Mafonso al d2.0 box di Caserta: la pittura dell’essenziale

Mafonso al d2.0 box di Caserta: la pittura dell'essenziale
Mafonso, Vela/Indice PLUS ULTRA, 2001
Acrilico su telo, (12x5m)
Fonte: www.exibart.com

Nel 1991 nel casertano nasceva per iniziativa di Angelo Marino uno spazio espositivo dedicato all’arte, la galleria dirartecontemporanea, chiuso poi nel 2010. Nonostante ciò il promotore non si è fermato e la sua passione e la sua dedizione lo hanno condotto ad elaborare un nuovo progetto al passo con i tempi: si tratta della dirartecontemporanea 2.0 gallery, una galleria virtuale in cui l’opera diventa fruibile da un pubblico vastissimo, da tutti coloro che hanno accesso a internet. Eppure questa piattaforma necessitava di uno spazio complementare, reale e concreto. Perciò Angelo Marino nel febbraio 2016 ha inaugurato il d2.0 box, adibendo il proprio studio di Caserta in luogo dedicato alla promozione artistica, ma anche all’incontro di curatori d’arte, artisti, poeti allo scopo di garantire un proficuo scambio di idee e di iniziative.

Mafonso al d2.0 box: Vela/Indice PLUS ULTRA

Ed è proprio negli spazi del d2.0 box che fino all’11 Settembre 2016 espone l’artista napoletano Alfonso Marino, meglio noto come Mafonso, originario di Frattaminore, ma formatosi nei primi anni Settanta del Novecento tra Roma, Milano e la Svizzera. Sviluppando inizialmente una pittura legata al segno artistico primitivo, esordì nel 1976 con la personale dal titolo Comportamento del segno, organizzata presso la galleria Agenzia d’Arte Moderna di Paolo Sprovieri e Gianni Sanpietro a Roma. Sempre nella capitale italiana alla fine degli anni Settanta fu tra i fondatori del gruppo Cosa Mentale e frequentò gli artisti Festa, Angeli, Schifano presso la Galleria Studio Soligo, avvicinandosi alla Pop-Italiana. Artista molto proficuo, nel corso degli anni si è avvicinato sia alla pittura informale sia alla Transavanguardia, dedicandosi anche alla scultura, ai mixed media e non sottovalutando mai le possibili contaminazioni della pittura con la poesia e la musica.

Mafonso al d2.0 box di Caserta: la pittura dell'essenziale
Mafonso, La statua cieca, 1992
Ciclo di opere
Acrilico + collage su cartone, 22×34 cm ca
Fonte: Angelo Marino

Nella mostra in corso Mafonso ripropone un’opera realizzata nel 2001 dopo gli atroci attentati alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre ed installata nel dicembre di quell’anno nell’emiciclo antistante la Reggia di Caserta, piazza Carlo III. Intitolata Vela/Indice PLUS ULTRA, è una risposta in primis pittorica alla strage, alla brutalità umana. L’artista rifiutò le immagini proprio nel momento in cui i media le confezionavano in gran quantità “bombardando” il mondo e scelse una modalità espressiva essenziale. L’opera è sicuramente un’installazione, un monumento post-tragedia, un telo di grandi dimensioni (13x5m) formato da più teli aggiuntati, ma l’aspetto davvero importante rimane l’intervento pittorico da parte di Mafonso sul telo stesso con il colore chiaro steso a campiture piatte e uniformi. Il supporto poi è di forma triangolare ed assomiglia ad una vela, la quale è capace di convertire l’energia eolica in forza motrice determinando un movimento in avanti, cioè il plus ultra. Il dipinto-installazione non è solo vela, ma anche indice poiché c’è il tentativo di additare una strada nuova per esorcizzare il dolore, la rabbia, il senso di smarrimento suscitati nell’individuo dopo l’attacco terroristico e per superare le differenze tra i popoli che non devono essere viste come qualcosa che divide, ma piuttosto come elementi di unione.

Poesia di Pablo Neruda, fonte di ispirazione per il ciclo La statua cieca di Mafonso, leggibile sullo schermo della televisione installata nel d2.0 box Fonte: Angelo Marino
Poesia di Pablo Neruda, fonte di ispirazione per il ciclo La statua cieca di Mafonso, leggibile sullo schermo della televisione installata nel d2.0 box
Fonte: Angelo Marino

I blocchi bianchi dipinti da Mafonso sono una metafora, rappresentano la molteplicità di popoli e civiltà (con una riflessione in chiave non solo sincronica, ma anche diacronica) che da sempre hanno popolato e popolano il nostro pianeta e che idealmente coesistono senza screzi sul telo. In un contesto pittorico informale l’artista ha inserito anche elementi figurativi, seppur fortemente stilizzati, che si caricano di profondi significati: alla base una testa schiacciata dal peso di millenni di storia dell’umanità, mentre nella parte mediana se ne scorge un’altra di più grandi dimensioni, più fiera e dipinta come se fosse leggermente rivolta verso l’alto ad indicare un positivo superamento. Mafonso non ha rappresentato il dramma, ma con una soluzione minimal ha sospeso l’evento nel tempo rendendo estremamente labili e sfumati i confini tra passato, presente e futuro. Esporre Vela/Indice PLUS ULTRA nuovamente ha significato anche presentare l’opera in una veste diversa:  il telo-vela non è più issato nello spazio pubblico di una piazza, ma adagiato sul pavimento di una stanza e attaccato per un lembo alla parete, nella posizione in cui era quando l’artista vi ha dipinto sopra. L’obiettivo è non tanto presentare il prodotto, quanto l’operazione artistica, tutto ciò che precede il risultato finale. Così il fruitore pur trovandosi davanti un’opera già precedentemente presentata al pubblico la guarda da un punto di vista diverso e più da vicino, esperendola in maniera del tutto nuova.

A fare da ideale completamento vi sono in mostra due acrilici su cartone applicato su tela, nati in concomitanza con Vela/Indice PLUS ULTRA, e nove opere in tecnica mista realizzate dall’artista a partire dal ’92 appartenenti al ciclo “la statua cieca” ed esposte per la prima volta in questa occasione. In esse sono già presenti gli elementi della vela, del blocco monocromo e della testa vista di profilo che si ritrovano nel dipinto-installazione del 2001 a dimostrazione di come Mafonso già negli anni Novanta del Novecento optò per una pittura essenzialmente geometrica, stilizzata nelle parti figurative, minimale nelle cromie, eppure in grado di echeggiare la grande poesia. Infatti, come l’artista stesso ha dichiarato, il ciclo di opere gli fu ispirato da una poesia di Pablo Neruda «che parla di Nascita. Che parla di Fatica. Che parla di Tempo, Tempo, Tempo.» e i cui versi egli ripeteva quando era solo nel suo studio a lavorare. Nello spazio espositivo è installato un televisore sul cui schermo è possibile leggere la poesia proprio in virtù del legame mai rinnegato, anzi ricercato dall’artista tra i vari generi artistici.

Emanuela Ingenito