Una delle istituzioni dell’heavy metal decide di dire addio: i Manowar, con un recente comunicato, hanno annunciato la loro volontà, dopo 36 anni di onorata carriera, di ritirarsi dalle scene. La band statunitense è rappresenta l’ultima defezione, in ordine cronologico, di un panorama rock e metal che, uno dopo l’altro, sta perdendo, o si prepara a perdere, quasi tutti i suoi pilastri: dai Black Sabbath ai Motorhead, fino ad arrivare alle incognite riguardanti il futuro degli AC/DC. Come ogni addio alle scene che si rispetti, il suo annuncio non poteva non essere seguito da quello di un ultimo gigantesco tour mondiale, che andrà a toccare ogni nazione, e che garantirà ad ogni fan dei Manowar l’ultima possibilità di vederli dal vivo.
Manowar: i padri dell’epic metal
I Manowar, fondati da Joey DeMaio e Ross Friedman, meglio conosciuto con il nome di Ross The Boss, nel 1980, sono da considerare i pionieri, se non addirittura i padri, dell’epic metal. Se l’heavy metal classico strizza l’occhio alle sonorità dell’hard rock ed il power metal, con i suoi ritmi incalzanti, è più vicino alla musica classica, l’epic metal rappresenta una via di mezzo: i pezzi della band di DeMaio sono molto cadenzati nel loro incedere, quasi marziali, ma presentano delle linee melodiche molto accentuate, a tratti pompose, che rimandano alle composizioni di Richard Wagner, vera fonte di ispirazione dei Manowar e, sempre secondo la band, vero fondatore dell’heavy metal.
Il gruppo, forte anche del cantato aggressivo, ma a tratti quasi lirico, del frontman Eric Adams, si proponeva, negli anni ’80, come apripista di un genere nuovo e mai sentito prima, che ben presto seppe conquistare moltissimi consensi nella critica e nel pubblico. Grazie ad album come Battle Hymns, Sign of the Hammer e Fighting the World, la band inizia ad essere sempre più conosciuta ed apprezzata dai metalheads di tutto il mondo, ma è con Kings of Metal che i Manowar realizzano il vero e proprio salto di qualità: il disco, forte di pezzi come Heart of Steel, Hail and Kill, la stessa title track e Wheels of Fire, verrà considerato il e proprio capolavoro del combo americano.
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Un gruppo amato e odiato allo stesso tempo
Sin dai loro esordi, i Manowar si sono distinti, oltre che con la loro musica, con un’attitudine ed un look molto aggressivi: se il monicker ed i testi dei loro pezzi rimandano continuamente a tematiche come la guerra, le morti eroiche, il Valhalla, con continui riferimenti alla mitologia norrena, anche il loro modo di stare sul palco è allineato con il loro stile. Se sulle copertine dei loro dischi compare un guerriero fiero e muscoloso, una sorta di Conan il Barbaro con pantaloni e gilet di pelle, anche il look dei Manowar si ispira a questo clichè: basta dare uno sguardo a qualsiasi foto della band per vedere quattro uomini nerboruti, in abiti di pelle, e con i muscoli in bella vista. Come se tutto questo già non bastasse a renderli immediatamente riconoscibili, aggiungete a tutto questo un ingresso sul palco a bordo delle loro Harley Davidson e la volontà di suonare a volumi estremamente alti e vi renderete conto di come i Manowar possiedano ogni caratteristica del metallaro medio, ma elevata all’ennesima potenza.
Il “Vero Metal” che si dimostra fedele allo stile del classico Heavy Metal. Non è annacquato. Non si è infighettato. Non si è rammollito. Viene suonato dal cuore, al 100 per cento.
Queste che vedete riportate sono le parole di Joey DeMaio, e rappresentano un’altra delle caratteristiche del gruppo: il definirsi portatori del True Metal, una sorta di genere puro e privo di contaminazioni che, a detta dello stesso DeMaio, avrebbero finito con il comprometterne la qualità. Il solo mettersi su un piedistallo causò attacchi da parte di critica e pubblico, e quando lo stesso bassista e leader del gruppo iniziò a rilasciare dichiarazioni al vetriolo su altri gruppi, il polverone non potè che ingigantirsi: dal Nu Metal, definito musica di pessima qualità, ai Metallica, scherniti come “gruppo country”, fino agli attacchi continui ai nemici del Vero Metal, che, a conti fatti, erano identificabili in tutti coloro che disprezzavano i Manowar.
Hail to the Kings
Ciò di cui vi abbiamo parlato ha avuto due conseguenze: la nascita di continue polemiche su qualsiasi attività del gruppo, accusato anche di avere simpatie naziste, e, in contrapposizione, la creazione, nei fan del gruppo, di un fortissimo senso di appartenenza. Possano piacere o meno, i Manowar rappresentano una delle oramai pochissime band capaci di radunare grandi folle ad un loro concerto, e la loro fanbase rappresenta quanto di più solido si sia visto in ambito rock e metal, tanto da essere definita Legion, sempre per rimanere in tema bellico.
In conclusione, nonostante il tempo sia trascorso anche per il combo di New York, rendendo strano vedere quattro signori di 60 anni, strizzati in pantaloni e gilet di pelle, suonare ancora a torso nudo, nonostante le tematiche trattate siano sempre le stesse da quasi 40 anni, e nonostante il fatto che sia stato al centro di mille polemiche, i Manowar rappresentano una delle metal band per eccellenza, capaci di creare dal nulla un movimento musicale, che sarà il terreno fertile in cui nasceranno i vari Rhapsody of Fire, Blind Guardian, Hammerfall, fino a gruppi come i Candlemass, che, nei loro pezzi, inseriranno molti elementi epici.
I Manowar sono un gruppo che si ama o si odia, senza vie di mezzo, ma sono stati un gruppo capace di creare dischi di livello assoluto, di portare il metal ad un nuovo livello, e di incarnarne ancora oggi una delle forme più classiche e prive di contaminazioni. Joey DeMaio e compagni appartengono a quella generazione di musicisti cresciuta negli anni ’80, che ha visto esprimersi i talenti più fulgidi del rock e del metal; questa generazione sta oramai arrivando al capolinea, e noi non possiamo non prenderne atto, ma con un profondo senso di tristezza.
Claudio Albero