Secondo le affermazioni del Presidente dell’Inps (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), Tito Boeri, i giovani nati nei c.d. Anni ’80 rischiano di andare in pensione a settantacinque anni, o peggio, di non vedere mai l’assegno previdenziale. È un quadro disastroso quello presentato, ad oggi, nelle previsioni aventi riguardo al 2050, anno in cui i nostri trentenni avrebbero non meno di settant’anni.
La situazione nel dettaglio
Innanzitutto il rischio di povertà si è trasferito dagli anziani ai giovani: secondo l’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il 15% dei giovani trai 18 ed i 25 anni è sotto la soglia di povertà; inoltre, secondo a quanto si apprende dai dati Inps, la pensione di chi è nato nel 1980 sarà inferiore del 25% rispetto ad un pensionato dell’anno corrente. Ancora, per i nati nel 1980, nel 60% dei casi sarà impossibile accedere alla pensione prima dei settant’anni.
Dulcis in fundo, questa degradante ipotesi è anche frutto di una supposizione ottimistica, ossia che il Pil (prodotto interno lordo) crescerà dell’1,5% annuo. In poche parole, i trentenni andranno in pensione a settant’anni, o forse non ci andranno mai, a patto che il Pil cresca di un punto e mezzo percentuale annuo, altrimenti staranno anche molto peggio di questa “fiduciosa” congettura.
“La busta arancione” dell’Inps
Sette milioni di lavoratori del settore privato riceveranno, tramite posta, una busta arancione: trattasi di una campagna informativa dell’Inps, Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, rivolta a tutti quegli iscritti e quelle iscritte che non hanno ancora attivato i codici per accedere al simulatore della pensione futura disponibile dal 2015 sul sito dell’Inps.
La busta conterrà tre informazioni essenziali:
- l’estratto conto dei contributi maturati sino ad oggi: con siffatto metodo i lavoratori potranno segnalare eventuali anomalie;
- l’indicazione della prima data utile per ottenere il diritto alla pensione, con una stima dell’importo dell’ultima retribuzione ed il rapporto tra l’ultima retribuzione ed il primo assegno; di conseguenza la simulazione del primo assegno;
- una stima teorica sui contributi futuri calcolati in base all’attuale lavoro.
Le categorie che riceveranno, per ora, la busta arancione sono quelle dei lavoratori dipendenti, anche domestici, dei lavoratori autonomi, come commercianti ed artigiani e delle gestioni separate. Piccola curiosità è il perché del colore della busta: nei c.d. Anni ’90 la Svezia aveva promosso un’iniziativa simile adoperando la busta arancione. L’Italia, dunque, s’è ispirata al modello scandinavo.
Gli italiani destinatari della simulazione potranno, così, calcolare se rischiano una consistente perdita del tenore di vita durante la terza età e se hanno bisogno, fin da subito, di costituire una rendita “di scorta”, che sia con fondi pensione piuttosto che con un piano di risparmio personalizzato.
La critica
Muovendo in direzione di un’analisi – scevra da considerazioni politiche – del contesto attuale si rileva una certa perplessità da buona parte della critica giornalistica e politica. Difatti, sono non pochi i dubbi sollevati in merito alla questione “busta arancione”. Innanzitutto, non è chiaro il motivo di questa campagna, essendo possibile consultare personalmente e singolarmente il sito dell’Ente di previdenza e calcolare l’ipotesi di importo del proprio assegno pensionistico.
D’altro canto, l’incertezza e l’instabilità della situazione economica attuale rendono fallaci qualsiasi possibile ipotesi di previsione futura, nondimeno trentennale. Inoltre, i dati contenuti nelle buste arancioni si baseranno sulla succitata ottimistica previsione di un aumento del Pil di un punto e mezzo percentuale annuo, quindi totalmente fuorviante rispetto alla condizione corrente. Ancora, data la precarietà e la contingenza del sistema lavorativo privato, appare impossibile prevedere le circostanze future di un’intera generazione di lavoratori. Su questo punto, ci sembra calzante l’affermazione di un noto giornalista italiano, Mario Giordano, che ha definito la campagna della busta arancione come “chiromanzia previdenziale”.
In conclusione, ci si chiede se vi sia una pratica utilità dell’iniziativa, assodato che i costi per la Pubblica Amministrazione ammontano a 3,5 milioni di euro.
Samuele De Giorgio
Fonti media