Situata sulle coste della Tripolitania a circa 130 km a sud-est di Tripoli, Leptis Magna potrebbe essere definita come un’immensa Pompei libica per la sua rilevanza storica e certamente è da considerare come una delle meraviglie archeologiche che meglio è riuscita a resistere al trascorrere del tempo, complici le sabbie del deserto che hanno seppellito la città e l’hanno preservata per duemila anni circa. La sua storia è indissolubilmente legata alla figura dell’imperatore romano Settimio Severo (193- 211 d.C.), originario di Leptis Magna, ma in realtà le sue radici si innestano in un passato ben più remoto.
Leptis Magna: dalle origini fenicie alla conquista araba
Alle migrazioni dei Fenici verso l’Africa nei primi secoli del I millennio a.C. si deve la fondazione della città in un punto delle costa africana estremamente favorevole per i commerci. Per secoli, pur autonoma sul piano amministrativo, fu soggetta all’egemonia economica di Cartagine, fino al 146 a.C, anno della distruzione della città. In seguito a questo evento Leptis Magna rientrò sempre più nella sfera di influenza dei Romani, fino ad essere inclusa nella provincia d’Africa sotto Tiberio. Alla fine del II sec. d.C., conseguentemente ad un processo di graduale integrazione delle élite provinciali e quella romana, riuscì a prendere il potere Lucio Settimio Severo, primo imperatore africano che ebbe notevole cura della sua città natale, rendendola uno dei centri urbani più ricchi e sfarzosi dell’Africa romana. Tuttavia tale splendore era destinato a svanire qualche secolo dopo: nel 439 fu conquistata e distrutta dai Vandali capeggiati da Genserico; venne poi saccheggiata nel 523 dai Berberi e conobbe una leggera ripresa solo dopo la riconquista bizantina con cui venne annessa all’impero romano d’Oriente. Nel 650 ormai, quando cadde sotto il dominio arabo, non era altro che un centro in decadenza e quasi completamente abbandonato.
I capolavori dell’architettura urbanistica
I saccheggi e le distruzioni subite dalla città non hanno però impedito che una consistente quantità di rovine, splendidamente conservate, potessero giungere sino a noi. Il principale impulso all’abbellimento architettonico del sito proveniva dall’evergetismo degli imperatori romani oppure di potenti famiglie locali intenzionate ad affermare il proprio prestigio, tra cui i Tapapi, di cui si legge nelle iscrizioni rinvenute. Gli edifici che colpiscono per la loro monumentalità e quelli forse più famosi sono il teatro, l’anfiteatro, il mercato, l’arco di Settimio Severo.
Il teatro fu costruito nel I sec. d.C. grazie ai finanziamenti di nobili locali e costituisce uno dei più splendidi teatri del Mediterraneo ed è il secondo per dimensioni in Africa. Originariamente doveva essere presente un palcoscenico in marmo e il fondale architettonico della scena doveva essere costituito da tre ordini di colonne, decorate con sculture raffiguranti divinità o imperatori di cui restano degli esemplari oggi. Una possibile ricostruzione dell’aspetto originario del teatro può essere osservata qui.
Alla stessa epoca risale l’anfiteatro, realizzato su iniziativa dei Tapapi sfruttando una depressione naturale e meravigliosamente incorniciato dall’intenso blu del mare che incontra il cielo. Poteva accogliere circa 16000 spettatori: la sua capienza era quindi di poco inferiore a quella dell’anfiteatro pompeiano In esso avevano luogo sia gli spettacoli dei gladiatori ma anche le esecuzioni pubbliche, durante le quali i condannati erano mandati ad bestias.
Al 9 a.C. invece risale il mercato, ricostruito poi in epoca severiana. Esso era originariamente composto da due padiglioni ottagonali, circondati da un porticato rettangolare con colonne tonde e angolari. Il padiglione orientale probabilmente era destinato al commercio dei tessuti e qui è stata ritrovata una tavola di pietra recante incisioni delle principali unità di misura del tempo, fra cui il braccio punico, il piede romano o il braccio alessandrino. La funzione dell’altro padiglione resta dubbia. Anche di questo monumento sono state elaborate ricostruzioni che ci consentono di comprendere come allora i padiglioni fossero ambienti coperti. Il mercato costituiva il cuore della vita economica di un centro urbano che fondava la sua ricchezza sul commercio marittimo assieme al porto, oggi in parte sommerso sotto la sabbia. Di esso però restano rovine di edifici adibiti a magazzini e le fondamenta del faro, nonché parte del molo.
L’edificio forse più spettacolare e meglio conservato, grazie a ingenti opere di ricostruzione, è l’arco fatto erigere da Settimio Severo durante il suo viaggio in Africa nel 205. È costituito da quattro pilastri, affiancati all’esterno da colonne corinzie, che definiscono quattro archi e reggono una cupola, coperta da un imponente trabeazione. Consistenti sono le decorazioni marmoree che ricoprono le facciate esterne e interne dei pilastri, raffiguranti scene che alludono alle imprese dell’imperatore.
L’abbondanza di ritrovamenti non può essere facilmente sintetizzata e questa è solo una selezione delle magnifiche opere che è possibile ammirare a Leptis Magna. Tra queste vanno ricordate il Foro Vecchio, il Foro Severo o Foro Nuovo, le Terme di Adriano, la Basilica Severiana, il Circo.
L’arte del mosaico
Il fascino intramontabile di questo sito archeologico non risiede solo nella vasta quantità di edifici pubblici conservati ma anche nella magnificenza di alcuni mosaici ritrovati nella città e in aree limitrofe. Nel sobborgo della città a ridosso del porto è stata ritrovata una villa, detta Villa del Nilo, per le numerose rappresentazioni musive a tema nilotico: spicca il mosaico che orna il pavimento del frigidarium, il cui protagonista è un uomo in groppa ad un ippopotamo che regge una cornucopia, evidente personificazione del Nilo e della sua abbondanza; sul lato opposto del mosaico figurano uomini a petto nudo, sacerdoti del culto di Iside, che conferiscono una connotazione sacrale al fiume egiziano.
Proprio l’immagine dell’abbondanza rappresenta appieno il sito di Leptis Magna, un sito che nasconde sempre nuove sorprese e il cui valore va riconosciuto e protetto nel momento di forte crisi che sta attraversando la Libia.
Federica De Turris