Un viaggio a nord di Napoli, oltre la periferia anonima, alla scoperta degli ultimi territori di coltura di un vino raro e nobile: l’Asprinio.
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Asprinio da scoprire
Mano a mano che la periferia nord scompare lungo l’asse mediano in direzione di Caserta, e tutti i non luoghi vengono inghiottiti nello specchietto retrovisore, si compie un viaggio iniziatico. L’inquinamento urbanistico e il degrado ambientale che hanno lasciato posto a radi brandelli di campagna sfuggiti alla costruzione di quella terribile periferia senza centro che è l’area nord, sembrano arretrare e lasciare che il verde delle vigne e dei pioppeti si ricomponga e trovi un senso rurale, creando la campagna dei briganti e della Terra di Lavoro.
Qui, inizia l’agro aversano. Quella che Carolina Bonaparte di stanza ad Aversa descriveva in una lettera come “Une terre promise” affascinata dalla coltivazione di vitigni ben più alti di quelli che siamo abituati a immaginare. La vite da Asprino o Asprinio, vino che ha ricevuto la categoria DOC nel 1993, infatti, è un tipo di coltura unica e che rende il paesaggio fortemente caratterizzato dalla sua presenza.
Terre d’Asprinio
Detta “maritata”, la coltura della vite da Asprino è antichissima. Conosciuta già in epoca etrusca e riscoperta da Luigi XIII, avviene sostenendo le viti tra gli alberi di pioppo e ciò genera delle “alberate”, cioè, delle pareti di tralci e foglie che un tempo arrivavano anche a oltre 10 metri di altezza e che si estendono a perdita d’occhio fra le campagne dove la coltivazione avviene a piede franco, cioè senza porta innesto.
Questo particolare tipo di coltivazione fa nascere dagli acini bianchi un vino citrino fin dalle prime note, ormai raro che, a seconda della lavorazione, può offrire un’ottima base per trasformarsi in spumante seguendo il metodo Martinotti-Charmat, cioè rifermentato in autoclave.
La Gazzetta Ufficiale ha decretato che le uve di questa speciale coltura possono provenire solo nelle aree comprese fra i comuni di Aversa, Carinaro, Casal di Principe, Casaluce, Casapesenna, Cesa, Frignano, Gricignano di Aversa, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Cipriano di Aversa, San Marcellino, Sant’Arpino, Succivo, Teverola, Trentola Ducenta, Villa di Briano, Villa Literno per la provincia di Caserta; e Giugliano, Qualiano, Sant’Antimo per la provincia di Napoli.
Tempo di tutele
La vendemmia dell’Asprinio avviene durante le ultime due settimane di settembre attraverso l’utilizzo di pertiche e scale lunghe e sottili ad opera di formidabili raccoglitori equilibristi. Il paesaggio unico del vino Asprino ha trovato finalmente il 9 maggio scorso l’istituzione del vincolo di tutela ambientale presso il Consiglio Regionale della Campania per la salvaguardia dell’alberata e della vite maritata.
–La caratteristica che conferisce a questo vino la sua più spiccata peculiarità e da cui prende il suo nome l’Asprino, spiega l’enologo Antonio Palma, è la sua alta acidità fissa, data dagli acidi tartarico e malico, che persistono anche dopo la maturazione degli acini. Ciò lo rende un po’ squilibrato verso le durezze e quindi tradizionalmente poco amato dal palato femminile che in genere predilige vini più dolci. Per quanto riguarda le analisi organolettiche, l’Asprino è un vino fermo dal colore giallo paglierino, con all’olfatto un forte fattore fruttato, di frutta fresca. L’odore è intenso e sale subito al naso. Al gusto è secco con forte freschezza.-
Accompagnare l’Asprinio
Per un’ultima curiosità sull’accostamento fra cibo e Asprinio, viene in nostro soccorso un altro francese rapito dal sapore inconfondibile di questo vino straordinario.
Lo scrittore Alexandre Dumas nelle pagine del Corricolo scrive: “per istruire i miei lettori che non sanno cosa sia l’Asprino di Aversa, dico loro che è un grazioso vinello a metà tra una tisana di campagna e il sidro di Normandia. Con pesce, pasta e Asprino, è possibile preparare da sé una gradevole cena che costa quattro soldi per persona”.
-Tutto corretto, ci conferma l’enologo. Per i più audaci negli accostamenti cibo vino, ormai divenuto tradizione, si consiglia quello con la mozzarella di bufala.
Buon viaggio, dunque, e Prosit!
Marilisa Moccia
Fonte immagini: Google