STONER. Landing pages, la mostra del #FLA Pescara Festival

L’arte che nasce dalla letteratura, la fa rivivere in modo nuovo, la arricchisce e ne viene arricchita: è STONER. Landing pages, la mostra presentata nell’ambito del #FLA Pescara Festival e visitabile fino all’11 Dicembre 2016 presso l’Alviani ArtSpace, liberamente ispirata al romanzo Stoner di John Edward Williams.

L’opera, pubblicata dall’autore nel 1965, riscosse poco successo. Eppure, come è capitato per molti grandi artisti, il riconoscimento è arrivato tardi grazie alla riedizione del romanzo, il quale recentemente è diventato addirittura un best seller in vari Paesi dopo la riscoperta da parte di Fazi Editore nel 2012. La storia raccontata da Williams ha attirato l’attenzione di Cinzia Compalati e Andrea Zanetti, ideatori e curatori del progetto espositivo, reso possibile anche grazie ad una campagna di crowdfunding. Sette artisti sono stati chiamati ad interpretare ciascuno un personaggio del romanzo, utilizzando diversi mezzi espressivi (fotografia, scultura, video, installazione e musica) e dedicandosi ad una profonda indagine dei singoli caratteri per coglierne gli aspetti meno immediati, addirittura taciuti e nascosti dall’autore. Così le parole del libro si trasformano in immagini, oggetti e suoni capaci di raccontare con la medesima intensità una vita fatta di passioni e di fallimenti, l’esistenza di un singolo individuo in cui è possibile riconoscere il dramma dell’uomo contemporaneo.

STONER. Landing pages: le opere degli artisti

Il protagonista del romanzo è William Stoner. Proveniente da una famiglia di agricoltori del Missouri, egli si dedica prima agli studi di agraria, poi a quelli letterari diventando professore universitario. Nella mostra è interpretato da Stefano Lanzardo che, attraverso quattro fotografie, rimanda agli affetti e ai luoghi della vita di Stoner: le sue relazioni sentimentali, la campagna del Missouri, l’ambiente universitario e lo studio della sua casa. In questi lavori il protagonista non è altro che una sagoma nera, i cui tratti fisionomici rimangono celati, assunto dal fotografo a paradigma della contemporaneità. Emblematica è anche la sfocatura dell’immagine, metafora di una vita dai contorni incerti, priva di quella stabilità sentimentale e professionale tanto desiderata, ma mai veramente raggiunta.

STONER. Landing pages: l’arte racconta la letteratura
Stefano Lanzardo, In me tu vedi, stampa ai pigmenti, prova d’autore, 2016.
Fonte: Andrea Zanetti

 

Il migliore amico del protagonista, Gordon Finch, è invece interpretato dal fotografo Mauro Fiorese. I suoi scatti in bianco e nero sono tasselli poetici attraverso cui l’artista racconta della personale lotta contro il cancro; ogni fotografia è associata ad un’immagine testuale così da valorizzare il connubio arte-letteratura, garantendo la coesistenza di due diversi e complementari livelli di comunicazione. Tali immagini consentono a Fiorese non solo di indagare il rapporto di amicizia tra Stoner e Finch, un legame solido pur nella sua incorporeità, ma anche di inaugurare una riflessione sul valore inestimabile della vita che spesso si comprende solo quando vi è il pericolo di perderla.

STONER. Landing pages: l’arte racconta la letteratura
Mauro Fiorese, dal progetto Libra in Cancer, stampa ai pigmenti, open edition, 2014-2016.
Fonte:

A Roberta Montaruli è affidato il personaggio di Katherine, la studentessa con cui Stoner ha una relazione segreta. L’artista ha utilizzato la tecnica dello stop-motion, fotografando ogni singolo tratto di una serie di disegni a carboncino e montando insieme tutti gli scatti. Il risultato finale è un video dove non vi è presenza umana, ma sono gli oggetti appartenenti al quotidiano dei due amanti i veri narratori, accompagnati da una voce femminile in sottofondo che ripete in loop frasi tratte dal libro. Una scelta artistica precisa da parte della Montaruli proprio perché le cose e l’ambiente del vivere individuale si caricano di significati, ricordi e stati d’animo.

STONER. Landing pages: l’arte racconta la letteratura
Roberta Montaruli, K.D., frame di video-animazione, 2016.
Fonte: Andrea Zanetti

Eleonora Roaro racconta invece di Edith, la moglie di Stoner, donna affetta da fobie e psicosi, descritta dall’autore come se non avesse una propria fisicità se non degli occhi azzurri e vacui. Ecco perché nel progetto dell’artista, intitolato Forever yours, riferimento alle promesse scambiate durante il rito matrimoniale, Edith è rappresentata da un occhio ceruleo, metafora della mania di controllo sulle vite altrui esercitato dalla donna, la quale mentre domina è essa stessa prigioniera del ruolo sociale che ricopre. L’opera della Roaro per Stoner. Landing pages è una video-installazione: su una scrivania con degli oggetti, chiaramente di Stoner, è poggiato un monitor che trasmette delle immagini, quelle della prima performance durante la quale l’artista interpreta Edith, preparando il bouquet da sposa, ma aggiungendovi della cera per renderlo più rigido e durevole, alludendo così al matrimonio, con sottofondo di news dei Tg riguardanti episodi di violenza sulle donne, tra cui uxoricidi. La seconda performance, svolta in occasione dell’inaugurazione della mostra e che potrà vedersi in mostra, l’artista veste di nuovo i panni di Edith, dipingendo di rosa la scrivania di Stoner come gesto di appropriazione da parte della donna dello spazio e degli oggetti del marito.

Giuliano Tomanino si è concentrato sul padre del protagonista, rappresentando l’addio alla vita dell’uomo con grande incisività visiva ed emotiva: al centro dello spazio espositivo è collocata una vera e propria bara in legno sulla quale è poggiato il libro. L’artista allude così all’inevitabilità della morte come termine ultimo della vita, ma forse anche alla sfortunata vicenda dell’autore, il cui libro ha avuto il meritato successo solo dopo la morte di John Williams.

STONER. Landing pages: l’arte racconta la letteratura
Giuliano Tomaino, Booneville, installazione, 2016.
Fonte: Andrea Zanetti

 

Un altro personaggio fondamentale Lomax, antagonista di Stoner. Nel libro lo scrittore lo presenta come un uomo fisicamente menomato, ma con un viso da divo del cinema. L’artista Luigi Franchi, in arte Zino, riprendendo la descrizione di Lomax ne ha realizzato un ritratto molto originale sul quale, con la tecnica della ASCII art, ha trascritto le frasi del libro in cui si parla del personaggio. Tra le tante colpisce una in particolare, «Stoner è un libro del cazzo», il personale contributo dell’artista che si immedesima ironicamente nell’antagonista, immaginando ciò che Lomax avrebbe pensato e detto del romanzo.

STONER. Landing pages: l’arte racconta la letteratura
Luigi Franchi, Lomax, 2016
Stampa digitale su tela e realtà aumentata
Fonte: Andrea Zanetti

Anche Jacopo Simoncini ha trovato ispirazione in un passo dell’opera: «Le dita si allentarono e il libro che tenevano si mosse piano e poi rapidamente lungo il corpo immobile, cedendo infine nel silenzio della stanza». Partendo dalle parole di Williams, che lasciano presagire l’assenza di qualunque suono o rumore, Simoncini crea una sorta di paradosso, componendo un pezzo inedito per viola, eseguito da Ignazio Alayna, il cui lo stridore è l’opposto dell’abbandono al silenzio, è la visione di una vita caratterizzata da alterne vicende,  da improvvisi sconvolgimenti che cambiano le persone.

Emanuela Ingenito