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Cari mostri: Benni e l’inquietudine del quotidiano
Un interessante esordio verso il genere horror è compiuto da Stefano Benni in Cari mostri, edito nel 2015 per i Narratori Feltrinelli. Un libro di racconti, tipologia tanto amata dall’autore e particolarmente adatto a esprimere tutte le visionarie sfaccettature del suo immaginario, il cui fulcro in questo caso è la più atavica delle sensazioni: la paura.
Ma è Horror?
Spesso colleghiamo il genere a tematiche ben definite e ormai topiche: creature dell’immaginario, riferimenti alle paure ataviche, luoghi diroccati e notturni. Se l’horror si limitasse a questi fattori, ben poche opere potrebbero rientrarvi. Ciò che ci spaventa di più è in realtà la minaccia vicina, il velo dinanzi a una verità terribile. Ci spaventa ciò che ci riguarda.
In questo senso, Stefano Benni rappresenta in pieno la tematica. L’utilizzo dei racconti, ad esempio, si rifà più da vicino alle origini del genere, nato in singole fiabe. Ingrediente fondamentale della categoria sono quei luoghi che creano insicurezza e cosa mai ci crea più insicurezza del mondo in cui viviamo o degli insospettabili percorsi della nostra stessa mente?
Piccole trame per vasti abissi
Il libro consta di 25 racconti che spaziano fra luoghi veri e irreali, con personaggi umani e non ma sempre incredibilmente comprensibili e vicini a noi. Ad esempio, Hänsel@Gretel.com: una fiaba classica ma del tutto attualizzata e, se possibile, ancor più inquietante in questa nuova veste. I temi della paura sono tanti e vari. Cosa sei? è il primo racconto e indaga i demoni nascosti nell’animo umano, particolarmente quando esso rifiuta se stesso. Uno dei grandi mostri è la vaga e indefinita condotta socialmente accettabile, a più riprese indagata e derisa da Benni. Racconti come, ad esempio, Il mercante o anche Candy ci portano ad aver paura degli espliciti pensieri e comportamenti che notiamo ogni giorno. Con racconti come Povero Nos i mostri irreali ci sembrano amici con cui condividiamo ansie e sentimenti, decisamente molto meno paurosi dei mostri reali e, tristemente e squisitamente, umani. Davvero commovente è, infine, L’uomo dei quadri, la storia di un uomo che ha guardato dentro l’abisso di se stesso e ha toccato i nervi scoperti di chiunque l’abbia letto.
Cerchiamo una morale
Indubbiamente è un istinto difficile da tenere a bada quello di dividere continuamente i buoni dai cattivi. Vogliamo distinguere il bene dal male e l’horror, in fondo, ha alle sue origini l’identificare ben nettamente il Cattivo Assoluto, il Diavolo da esorcizzare. Come facciamo, però, quando i confini cominciano a sfumare? Il bene e il male propriamente detti non esistono più, ci sono mostri tutelati dalla società e angeli incompresi. Una morale univoca e definita pare dunque superflua e forse ciò che possiamo imparare in questo caso viene dall’immergersi completamente nel variegato mondo di Stefano Benni che, sottilmente, ironicamente, impregna le storie della sua ardente e dissacrante visione:
Non vedo nessun futuro per il mio paese. Credo che alcuni mostri incravattati lo stiano divorando e che presto verrà l’apocalisse, con le luci giuste e una dolce musica di sottofondo, ma pur sempre un’apocalisse, la resa dei conti della nostra avida insipienza.
Francesca Lomasto