Durante le feste natalizie, e fino all’8 gennaio 2017, la Reggia di Caserta ospita un progetto espositivo di grande interesse artistico, nato dall’impegno congiunto dell’agenzia di comunicazione Uncommon e della galleria d’arte napoletana Intragallery e con il patrocinio di Michelangelo Pistoletto e Fondazione Cittadellarte, promotori dell’annuale Rebirth Day. E proprio quest’ultima iniziativa ha ispirato il tema della mostra, dal titolo The Rebirth Triad, curata da Chiara Canali: gli artisti Anita Calà, Vincenzo Marsiglia e Lapo Simeoni sono stati chiamati a realizzare tre
installazioni site-specific, reinterpretando in modo personale due concetti cardine della religione cristiana, la Natività e la Trinità, e stabilendo un inedito dialogo tra le loro opere, la Sala delle Battaglie di Spolverini, in cui esse sono esposte, e il presepe borbonico del Settecento conservato nell’Appartamento Reale, valorizzato grazie ad un nuovo sistema illuminotecnico. Ne deriva una visione nuova, in cui la Natività cristiana diventa rinascita laica attraverso l’arte; la riverenza nei confronti di un patrimonio artistico appartenente al passato si concretizza nella volontà di sottrarlo all’incuria, di renderlo presente e fruibile, con la convinzione che l’arte può salvare l’arte, ma anche la società che ha sempre più bisogno di una profonda rigenerazione. Inoltre tutto il progetto espositivo è fondato sulla simbologia del numero tre, che richiama appunto la Trinità e che si esplica nelle tre opere presentate, in un’equilibrata fusione di sacro e profano.
Marsiglia, Calà, Simeoni: la forza creatrice e rigeneratrice dell’arte
Vincenzo Marsiglia propone delle sculture in legno, due casse armoniche ispirate alla forma dell’ottaedro irregolare e intagliate nella parte centrale a creare una forma concava, che richiama alla mente il modulo della stella, ovvero la personale firma dell’artista. All’interno di queste strutture è installato un software collegato tramite linea Wi-Fi ad un iPad posto all’ingresso della sala; quest’ultimo capta le espressioni del volto del visitatore che vi specchia, le traduce in onde sonore e le trasmette al software, il quale a sua volta le amplifica e le trasforma in musica di violino, più precisamente in componimenti di Paganini. Marsiglia punta molto sull’interazione tra opera e fruitore, rendendo quest’ultimo parte integrante del lavoro artistico, se non addirittura elevandolo al rango di co-autore; al contempo sperimenta un’interconnessione non solo digitale, ma anche fisica e diretta; il visitatore che si avvicina alle casse e guarda al loro interno trova una superficie specchiante, la quale riflette il suo viso insieme ad una parte della volta decorata a grottesche della Sala delle Battaglie di Spolverini. In queste opere è pienamente espresso quel dualismo naturale-artificiale, uomo-macchina, che informa anche il lavoro di Lapo Simeoni. Egli ha progettato una struttura a forma di anello (il cerchio come simbolo dell’infinito), sulla quale ha creato un collage di immagini, realizzando una trasposizione materica e reale della dimensione virtuale di Internet. Vuole raccontare come l’arte e i luoghi della cultura siano
oggi fruibili anche tramite il web e le applicazioni, strumenti che dovrebbero affiancarsi e mai sostituire l’esperienza diretta del patrimonio artistico; dunque la soluzione ideale è quella sintesi tra naturale e artificiale, che Michelangelo Pistoletto ha definito Terzo Paradiso. L’installazione di Anita Calà è costituita da un ovale in resina trasparente, opaca internamente e lucida all’esterno, che accoglie al suo interno una sfera rossa, della quale, proprio per il particolare aspetto della resina, si distinguono non i particolari, ma solo la sagoma; poco più avanti è posta un’altra sfera, perfettamente identica alla prima, stavolta libera e chiaramente visibile. Giocando con le proprietà dei materiali, l’artista ha voluto rappresentare due diversi modi di essere, opposti e inscindibili: l’individuo se da una parte cerca di proteggersi dal mondo esterno e dai suoi continui cambiamenti, dall’altra spesso si espone ad essi e rivela se stesso, come unica chance di crescita e miglioramento. E non a caso le due opere sono adagiate su basi in plexiglass completamente riempite di terra vera, ancora pulsante di vita e soggetta ai mutamenti dei microrganismi che la abitano.
Le tre opere appena descritte non devono essere considerate isolate, ma tra loro strettamente legate secondo il principio della Trinamica, ovvero la dinamica del numero tre, anch’esso teorizzato da Pistoletto e valido in qualsiasi ambito della vita umana: tutto ha origine da un processo di fusione, combinazione, interazione di due elementi, semplici o complessi, il quale genera una terza entità, del tutto nuova ed unica. Ecco che la mostra The Rebirth Triad, ricorrendo a questa simbologia, vuole dimostrare come l’arte, che nasce da interazioni profonde tra creatività individuali, ambiente e materiali, si pone a sua volta come forza creatrice e può essere considerata un valido strumento, attraverso cui tentare di trasformare concretamente la società, ponendola di fronte a nuove prospettive e a nuovi modi di guardare il mondo.
Emanuela Ingenito