Perché la rivoluzione industriale si sviluppò proprio in Europa, e non altrove? Perchè i diritti individuali sono essenziali per l’industrializzazione?
Vera Zamagni, in Dalla Rivoluzione industriale all’integrazione europea (Il Mulino, 2000), ha messo in evidenza i requisiti strutturali che hanno permesso al continente europeo di compiere per primo il salto dell’industrializzazione. Per capire perché la rivoluzione industriale si ebbe in Europa, è importante mettere a confronto – in un arco di tempo che va dal VII al XVIII sec – le tre società agricole più avanzate: la Cina, i paesi arabi e l’Europa. I termini di paragone più importanti individuati da Zamagni sono tre: libertà, giustizia, tassazione.
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Libertà: il volano dell’industrializzazione
Uno dei vantaggi dell’Europa preindustriale rispetto alle altre civiltà, fu proprio la maggiore tutela delle libertà individuali, con una pluralità di istituzioni politiche e culturali che permettevano il formarsi di un sapere critico e una notevole libertà di pensiero. Per questo i paesi europei furono i primi a sviluppare il fondamentale concetto di libertà di impresa che – non senza alcune diffidenze iniziali – permise la nascita e lo sviluppo di un dinamico ceto mercantile. Mentre il regime politico assolutistico della Cina e la tirannide araba soffocavano la libertà di pensiero e di azione, con pesanti conseguenze sullo sviluppo scientifico e tecnologico.
Giustizia e tassazione
Anche in questi campi, la differenza tra l’Europa e le altre civiltà di epoca moderna è significativa. Mentre in Cina la giustizia era demandata all’arbitrio dell’imperatore, nell’impero arabo erano i vari potentati a farla padrone.
Fu Europa che si affermò progressivamente una giustizia impersonale e oggettiva, basta su codici che salvaguardavano principi fondamentali come quello della protezione dei diritti di proprietà. Similmente, la tassazione cinese era pesante e imprevedibile, quella arabo più leggera ma ugualmente imprevedibile. In Europa si andò invece affermando il principio No taxation without representation, che impediva alla monarchia di imporre nuove tasse senza il consenso dei rappresentanti popolari.
Si tratta di conquiste ottenute progressivamente, e non sempre diffusesi omogeneamente in tutti i paesi europei. Non a caso, fu proprio il paese europeo più avanzato in materia di diritti individuali ad avvantaggiarsi rispetto agli altri: la Gran Bretagna. In un processo che affonda le sue radici nel Medioevo, con la Magna Charta che – tra le altre cose – sancì anche il principio dell’habeas corpus. Il confronto sulla tutela dei diritti individuali tra i paesi europei e le altre civiltà, chiarisce perchè in queste ultime non ci fossero i requisiti necessari per il processo di industrializzazione.
Invenzione e innovazione
Si tratta quindi di prerequisiti che sono fondamentali per il decollo industriale e che, significativamente, si riscontravano solo in Europa. Questo spiega anche perché, prima ancora di arrivare alla rivoluzione industriale, l’Europa preindustriale potè godere di una grande superiorità tecnologica rispetto alle altre civiltà; cosa che non mancava di stupire gli Europei stessi all’indomani dei grandi viaggi oceanici. Per questo Rodney Stark si è chiesto:
Perché per secoli gli europei rimasero gli unici a possedere occhiali da vista, camini, orologi affidabili, cavalleria pesante o un sistema di notazione musicale?
Non che le invenzioni fossero a esclusivo appannaggio degli Europei, ma l’invenzione deve essere seguita dall’innovazione; ovvero dall’applicazione di quella determinata invenzione a un processo produttivo o ad altro uso. Basti pensare alla polvere da sparo, conosciuta già da secoli in Cina ma usata solo per fini ludici, mentre gli Europei seppero darle molteplici applicazioni.
Tecnologia e certezza del diritto
Si può quindi concludere che l’Europa seppe sviluppare un ambiente particolarmente favorevole all’innovazione (tecnologica e istituzionale), in special modo dopo l’umanesimo e il rinascimento, perché c’era maggiore libertà e maggiore certezza del diritto, che dava basi più sicure al calcolo economico connesso all’investimento, e forniva più sostegno all’iniziativa individuale da parte dei pubblici poteri (Vera Zamagni, Dalla Rivoluzione industriale all’integrazione europea).
L’innovazione fu fondamentale in particolar modo nelle Prima rivoluzione industriale che non necessitò di “basi scientifiche diverse da quelle già esistenti nell’impero romano”.
Il ruolo dell’Italia
In Italia il processo di industrializzazione fu lento per il declino che aveva colpito la penisola in seguito alle numerose guerre di età moderna. Tuttavia, gli stati italiani diedero un contributo importante per la nascita di gran parte di quelle istituzioni e pratiche economiche (nate fra il XII e il XVIII sec) indispensabili per la rivoluzione industriale. Zamagni ricorda la banca e le pratiche bancarie (come l’assegno, il conto, la cambiale), l’uso della partita doppia, l’assicurazione, la commenda, il servizio postale, la borsa, il brevetto e i codici di commercio. Per questo Pirenne definiva, giustamente, i mercanti come i primi capitalisti.
Ettore Barra