Quando è nato il sacramento della penitenza? Cosa credevano i primi cristiani riguardo la remissione dei peccati post battesimali?
Il sacramento della penitenza, o della riconciliazione, è tradizionalmente uno dei meno amati dai fedeli. Caduto sotto la scure dello scisma protestante – che non ammetteva alcuna mediazione tra l’uomo e Dio – esso paga ancora oggi lo scotto di essere annoverato tra le “invenzioni medievali”. In realtà, seppur in forme diverse, le prime comunità cristiane praticavano una forma comunitaria – e non meramente individuale – di remissione dei peccati.
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Il perdono dei peccati nella Scrittura
I quattro Vangeli ritraggono spesso Cristo nell’atto di rimettere i peccati (ad esempio Marco 2, 5-11). Un potere trasmesso dal Messia agli apostoli: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Giov. 20, 22-23).
Nelle antiche comunità cristiane, la remissione dei peccati si otteneva prevalentemente con il battesimo. Non a caso, gli apostoli avevano ricevuto da Cristo – tra le altre cose – anche il mandato di battezzare. Per questo gli Atti degli apostoli ce li descrivono intenti a somministrare il battesimo per la remissione dei peccati (Atti 2, 38; 22-16), definito da Paolo un “lavacro di rigenerazione” (Tito 3, 4-5).
La riconciliazione nella Chiesa apostolica
Cosa accadeva se, dopo il battesimo, si cadeva di nuovo in stato di peccato? Nel Vangelo di Matteo già si prospetta un caso simile:
15 Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. 18 In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo (Mt 18, 15-18)
In questo passo troviamo un legame esplicito tra la remissione dei peccati e il potere di “legare” e “sciogliere”, ovvero la consegna delle “chiavi del regno” (Mt 16, 19).
Espulsione e scomunica
Mentre la sensibilità moderna ha reso il peccato una questione intima e privata, nella Chiesa apostolica il peccato grave poteva condurre all’espulsione del fedele dalla comunità. Il sacramento della penitenza prevedeva quindi il primo momento dell’espulsione, che equivaleva ad una vera e propria scomunica.
La Scrittura ce ne offre qualche esempio come quello, estremo, di Anania (Atti 5, 1-15). Più interessanti sono le espulsioni ordinate da san Paolo ai danni dell’incestuoso di Corinto (1 Cor 5, 3-5) e degli eretici Imeneo e Alessandro (1 Tim 1, 20). L’apostolo dice di averli consegnati a Satana, intendendo cioè di averli privati del sostegno della Chiesa col lasciarli in balìa del mondo, nella speranza del loro ravvedimento.
La scomunica apostolica imponeva una penitenza molto pesante quale l’allontanamento. Quindi si trattava di una penitenza pubblica che veniva seguito da un cammino di pentimento, per concludersi con una altrettanto pubblica reintegrazione.
Dalla penitenza pubblica alla confessione auricolare
La Chiesa guidava quindi il peccatore comminando delle penitenze più o meno gravi: l’allontanamento per i peccati non mortali (1 Gv 5, 16-17) poteva essere temporaneo (2 Ts 3; 6-14; Tt 3, 10; 2 Gv 10). Senza la penitenza, non era possibile ottenere il perdono, perchè era inconcepibile che quest’ultimo avvenisse al di fuori – o senza diretto intervento – del corpo mistico di Cristo: la Chiesa.
Non a caso, troviamo la pratica della penitenza anche nella Chiesa dei primi secoli. Da allora, il sacramento della riconciliazione ha subito nei secoli un’evoluzione storica, sulla base del fondamento teologico e scritturale delle origini.
La modalità della confessione auricolare, quella che oggi conosciamo, nacque nel VI secolo in Irlanda su influenza monastica, come risposta alle nuove esigenze della comunità dei fedeli. L’obiettivo era quello di offrire anche ai laici una direzione spirituale simile a quella usata per i monaci.
Nacquero così i libri penitenziali che guidavano il confessore e che finirono per diffondersi in tutt’Europa. In questo processo, fu fondamentale la distinzione teologica tra peccato mortale e peccato veniale. Fra VIII e XI secolo si diffuse infatti la convinzione che a peccato pubblico dovesse seguire una confessione pubblica, e a peccato privato una penitenza privata.
Ettore Barra