eletti dalla Camera e due dal Senato.
Inoltre, per le leggi elettorali, si procederà ad un controllo preventivo presso la Corte su richiesta di un quarto dei componenti della Camera.
La riforma costituzionale non si ferma di certo qui
I senatori godranno delle stesse tutele garantite sino ad ora, ossia l’immunità, l’impossibilità di essere sottoposti ad arresto o ad intercettazione.
La revisione costituzionale prevede, inoltre, che la seconda carica dello Stato più importante sarà il Presidente della Camera, invece che del Senato. Ma spetterà a quest’ultimo convocare il Parlamento in seduta comune nel caso in cui il Presidente della Camera eserciti le funzioni del Presidente della Repubblica, se questi è impossibilitato.
Il quorum che rende valido il risultato di un Referendum Abrogativo resta sempre del 50%, ma se i cittadini che propongono la consultazione sono 800mila, invece che 500mila, il quorum sarà ridotto: basterà che vadano a votare il 50% dei votanti all’ultima tornata elettorale, non il 50% degli aventi diritto; una novità è l’introduzione del Referendum Propositivo per interrogare la popolazione su temi di attualità. Inoltre, ad oggi, per proporre una legge d’iniziativa popolare occorrono 50.000 firme, con la riforma costituzionale ne serviranno 150.000 ma i regolamenti della Camera dovranno indicare i tempi precisi di esame.
Samuele De Giorgio