Nella memoria dei bimbi napoletani ormai cresciuti resta vivo lo strummolo, una trottola di legno terminante con una punta di ferro e munita di fune. Viaggiare con la mente verso quei tempi ormai lontani, durante i quali le strade polverose rappresentavano un parco giochi, e dietro ogni angolo si assaporava la meraviglia di una scoperta. Fuori dalle mura domestiche, lontano da questa tecnologia che ha imprigionato la creatività infantile, esisteva un piccolo mondo antico, nel quale ogni oggetto era il mezzo per un nuovo gioco e l’immagine di una Napoli chiassosa e affollata di scugnizzi ancora incantava lo spirito dei viaggiatori.
Lo strummolo era uno di quei giochi caduti nel dimenticatoio, già esistente nel Settecento e molto in voga negli anni del Dopoguerra, come leggiamo dal libro di Mariano D’Antonio, Percorsi di libertà: l’esperienza di uno scugnizzo napoletano divenuto professore:
Da ragazzo ero uno dei tanti scugnizzi napoletani che giocavano per strada con lo strummolo, una trottola di legno allora in uso; […] I ragazzini che affollavano i vicoli dei quartieri poveri di Napoli, si dedicavano per strada al gioco dello strummolo, che, lanciato con lo spago, girava al suolo su una punta d’acciaio: vinceva chi riusciva a far girare la propria trottola fino a toccare quella dell’avversario spingendola oltre una linea tracciata a terra col gesso. Il vincitore aveva diritto a “scugnare”, a colpire con la punta d’acciaio del proprio giocattolo lo strummolo del perdente una e più volte, secondo gli accordi, intaccandolo fino a romperlo.
Dunque, lo strummolo era il simbolo di una generazione abituata ad arrangiarsi, e, nonostante le difficoltà che impoverivano lo spirito del napoletano di quell’epoca, il gioco continuava ad essere il riflesso di un popolo che non si arrende. La fama di questo gioco è testimoniata nel tempo da diversi riferimenti letterari. Raffaele Viviani nella poesia Guaglione fa riferimento ad una serie di giochi con i quali il divertimento era assicurato, tra questi c’è proprio lo strummolo:
Quanno jucavo ô strummolo, â liscia, ê ffijurelle,
a ciaccia, a mazza e pìvezo, ô juoco d”e ffurmelle,
stevo ‘int’ â capa retena ‘e figlie ‘e bona mamma,
e me scurdavo ô ssolito, ca me murevo ‘e famma.E comme ce sfrenàvamo: sempe chine ‘e sudore!
‘E mamme ce lavàvano minute e quarte d’ore!
Junchee fatte cu ‘a canapa ‘ntrezzata, pe ffà a pprete;
sagliute ‘ncopp’a ll’asteche, p’annarià cumete;
p’ ‘o mare ce menàvamo spisso cu tutte ‘e panne;
e ‘ncuollo ce ‘asciuttàvamo, senza piglià malanne.
[…]
Oggi non si vedono più i gruppi di scugnizzi ammassati sui marciapiedi che gareggiano ognuno con il proprio strummolo. I vicoli sono vuoti di ingenuità e di spensieratezza, e Napoli ha perso uno dei suoi ritratti più belli.
Lo strummolo a tiriteppola…e altri modi di dire
Lo strummolo è entrato a far parte del dialetto napoletano anche attraverso alcuni modi di dire. Dal punto di vista etimologico il lemma deriva dal greco strómbos, trasmigrato nel latino strumbus con assimilazione progressiva strummus ed infine nel napoletano, con il suffisso diminutivo olus/olo: strummolo con il significato di piccola trottola; così come leggiamo dai diversi vocabolari del napoletano, dei quali citiamo il Vocabolario domestico napoletano e toscano di Basilio Puoti:
Strumento di legno di figura simile al cono, con un ferruzzo piramidale in cima, col quale strumento i fanciulli giuocavano facendolo girare con una cordicella avvoltagli d’intorno.
‘O strummolo tiriteppola e a funicella corta si diceva quando la trottola non girava come doveva; tale espressione è usata per indicare una situazione sfavorevole a causa di diversi fattori, oppure si può riferire ad una persona incapace, che non è in grado di svolgere il proprio compito. Un altro modo di dire è cu chestu lignammo se fanno ‘e strummole (con questo legno si fanno le trottoline), intendendo che una tal cosa viene fatta così come deve e non diversamente. L’espressione si’ proprio nu strummolo è utilizzata in maniera scherzosa per definire una persona incapace.
I giochi dimenticati
Del piccolo mondo antico napoletano molti altri giochi hanno subito la medesima sorte dello strummolo: dimenticati e sostituiti dai giochi virtuali, che trasmetto il valore di una vita fittizia e tutt’altro che assaporata nella sua vera essenza. I nostri nonni ricordano le gare di corsa sui carruocciuli, slittini rudimentali composti da assi di legno e asticelle dotati di vecchi cuscinetti a sfera. Scopo del gioco era lanciarsi a velocità lungo la discesa della strada detta Magnocavallo, che da Corso Vittorio Emanuele conduceva fino a Toledo. Altro antico gioco di origini napoletane è la pallamaglio, antenato del golf e praticato nella città partenopea almeno dal XII secolo.
E la cavallina? Une ‘mpont’ a luna costituito da sedici turni di salto accompagnati dalla “voce” che in dialetto napoletano descriveva il tipo di salto che si andava a compiere. Camminando per le strade si notavano sui marciapiedi delle caselle disegnate con il gesso e numerate: in quel luogo si era appena concluso il turno della campana: per avere la possibilità di occupare una casa era necessario compiere il percorso con una serie di difficoltà, come saltare con un piede con la tegola sotto l’ascella o in testa, oppure guardando in alto. Per decidere la distribuzione dei ruoli all’interno dei giochi si era soliti praticare o’ tuocco: si agitavano i pugni chiusi canticchiando una formuletta e in base al numero stabilito dalle mani aperte iniziava la conta. Dopo la scuola, gli scugnizzi si riversavano nelle strade della città dove erano situate le fabbriche di scarpe e reperivano i cosiddetti “scarti” con i quali fabbricavano oggetti, che vendevano nei mercatini da loro stessi organizzati.
La Napoli dei giochi antichi era un mondo sospeso tra realtà e immaginazione, all’interno del quale la fanciullezza era vissuta con genuina vivacità. Non servivano gingilli complessi né tecnologie: bastava la spensieratezza ed un pizzico di creatività.
Giovannina Molaro
Bibliografia:
P. Izzo, Giochi storici Napoletani. I giochi dei nostri nonni in sette secoli di letteratura napoletana, Stamperia del Valentino, 2003
M. D’Antonio, Percorsi di libertà: esperienze di uno scugnizzo napoletano divenuto professore, Napoli, Guida Editori, 2006
Sitografia:
http://www.orticalab.it/O-strummolo-e-o-mazzicariello-come