Uno stupendo Servillo al Bellini con “Elvira”
Gennaio è per antonomasia il mese della memoria. Di rappresentazioni, film ed ogni altro tipo di produzione artistica in ricordo degli ebrei, ne abbiamo visti tanti, proposti in tutte le salse. L’omaggio allo strazio della shoah offerto da Toni Servillo concorre come uno dei più delicati e poco invasivi, seppure molto eloquente. Il profondo messaggio di ingiustizia e dolore non manca di arrivare al pubblico, con estrema finezza, alla fine della piecè, ma non la caratterizza integralmente.Dopo la prima assoluta di dicembre al teatro Piccolo di Milano, lo spettacolo è disponibile al teatro Bellini di Napoli fino al giorno 12 febbraio 2017, destinato poi ad arrivare nella stessa città dove è ambientato, Parigi. Elvira, questo il nome dell’opera, parte dalla creazione di Brigitte Jacques, “Elvire Jouvet 40”, ovvero una trascrizione di sette lezioni di Louis Jouvet ad una sua allieva relative alla seconda scena di Elvira nel “Don Giovanni” di Moliere.
Il testo racchiude anche molte delle riflessioni di Jouvet sul teatro, presenti in “Moliere e la commedia classica”, tradotte da Giuseppe Montesano.
Il personaggio di Elvira, ovvero l’allieva Claudia (Petra Valentini), incarna in sé non solo un pretesto per l’espressione di precetti e punti di vista, ma anche il tramite perché questi arrivino alla nuova generazione di attori e non vadano persi.
Efficace a tal proposito, la scenografia spoglia che rende al meglio la sensazione di entrare effettivamente in un teatro e spiare da dietro la tenda le lezioni.
La meraviglia della messa in scena, diretta dallo stesso interprete principale, sta proprio in quel calarsi “dentro” il teatro, inteso non solo come struttura, ma come concetto, come momento delle prove, come fatica, come sacrificio, come sudore, come atto di dolore ed incomprensione, come sforzo, come presa di coscienza delle proprie paure ed insufficienze, come analisi dell’autore, del personaggio, dell’attore, ed auto-analisi di sé stessi, in tutto il flusso di complicanze che si celano nello studio personale e attoriale dell’individuo stesso prima che questo possa dirsi pronto a rendere nel migliore dei modi, che poi non sarà mai il migliore delle sue possibilità, l’ “esigenza”, il “bisogno”, la “necessità” di offrire al pubblico le emozioni dei protagonisti della scena, liberi dal filtro dell’interprete. La difficoltà di spogliarsi della propria persona, che ci accompagna dalla nascita, ed entrare in un’altra che si studia per un periodo di tempo un po’ più breve, è uno dei cardini dell’insegnamento del “regista” (inteso quale meta-regista e regista effettivo).
L’impianto luci, curato con estrema semplicità e nitidezza da Pasquale Marri, presenta degli accenti poetici nella gradualità con la quale scende il buio nei tempi di cambio cronologico e scenografico.
La linea della semplicità prosegue anche nei costumi, ad opera di Ortensia De Francesco, in accordo con gli anni quaranta dell’ambientazione del testo.
Atto unico per la durata di settantacinque minuti, “Elvira” vede in scena anche i due giovani attori Francesco Marino e Davide Cirri.
Letizia Laezza
Teatro Bellini- Elvira- sito ufficiale