Al culmine di un’estate burrascosa per gli italiani, iniziano a diffondersi temi sufficientemente delicati; si parla di maternità e paternità, di scadenze, clessidre e pericolo del figlio unico. Il comune denominatore sono gli italiani offesi, accusati di non essere buoni cittadini. Si parla di Fertility Day, la nuova trovata del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin.
Ma quella che aveva intenzione di essere una campagna per diminuire la denatalità sta diventando un circolo vizioso di offese gratuite. E se il Fertility Day fosse un Insensitive Day?
Fertility Day: di cosa parliamo?
Il Ministero della Salute ha fornito una data: 22 settembre 2016. Tale giorno, per la prima volta, sarà dedicato all’informazione sulla fertilità umana per limitare il rischio di denatalità – dai dati ISTAT risulta che nel 2014 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 502.596 bambini, quasi 12mila in meno rispetto al 2013. Sono in programma, per la giornata del Fertility Day, corsi ed eventi che coinvolgeranno giovani, insegnanti, famiglie, professionisti e associazioni per
Informare i cittadini sul ruolo della Fertilità nella loro vita, sulla sua durata e su come proteggerla evitando comportamenti che possono metterla a rischio.[1]
Il Fertility Day nasce dal presupposto che sono indispensabili politiche sanitarie ed educative per difendere la fertilità e la salute riproduttiva di donne e uomini.
Quando l’idea “partorita” genera una bufera mediatica
Nonostante le buone intenzioni del Ministro Lorenzin, la diffusione della giornata della fertilità non ha avuto esiti positivi. In molti hanno ritenuto gli slogan utilizzati per pubblicizzarla offensivi e di cattivo gusto. Insomma, la Lorenzin ha consegnato agli italiani delle cartoline dalle vacanze poco cortesi. Le immagini, infatti, parlano da sole; le frasi utilizzate non svolgono esattamente il ruolo informativo che la Lorenzin intendeva.
Lavoro, propaganda, sessismo, psicologia
Di fronte alle frasi di sensibilizzazione e pubblicizzazione del Fertility Day, emergono spontaneamente delle parole chiave adatte a raccogliere le cause delle polemiche. Proviamo ad analizzarle.
Lavoro
Perché gli italiani – soprattutto i “giovani creativi” di una delle cartoline – ritardano l’età per avere un bambino o, ancor peggio, decidono di non averne? Forse Beatrice Lorenzin non ha riflettuto abbastanza sulla questione lavoro. Proteggere la fertilità ricordando che la sabbia scorre al lato opposto della clessidra o puntando il dito verso il figlio unico non è sufficiente. Quanti giovani, in Italia, desiderano far crescere la propria famiglia senza, però, disporre delle possibilità economiche per farlo? Un figlio costa e un contratto precario non è il miglior punto di partenza per poterlo mettere al mondo. Quindi, fra le pecche del Fertility Day, la prima è sicuramente la scarsa attenzione che si dà alla disoccupazione giovanile, argomento che in Italia ha radici molto profonde.
Sessismo
“La bellezza non ha età. La fertilità sì.”; “Datti una mossa, non aspettare la cicogna.” Recitano queste frasi alcune cartoline che si sono guadagnate le critiche delle donne emancipate e desiderose di far carriera. Gli slogan mettono in luce un ruolo femminile che, in teoria, avremmo già dovuto superare da un po’: l’immagine di una donna il cui unico compito è “produrre bambini” non è per nulla legata al mondo contemporaneo – mondo nel quale ruoli maschili e femminili hanno sempre meno una netta divisione ; allo stesso modo, l’idea che la vita di una donna sia completa solo dopo mesi di attesa è del tutto umiliante e stereotipata. La campagna del Fertility Day sembra voler calpestare anni di lotte e di conseguenti diritti ottenuti da parte delle donne.
Propaganda
Più che pubblicizzare la giornata del 22 settembre, le cartoline della Lorenzin fanno propaganda in vecchio stile. Un tuffo nel passato, insomma. Le scarpette avvolte nel tricolore, la fertilità vista come “bene comune”, l’invito ai giovani genitori di essere “creativi” e di pro-creare, sono tutte immagini che sottolineano l’idea di famiglia non come scelta personale ma come dovere di buon cittadino.
Psicologia
Il Fertility Day non tiene conto della libertà di scelta; colpevolizza le donne e gli uomini che non sentono il bisogno di volere un figlio indicandoli come cattivi cittadini; ferisce, inoltre, chi di figli non può averne per motivi fisiologici o economici; commercializza il corpo femminile alla stregua di una campagna di intimo. Discrimina coloro che decidono di non essere padri e madri, coloro che non percepiscono la maternità come uno status ma come un fatto privato. Il Fertility Day ha forse dimenticato che la salute umana non è solo fisica ma anche psicologica?
Concludendo, è doveroso citare una delle critiche più pungenti al giorno della feritlità, la lettera scritta da un gruppo di 30 psicologi di tutta Italia e che ha ottenuto più di mille sottoscrizioni:
pericolosa e depersonalizzante è l’affermazione che si legge in una delle cartoline proposte dalla campagna “la fertilità è un bene comune”, perché NO, la fertilità non è una performance pubblica, è un fatto privato e soggettivo che pertiene una cosa intima, il corpo delle donne è delle donne e il modo in cui decidono di disporne appartiene a loro.[2]
E ancora:
Una campagna paradossalmente contraria, e non a favore, di donne che potrebbero sentirsi in colpa perché è come se disattendessero un’aspettativa naturale, quando forse quell’aspettativa è più culturale di quanto non si creda. Essere madre o padre rappresenta una scelta/un’opportunità, nella stessa misura in cui si è donna e non madre per scelta o per circostanza o uomo e non padre per gli stessi motivi”. [3]
Alessandra Del Prete
Fonti
[1] Ministero della Salute, PIANO NAZIONALE PER LA FERTILITÀ, “Difendi la tua fertilità, prepara una culla nel tuo futuro”. Per maggiori informazioni qui.
[2] LETTERA APERTA ALLA MINISTRA LORENZIN
[3] ibidem