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Pietro Aretino: lo scandalo dei Sonetti Lussuriosi
Pietro Aretino (Arezzo 1492-Venezia 1556) è uno dei più controversi scrittori della sua epoca, conosciuto soprattutto per le sue Opere Teatrali, le Lettere e i Ragionamenti. Dapprima si trasferì a Perugia, come pittore, poi a Roma sotto la corte di Leone X. Alla morte del Pontefice, in seguito alle scandalose “Pasquinate”, fu esiliato e riuscì a ritornare solamente sotto il papato di Clemente VIII. Non facile la sua permanenza dato che, proprio per quei Sonetti Lussuriosi di cui parleremo, fu fatto pugnalare. Troverà la sua libertà artistica e spirituale solo a Venezia, dove fuggì e infine morì.
Un personaggio emblematico
La sua figura artistica è instancabile ed eclettica, sia nella produzione che nelle tracce biografiche. Quest’ultima è fatta di scandali, amicizie con i personaggi più svariati (dai diplomatici di cui era confidente agli artisti coevi), fughe e ritorni. Un artista errante, dove l’aggettivo non intende riferirsi tanto ai grandi eventi o allo stile quanto più alla quotidianità dell’Aretino.
Ritratti dell’autore
Amante dell’estro individuale e spontaneo, lo scrittore ha un rigetto quasi viscerale per le forme canoniche, per il classicismo letterario. Una figura anarchica, ribelle ma soprattutto un uomo che ha amato e alimentato questa immagine di sé. La visione che abbiamo oggi dell’Aretino è quindi influenzata dalla visione che egli aveva di se stesso. Questo certo non ci pone un limite e rientra nella routine di chiunque approcci alla letteratura, questa concezione però era in auge anche fra i contemporanei dell’autore, come si nota anche dall’epitaffio di Paolo Giovo:
Di tutti disse mal fuorché di Cristo,
Scusandosi col dir: non lo conosco
Da qui scaturisce il vero problema: l’immagine che ne è stata tramandata. Spesso è descritto come rozzo, ignorante fra i più aulici colleghi. Le sue opere, in primis i Sonetti, venivano censurate; nei manuali di letteratura è spesso solo accennato. Solo da poco, e con alcuni illustri esempi del passato, come Giovanni De Medici e Guicciardini, è stato rivalutato. Con la rivoluzione dei costumi sessuali nel ventesimo secolo poi, è stata finalmente presa in esame la sua più censurata opera: I Sonetti Lussuriosi.
Un percorso difficile
In principio fu Giulio Romano: lui fece quei primi disegni licenziosi da cui poi Marcantonio Raimondi ricavò le sue calcografie, tutte perdute tranne una. La sfortuna di queste opere è emblematica dello scalpore che suscitarono in quegli anni: un successo enorme direttamente proporzionale allo scandalo. Com’è presupponibile, Raimondi fu arrestato e scarcerato poi solo grazie all’intervento di Pietro Aretino.
Da qui nasce la raccolta di sonetti che tanto fu discussa e che portò addirittura il vescovo Gianmatteo Giberti a commissionare un fallito tentativo di omicidio dello scrittore. Oggi l’opera ci arriva frammentaria, pubblicata in edizioni per lo più non critiche, con una suddivisione fra le poesie propriamente dell’Aretino e quelle apocrife!
Una domanda irrisolta: perché?
Se suscitò tanti problemi già al calcografo, perché Pietro Aretino decise di scrivere i Sonetti Lussuriosi? Egli stesso afferma:
mi venne volontà di veder le figure […]e vistole, fui tocco da lo spirito che mosse Giulio Romano a disegnarle. E perché i poeti e gli scultori antichi e moderni sogliono scrivere alcuna volta per trastullo dell’ingegno cose lascive […] ci sciorinai sopra i miei sonetti, la cui lussuriosa memoria vi intitolo con pace degli ipocriti […]
Puro anelito artistico, dunque. Un richiamo dal mondo classico e moderno. Le ipotesi sono tante quanto sono poche le notizie su quest’opera. Eppur sembra di vederlo, Pietro Aretino, voler dar sfogo alla sua ispirazione stimolato all’idea di uscir nuovamente dagli schemi, lontano dai perbenismi. Il suo spirito anarchico e il suo inseguire un’anelata libertà sono i suoi tratti distintivi, uniti, forse, alla sensazione che a lui in fondo tutto fosse concesso.
I Sonetti Lussuriosi
La raccolta è stata definita anche il manuale d’amore occidentale. Una definizione, questa, applicabile più facilmente a testi come l”Ars Amandi” ovidiana ma che scaturisce dalla perplessità di fronte a un’opera che non offre consigli amorosi, non comunica notizie sui costumi sociali in uso all’epoca.
Che cosa sono dunque, questi sonetti? Pure descrizioni, giocosi dialoghi fra amanti in termini totalmente schietti. È uno spaccato di mondo che non vuol essere volgare, come oggi potrebbe esser percepito. Dante Alighieri, infatti, nel suo Inferno non ha lesinato parole simili, benché sia stato più parsimonioso nell’usarle.
Il paradosso
Il Sonetto veicola con un metro alto, benché in questo caso irregolare, messaggi e momenti della natura più comune, portando all’esasperazione ciò che faceva già, ad esempio, Catullo. Dall’incontro paradossale di forma, stile e contenuto scaturisce il comico. Da qui nasce l’immancabile riso, privo di bigottismi, di chiunque legga questa raccolta.
Il compositore Michael Nyman si è ispirato ai suoi sonetti in otto brani molto classici raccolti nelle Lust Songs, creati in occasione di una mostra di arte erotica all’Hayward Gallery nel 2005. Anche qui è dunque applicata la forma aulica per il contenuto licenzioso e schietto dei Sonetti Lussuriosi.
Come affermava Angelo di Costanzo riguardo Pietro Aretino:
Gli occhi miei, da che gli fu prima inoltrato l’Alfabeto, non hanno mai letto Opere che più gli giovino e dilettino, che quelle che produce il glorioso e felice ingegno vostro.
Francesca Lomasto