Quisisana: il manicomio nascosto di Benevento

Quisisana: storia e leggenda

Quisisana. La sola parola fa di sicuro venire in mente a tanti il noto grande Hotel di Capri ma, in questo caso, non è del rinomato albergo campano di cui vogliamo parlarvi, bensì di Benevento, di quella che anticamente era più nota come Maleventum, per ovvi e risaputi motivi.

Siamo in terra Sannita, nella città delle Streghe per eccellenza e per antonomasia, uno dei luoghi più conosciuti per storie e leggende di esoterismo, ed è proprio qui che sorge uno storico palazzo dimenticato ed abbandonato : il Quisisana, più correttamente “Qui si sana”  (come è scritto sulla facciata), un vecchio manicomio destinato, nel tempo, a svolgere più funzioni, e riguardo al quale si sono diffuse storie fantasmagoriche forse un po’ romanzate  ma, che comunque rientrano nello scenario misterioso dei segreti del Sannio.

Quisisana
“Qui si sana” – Benevento

Questo palazzo domina su tutta la Valle del Sabato, nasce come residenza dei Gesuiti, per poi finire nelle mani della nota famiglia Torre – Capasso e campeggia sulla città da ben oltre 400 anni dopo essere stato testimone anche dell’Unità d’Italia, passando da immobile di proprietà ecclesiale a scuola materna, da ospedale militare, durante la Seconda Guerra Mondiale, ad ospedale psichiatrico, fino a diventare struttura attualmente abbandonata, alla mercè di coppiette, drogati e senzatetto e niente più che una discarica abusiva di ogni tipo di rifiuto.

Intorno agli anni ’80 sarebbero stati avviati dei progetti di ristrutturazione e riqualificazione del bene ma, i lavori si sarebbero fermati lasciando la struttura all’ aggressione dei vandali.

Definito anche come luogo magico ed enigmatico, il Quisisana è un posto nascosto, che bisogna cercare per trovarlo perché altrimenti non sarebbe facile arrivarci. Non essendo parte della città pubblica, bisogna inoltrarsi per strade interne se lo si vuol scoprire.

Visibile dalla tangenziale Est, in direzione galleria Avellola e dallo Stadio fino a Viale Atlantici, la strada per raggiungerlo è quella che dal quartiere Pace Vecchia dà sulla frazione di Perrillo di Sant’Angelo a Cupolo, attraversando Via Monte Guardia; si percorre un’erta salita verso la cd. Villa dei Papi e, a destra dell’antenna Rai, compare questo sventrato edificio imponente che sembra riecheggiare urla di un lontano passato attraverso entrate e finestre che lo circondano.

Quisisana
Finestre del Quisisana (BN)

Dinnanzi al Quisisana si apre un viale non lastricato che, un tempo, era coperto di pietra e che porta sino all’ ingresso dell’immobile quasi a ricreare un’atmosfera da brivido. Il cancello all’ entrata è come se invitasse a non andare oltre, mentre il fascino del terrore che si lega ad energie remote lì intrappolate, spinge ad inoltrarsi per conoscere ciò che si cela. Tanti sono i curiosi che vi si introducono, soprattutto al buio, quando la notte rende ogni cosa più intrigante!

Ai lati dello stradone che conduce all’ entrata, c’è tanta vegetazione e radura che fa da scudo al palazzo, quasi a volerlo proteggere, avvolgere e nascondere e c’è chi qui andrebbe a sfidare gli ipotetici fantasmi nelle ombre del crepuscolo. Alcuni parlano di energie paranormali, chi racconta di aver sentito le urla di spettri imprigionati, chi ironizza ed esorcizza la paura con una risata leggera ed i più scettici, invece,  credono che sia tutto frutto di menti malate o storie bizzarre create dall’ immaginario popolare per divertirsi o intimorire.

Tuttavia, il Quisisana resta avvolto nel dubbio e nel mistero, luogo su cui tanti ci hanno ricamato storie e leggende di ogni genere, racconti macabri e pieni di aneddoti oscuri.

Si racconta che per ben tre volte questo edificio sarebbe stato sottoposto ad opere di recupero ma che le impalcature sarebbero crollate stranamente al suolo, per cui c’è anche chi sostiene che lì dentro vi si nasconda qualcuno.

Si parla, poi, di un ragazzo morto per essere precipitato giù dall’ ultimo piano, il cui spirito apparirebbe periodicamente e di forze negative registrate da apparecchiature e strumentazioni di rilevazione come il “K2”.

Chi al Quisisana vi è stato, anche solo per dei sopralluoghi, racconta che in questo posto si respira un’atmosfera particolare, un’aria immobile, la sensazione di essere osservati, come se i malati di mente fossero ancora lì a sollevare le loro grida graffianti, i loro pensieri confusi, i loro animi agitati, ansiosi, intrepidi.

Quelle finestre che sembrano inghiottire chi vi guarda all’ interno, in alcune ore del giorno e della notte, secondo vaghe testimonianze, riprenderebbero vita.

I matti, i folli di quel tempo che fu, le anime di chi dal Quisisana non è mai riuscito a sanarsi e venirne fuori, sarebbero lì a fissare dall’ alto, a scrutare la pazzia della modernità, nel silenzio macabro della penombra.

Come un custode di segrete maledizioni, si erge sulla città che lo ignora, come se avesse qualcosa da dire ma di cui la maggior parte dei Beneventani ne da per scontata l’esistenza.

Pasqualina Giusto