Ursa è l’album che segna il ritorno dei Novembre, un nome che ha segnato la storia del metal italiano, in particolare modo di quel mondo più introspettivo e immerso in quell’abisso scuro fatte di emozioni non sempre colorate, anzi.
Questo nuovo capitolo della storia dei Novembre è composto da 10 tracce, a dire di Carmelo Orlando, leader del gruppo, queste canzoni escono fuori da questi anni, gli anni della maturità. Si in questi anni Carmelo Orlando e Massimiliano Pagliuso sono cresciuti e ne hanno fatto di strada e nello studio di registrazione di quest’ultimo hanno dato forma a ciò che in questi nove anni ancora non ne aveva, con il mastering del sommo Dan Swano e le liriche di Carmelo, Ursa è la risposta che tutti si aspettavano dai Novembre.
Riff solidi, potenti, forse meno prolissi in confronto ai precedenti album ma che non perdono mai il mordente e gli arpeggi di chitarra distorta accompagnano perfettamente la voce di Carmelo, ora più pulita e melanconica ora in growl per esprimere la rabbia e altra rabbia, perché in certi momenti non ce n’è mai abbastanza.
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Australis
https://www.youtube.com/watch?v=HKwywdKQR5M%20
Ad aprirci le porte è Australis, eccolo il mare, un vecchio amico che torna e ritorna nel mondo dei novembre, una chitarra che saltella, e che ci ricorda molto bene i tempi di Novembrine Waltz, cresce e poi ecco aprirsi la canzone, un riff deciso e con l’andamento tipico dei Novembre. Il pezzo non annoia e si evolve gradualmente lungo tutti i sette minuti, quasi otto, fino ad arrivare ad cambio tempo e anche un cambio di riff che apre le porte al cantato growl di Carmelo, pochi versi ma buoni, e poi ecco l’assolo che culmina in una solo nota più acuta. Dopo la tempesta di note ecco che il prezzo riprende in un crescendo di doppio pedale, arpeggi, e risonanze tipiche di Materia e Novembrine waltz.
Agathae
Agathae è il pezzo che ha avuto una gestione lunga quasi vent’anni, tenuta nel cassetto dai tempi di Wish I could dream it again, è fatta di cambi tempo netti e sferzate che dividono nettamente il pezzo il 4-5 parti e blasting puramente deathmetal che ricordano difatti i primi Novembre per poi sfociare in quelle parole che sono di The dream of the old boats; Sì perché Agathae in realtà ne è la madre che ha aspettato tutti questi anni per uscire fuori ma ne è valsa la pena. In realtà questa suite parla della santa protettrice di Catania, ovvero Sant’Agata e del trafugamento delle sue reliquie poi recuperate dai crociati. Agathae è quindi idealmente un omaggio alla città che ha dato i natali ai Novembre.
Oceans of Afternoons
Canzone abbastanza diversa è invece “ocens of afternoons”, che con le sue rime e le sue musicalità più lente è la parentesi più “””soft””” di tutto Ursa, bellissimo il sax finale riproposto molto bene live dalla chitarra solista di Massimiliano Pagliuso. L’attuale formazione difatti si regge sul binario Pagliuso-Orlando e su tre new entry live ossia Carlo Ferilli alla batteria, Giuseppe Ferilli all’altra chitarra e Fabio Fraschini al basso, quest’ultimo ha anche partecipato alle records sessions insieme a David Folchitto per le parti di batteria. Da segnalare anche la partecipazione di Nystrom (Katatonia) su “Annoluce”.
Ursa
Ursa è in realtà l’acronimo di “Union Des Republiques Socialistes Animales”, titolo che si rifà al mondo orwelliano in quanto si sarebbe dovuta chiamare così l’edizione francese della fattoria degli animali. Le tematiche trattate in questo album sono incentrate anche sul mondo contemporaneo, sulla realtà che stiamo attualmente vivendo e i testi fra le righe ci ricordano di come mai come in quest’epoca di cambiamenti e interrogativi George Orwell e i suoi scritti siano attuali. A proposito di ciò è davvero rappresentativa la citazione presente in “Umana”, ossia:
The crisis – is a crisis in consciousness, a crisis that cannot any more accept the old norms. Man is still, as he was, brutal, violent, aggressive, competitive, and he has built a society along these lines (Jiddu Krishnamurti, 1966)
In sintesi finale l’album Ursa è IL ritorno, un altro capitolo di una storia che in realtà non si era mai conclusa, da riascoltare più volte per assaporarne ogni sfumatura e che per ora è uno fra i migliori album metal del 2016.
Vincenzo Marino