Il libro della giungla, uscito il 16 aprile nelle sale italiane, è una rivisitazione del classico d’animazione Disney, riproposto in 3D dagli stessi produttori di Pirati dei Caraibi. L’avventura senza tempo di Mowgli, il cucciolo d’uomo cresciuto nella giungla, interpretato da Neel Sethi, ritorna ad emozionare, non solo i più piccoli, ma anche i vecchi appassionati del genere.
Il film è ispirato ai racconti di Rudyard Kipling, uno scrittore britannico vissuto in India, Premio Nobel per la letteratura, che ha fatto sognare generazioni con il suo libro. I racconti nacquero come novelle a episodi, pubblicate settimanalmente in diversi giornali e riviste, ebbero fin da subito un tale successo che furono raccolte in un libro, cosicché nel 1894 fu pubblicato “The Jungle book” (Il libro della giungla). La storia è una combinazione vincente di paesaggi esotici e vicende introspettive e, al tempo stesso, avventurose; che sia interamente frutto della fantasia dell’autore, oppure, una testimonianza scritta di storie di cronaca realmente accadute, Il libro della giungla ha da sempre stimolato l’immaginario comune, ispirando film, serie animate e fumetti. I suoi personaggi sono diventati dei miti intramontabili, Bagheera, Baloo, Akela e Shere Khan, sono i nomi dei principali protagonisti, e Mowgli, il ragazzino selvaggio che vuole trovare il suo posto nella giungla, da lui considerata come l’unica vera casa.
Ma come rendere, oggi, ancora avvincente e attuale una storia che è ormai famosissima e già conosciuta da tutti? Bisogna aggiungere quel tocco in più, quella sfumatura che rende nuova e più appassionante una storia passata. Il libro della giungla, nel 2016, riesce pienamente a soddisfare questa esigenza e quando si esce dalla sala, si ha la netta sensazione di aver visto qualcosa d’inedito e originale, seppur classico. Non sono solo gli effetti speciali a sorprendere lo spettatore, ma anche il carattere dei personaggi, reinventati con uno spessore emotivo più forte e profondo. I lunghi silenzi che intercorrono fra il branco di lupi all’inizio del film, fra Mowgli e Bagheera durante il loro viaggio, lasciano spazio a sguardi profondi e paesaggi mozzafiato, che introducono lo spettatore sempre di più nella narrazione, creando una piacevole immedesimazione. Ci sono molti spezzoni d’azione vera e propria, di inseguimenti, catastrofi naturali e cadute nel vuoto. Dunque, nell’insieme, né il finale né nessun’altra parte del film è scontata o prevedibile.
La sfumatura in più è data proprio dalla nuova luce con cui si legge la storia di Mowgli.
Mowgli è l’unico essere umano che fa parte della giungla, ma la giungla non è un posto per gli uomini, ha delle sue leggi, dei suoi antichi codici da rispettare, che il regno dell’uomo non può comprendere, qui è la natura a parlare. Qui le diverse razze di animali riescono a convivere e ad essere tutti parte di un unico equilibrio, regolato proprio dalle distinzioni e dai della catena alimentare. Ad alterare questo equilibrio è un cucciolo d’uomo, cresciuto in un branco di lupi, che prova ad emulare il comportamento del branco per farne parte totalmente. Ma una minaccia incombe sulla sua vita, in particolare, e su quella di tutti i lupi, la tigre Shere Khan. Sherkan oltre ad essere il predatore più pericoloso della giungla è anche il più ostile all’uomo, che in passato gli procurò una grave ferita all’occhio. Così, la guerra fra la tigre Shere Khan e Mowgli, sembra essere una battaglia più grande fra la natura violenta, impetuosa, ostile e selvaggia, da un lato, e la possibilità dell’uomo di convivere con quest’ultima, rispettandone l’integrità e non distruggendola. C’è un modo in cui Mowgli potrebbe facilmente sconfiggere Shere Khan, con il fiore rosso (il fuoco), simbolo della superiorità dell’uomo sull’animale, ma ciò significherebbe imporre la propria legge, opprimere e non vincere veramente la battaglia. Mowgli riesce a battere Shere Khan usando i lati buoni della superiorità dell’uomo, l’ingegno e la furbizia, non la cieca violenza.
Tutte le scene sono dinamiche e verosimili, poiché realizzate attraverso una tecnologia di progettazione 3D che sovrappone le immagini virtuali alle riprese reali di attori. Nonostante siano interamente realizzate in uno studio cinematografico, attraverso i computer, sembra davvero di trovarsi nella giungla indiana e in questa incantevole storia.
Francesca Rybcenko