Incredibile come poco prima di compiere soli 22 anni, Alberto Moravia abbia dato alla luce il suo primo romanzo, definito dalla critica la sua opera migliore.
Si tratta de “Gli Indifferenti”(1929), romanzo che riscosse un successo commerciale straordinario (ben cinque edizioni in pochi mesi!) dovuto certamente alla convergenza dell’elemento più banalmente scandalistico con la “forza d’urto”, prodotta da una scrittura e un linguaggio che mimavano perfettamente il motivo dominante del romanzo: l’indifferenza.
“Quel che colpiva in questo suo primo romanzo era la convergenza d’un contenuto ostensivamente immorale e squallido con un’espressione secca e sbrigativa, anch’essa disadorna e impoetica”[1]
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Riconoscersi “sotto la penna”
Moravia stesso confessa che pur non essendo il suo primo esperimento letterario, rappresenta la prima opera in cui riesca a riconoscersi davvero “sotto la penna”:
“Prima de Gli Indifferenti avevo scritto parecchio ma senza aver mai la certezza di incontrare me stesso sotto la penna. Avevo scritto molte poesie, novelle e persino un paio di romanzi. Si trattava nella grande maggioranza di imitazioni da questo o quest’altro autore di cui via via mi infatuavo.” [2]
Gli Indifferenti: tragedia moderna?
Nell’ ”Uomo come fine”, importante chiave di lettura del romanzo, Moravia rivela il suo progetto originario riguardo l’opera: comporre una tragedia moderna attraverso la forma romanzo.
Per il giovane autore la tragedia è “l’apice dell’arte”e, di conseguenza, la struttura del romanzo deve ispirarsi a quella teatrale.
Ben presto, però, si renderà conto dell’impossibilità dell’esistenza della tragedia nella modernità.
Tale impossibilità è dovuta alla totale assenza del sacro (ovvero la dissoluzione di tutti i valori), ostacolo insuperabile che gli impedirà di concretizzare la sua iniziale intenzione.
Ne Gli Indifferenti, infatti, è raccontata l’impossibilità della tragedia di esistere:
“Mi si chiariva dunque l’impossibilità della tragedia in un mondo nel quale i valori non materiali parevano non aver diritto di esistenza e la coscienza morale si era incallita fin al punto in cui gli uomini, muovendosi per solo appetito, tendono sempre più a rassomigliare ad automi . [3]
Un’impostazione teatrale
Tuttavia la struttura e l’impostazione del romanzo appaiono esplicitamente teatrali. e Moravia sembra rispettare a pieno le famose unità aristoteliche della tragedia: unità di luogo, di tempo e di azione:
“Un romanzo con pochi personaggi, con pochissimi luoghi, con un’azione svolta in poco tempo. Un romanzo in cui non ci fossero che il dialogo e gli sfondi e nel quale tutti i commenti, le analisi e gli interventi dell’autore fossero accuratamente aboliti in una perfetta oggettività” [4]
Uno sguardo alla trama e ai personaggi
Quella de Gli Indifferenti è la storia di una famiglia borghese romana, ambientata alla fine degli anni ’20 del Novecento.
L’azione si incentra su quattro figure: Mariagrazia Ardengo, appartenente ad un’agiata borghesia, vedova con due figli, Carla e Michele, da anni l’amante di Leo Merumeci.
Leo è un uomo ricco, sicuro di sé, cinico, amorale (rispecchia il prototipo del fascista) che, stanco di Mariagrazia, corteggia la giovane Carla che cede alle sue manovre di seduzione e inizia con lui una relazione clandestina, nell’illusione di riuscire a cambiar vita (una vera ossessione per Carla) e porre fine al clima stagnante della famiglia e al ripetersi di rituali che celano falsità e corruzione.
Tuttavia, nella scena finale del ballo in maschera, dopo aver accettato la proposta di matrimonio di Leo, Carla realizzerà che nulla nella sua vita è cambiato anzi, tutto è peggiorato e scoprirà, suo malgrado, di essere diventata uguale a sua madre.
Oltre la trama…
Apparentemente sembrerebbe la trama di un romanzo ottocentesco, ma in realtà il romanzo de Gli Indifferenti è espressione del declino morale della classe borghese durante il periodo del fascismo.
Sanguineti, infatti, in un saggio su Moravia, sostiene che la borghesia del romanzo viene svuotata da ogni dimensione etica.
Quello de Gli Indifferenti è un mondo arido e soffocante, a cui Moravia guarda con lucido disprezzo, disincantata crudeltà, senza però riuscire, nel suo pessimismo, a scorgere alternative.
Questo disgusto per la borghesia fascista sembra essere assolutamente istintivo in Moravia.
Durante la sua formazione da autodidatta si avvicinerà alla filosofia esistenzialista di Sartre, alla psicoanalisi e al marxismo ( che fu per Moravia uno strumento conoscitivo, senza mai aderire all’ideologia comunista). Affiancò, così, questa sua istintiva propensione ad un sapere vero e proprio.
Del connubio tra questi due elementi si nutrirà soprattutto il racconto breve Agostino.
Il realismo critico e biologico
Secondo Ferroni, Moravia avrebbe un’istintiva vocazione moralista evidente soprattutto dai titoli delle sue opere: essi sono astratti e rimandano spesso a sentimenti; infatti se l’indifferenza consiste nel non riuscire a provare niente, La noia (una delle opere più significative dell’autore) nasce dall’aver provato tutto.
Ferroni ha parlato dello stile di Moravia utilizzando l’espressione di “realismo critico” facendo riferimento allo stretto legame dell’autore con le vicende storiche della sua epoca e alla sua capacità di riuscire a mettere a nudo tutti i meccanismi sordidi dei personaggi.
Il suo realismo è stato definito anche “biologico” perché i suoi personaggi sembrano essere animati unicamente da sue elementi: il sesso e il denaro.
Chi è l’indifferente?
Al personaggio dell’inetto si sostituisce l’indifferente.
Mentre l’inetto, pur essendo affetto da incapacità di agire, non era immune dal vivere grandi passioni, l’indifferente, in preda ad una forma di apatia, è colui che non riesce a provare nessun’emozione o sentimento autentico.
Nulla lo tange, ogni sentimento lo attraversa senza produrre in lui alcun tipo di reazione:
“tutti i dolori e le gioie passavano come ombre senza lasciare traccia” [5]
Michele: personaggio fuori dal coro
Michele è l’indifferente per eccellenza; si tratta del personaggio più sofferente perché è l’unico ad essere ancora portatore di valori ma, non riuscendo a trasformare il pensiero in azione, non è esente da colpe.
Il suo non agire, la sua impotenza e la sua indifferenza non possono sfociare se non in un’integrazione ai rituali borghesi che lo rende partecipe allo sfacelo della sua classe.
Michele, però, a differenza degli altri personaggi, ha la coscienza della negatività della sua condizione ma è paralizzato e non riesce in nessun modo a cambiare lo stato delle cose; essendogli preclusa l’azione, non gli resta che sognare un mitico mondo passato, in cui era possibile avere un rapporto immediato con la realtà, essere “tragici e sinceri”.
Michele somiglia ad un personaggio pirandelliano perché indossa una maschera e sperimenta il vuoto dell’esistenza: vorrebbe provare sdegno, ira, amore; vorrebbe smascherare tutte le ipocrisie a cui assiste ma rimane immobile. Proprio perché rimane sempre sulla soglia, sul punto di fare qualcosa ( per poi non farla) non può essere definito un personaggio tragico; per esserlo dovrebbe oltrepassare la soglia, agire per poi precipitare.
Il grandissimo merito di Moravia
Con Gli Indifferenti, Moravia, in un momento di profonda crisi epistemologica (cioè che riguarda la teoria della conoscenza) in cui, soprattutto in Italia, il romanzo sembrava lasciare il posto alla prosa d’arte, soggettiva, evocativa e lirica, è riuscito a costruire le basi di un realismo nuovo, diverso da quello di tipo ottocentesco.
Curiosità
Su Gli Indifferenti è stata prodotta da Ciro Ippolito e diretta da Mauro Bolognini, una miniserie televisiva nel 1988 per il mercato televisivo italiano e britannico (con il titolo A Time of Indifference), ed è stato realizzato un film diretto da Francesco Maselli nel 1964:
Claudia Monti
Fonti
[1] S.Battaglia, La narrativa di Moravia e la definizione della realtà, in “Le ragioni narrative”, II (1961), 8-9, p.96.
[2] Alberto Moravia, Ricordo degli Indifferenti, in L’uomo come fine, Milano, 1964, p.62.
[3] Alberto Moravia, Ricordo degli Indifferenti, cit., p.65.
[4] Alberto Moravia, Ricordo degli Indifferenti, cit., p.63.
[5] citazione tratta dagli Indifferenti
https://www.youtube.com/watch?v=BvePgklazn4
http://www.lacooltura.com/2016/05/moravia-la-noia-psicanalisi-marxismo/