Per i cristiani dei primi secoli, la remissione dei peccati avveniva prima di tutto col battesimo. Poi era possibile fare solo una penitenza nella vita.
Come avveniva la remissione dei peccati nella prima comunità cristiana? Alle origini, il perdono si otteneva solo una volta e proprio nel battesimo. Col tempo, però, la Chiesa si rese conto che il peccato continuava a manifestarsi anche tra i battezzati per la fragilità umana. Così si introdussero forme di penitenza che si sono evolute col tempo a seconda delle necessità. Nei primi secoli, si andò creando un vero e proprio “ordine dei penitenti” a cui inizialmente si poteva essere ammessi solo una volta nella vita.
Indice dell'articolo
La penitenza nella Didachè
La Didachè accenna alla confessione dei peccati come requisito per il sacrificio domenicale. Si legge, infatti, nel capitolo quattordicesimo: «Nel giorno del Signore poi radunatevi, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro».
L’accenno allo spezzare del pane sembra indicare che la confessione dei peccati avvenisse in ambito liturgico. E, probabilmente, la Didachè sta citando un passo della Lettera di Giacomo (5, 16) che viene però applicato ad un contesto prettamente liturgico.
Il Pastore d’Erma e il perdono dei peccati
Un’altra testimonianza antica della penitenza la troviamo nel Pastore d’Erma, scritto cristiano della prima metà del II secolo:
Misericordioso, il Signore ebbe compassione della sua creatura e stabilì la penitenza, e diede a me il potere su di essa. Ma io ti dico: dopo la grande e santa chiamata, se qualcuno, sobillato dal diavolo pecca, ha una sola penitenza; se poi subito pecca e si pente, è inutile per lui, difficilmente vivrà (Quarto precetto).
A parlare è la donna, ovvero la Chiesa, che spiega il significato delle visioni. Qui si parla già chiaramente del sacramento della penitenza amministrato dalla Chiesa, a cui anticamente si poteva accedere solo una volta nella vita. Anche il grande esegeta Origene, ne La preghiera, testimonia l’esistenza del sacramento della riconciliazione. Secondo lui la “potestà data agli apostoli di perdonare” (Cfr. Gv. 20, 22s) era stata poi trasmessa alla “potestà sacerdotale”.
La remissione dei peccati in Cipriano e in Agostino
San Cipriano, il grande vescovo del terzo secolo (210-258), ribadì più volte l’importanza del sacramento della penitenza. Nella Lettera a Magno, riguardo il problema del battesimo degli eretici, si legge che la prima remissione dei peccati si aveva col battesimo; e questo era possibile solo perchè il potere di rimettere i peccati era stato trasmesso dagli apostoli ai vescovi. Anche nel De lapsis, Cipriano rivendicava all’autorità ecclesiastica l’amministrazione della penitenza e del perdono. Infatti “la soddisfazione e la remissione ad opera dei sacerdoti è grata presso il Signore” (De lapsis, 29).
In seguito anche Agostino (fra IV e V secolo), attesta storicamente il ministero della riconciliazione esercitato dalla Chiesa.
- 9. Chiunque, dopo il battesimo, incappa nei legami di qualcuno degli antichi peccati, vorrà essere così nemico di se stesso da indugiare a mutar vita finché è in tempo, finché appunto pecca e vive? […] Avvolto dunque in trame di peccati tali che danno la morte, egli rifiuta, differisce, esita a ricorrere alle stesse chiavi della Chiesa, con le quali il suo peccato sarebbe sciolto sulla terra per essere sciolto lassù, in cielo. […] vada dai vescovi per i quali nella Chiesa si compie il ministero delle “chiavi” anche per lui (Sermone 351, 9).
Anche per sant’Agostino la Chiesa ha un ruolo centrale nella vita del cristiano come amministratrice dei sacramenti che assicurano la Grazia. E questa convinzione non viene certo presentata come una novità ma come un fatto scontato con solide basi nella Scrittura e nella Tradizione.
Ambrogio e l’eccidio di Tessalonica
Sant’Ambrogio ha dedicato un’opera specifica all’argomento della penitenza, dove si legge: «Il Signore vuole che i suoi discepoli abbiano i più ampi poteri; vuole che i suoi servi facciano in suo nome ciò che faceva egli stesso, quando era sulla terra» (Sant’Ambrogio, De Paenitentia, 1, 8, 34).
Sant’Ambrogio fu anche protagonista di un famoso caso di penitenza pubblica. L’imperatore Teodosio, nel 390 d. C., si era macchiato dell’eccidio di Tessalonica. Il grande vescovo di Milano gli impose la confessione pubblica del suo peccato accompagnata da rigorosa penitenza.
Infine, san Giovanni Crisostomo scriveva così in una sua opera: I sacerdoti
…hanno ricevuto un potere che Dio non ha concesso né agli angeli né agli arcangeli. […] Quello che i sacerdoti compiono quaggiù, Dio lo conferma lassù (De sacerdotio, 3, 5).
Ettore Barra