La questione dei fratelli di Gesù è uno dei punti di divisione tra cattolici e protestanti. Cosa riportano i Vangeli a riguardo?
I Vangeli presentano spesso Maria in compagnia dei fratelli di Gesù. La Tradizione ha sempre ritenuto questi ultimi come dei cugini, o dei fratellastri. Solo una recente pubblicistica protestante ha messo in discussione la perpetua verginità di Maria, convinzione antichissima che sembra condivisa dalla quasi totalità delle fonti cristiane dei primi secoli. In ogni caso, l’identificazione dei fratelli di Gesù ha dato luogo ad un appassionante dibattito storiografico che ha spinto gli studiosi ad approfondire la vita socio-familiare della Palestina del I secolo dopo Cristo.
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Il significato di adelphos
Gli evangelisti, nei passi dove si parla dei fratelli di Gesù, usano la parola adelphos: un vocabolo polisemico dai molti significati. Il Dizionario Lorenzo Rocci elenca i seguenti significati:
fratello; fratello di padre e di madre; fratello nel senso di parente, confratello, connazionale della stessa religione o tribù, amico intimo, socio.
Si tratta quindi di una pluralità di significati che non aiuta nell’identificazione dei fratelli di Gesù, vista la particolarità del contesto storico.
La famiglia patriarcale nella Palestina del I secolo
Perché gli evangelisti non hanno sentito il bisogno di specificare il grado di parentela, servendosi di un vocabolo così generico? Per capirlo dobbiamo fare nostri i riferimenti culturali del tempo, mettendo da parte la nozione moderna di famiglia come entità mononucleare.
Nel Medio Oriente la famiglia aveva un carattere molto più ampio del nostro per la sua struttura tribale. È qualcosa che si può osservare ancora oggi in Africa e nel Medio Oriente stesso. In contesti simili, la differenza tra fratello e cugino tende inevitabilmente ad assottigliarsi ed è per questo che in molte lingue non esiste un termine specifico per indicare i cugini. Ed è questo il caso dell’aramaico, la lingua madre della fede cristiana e dei Vangeli.
Fratello e cugino: una distinzione sottile
Quale sia stata la lingua di redazione originale dei Vangeli, se il greco o l’aramaico, è ancora oggetto di dibattito. In ogni caso, gli autori dei Vangeli non erano sicuramente degli ellenici ma dei Giudei. Anche ammesso che abbiano scritto direttamente in greco, dovevano necessariamente rifarsi alla tradizione ebraica, e quindi alla lingua di quel contesto socio-culturale. Per questo, con ogni probabilità, dietro il greco adelphos c’è la rispettiva parola aramaica che – comprensibilmente, come abbiamo visto – indica una rapporto di parentela in senso ampio (anche sociale e religioso). Appunto perché nell’aramaico non c’era una parola per distinguere il fratello carnale dal cugino. Quando incontrano questa parola, gli evangelisti la traducono in greco sempre con adelphos perché era la parola corrispondente più vicina.
Un greco semitizzato
In realtà, il greco antico ha anche un termine specifico per indicare un cugino, anepsios, che compare una volta nel Nuovo Testamento, nella Lettera ai Colossesi (4, 10). Si tratta di un unicum legato alla specificità linguistica di questa lettera. Il greco del Nuovo Testamento non è infatti quello classico, ma un greco semitizzato. La Lettera ai Colossesi usa invece un greco molto più classico perché chi l’ha scritta (un san Paolo ormai “ellenizzato” o un suo discepolo greco) mostra di avere una cultura molto diversa da quella degli evangelisti, perlopiù di provenienza semita.
Il termine anepsios nella Sacra Scrittura
D’altro canto, anche nella Settanta (la versione in greco dell’Antico Testamento) il termine anepsios compare poche volte. E anche dove potrebbe essere usato senza esitazione, non c’è. Infatti nel Primo libro delle Cronache (23, 21-22), per indicare la parentela tra i figli di Kis e le figlie di Eleazaro, viene usato il termine adelphos. Quando si tratta, in realtà, di cugini visto che Kis ed Eleazaro sono fratelli. Anche nel Nuovo Testamento lo stesso termine è
usato per definire la parentela tra Erode Antipa e Filippo (Mc. 6, 17), che noi sappiamo essere invece fratellastri.
Evidentemente il greco biblico – per il suo legame con la lingua madre, l’aramaico – preferisce usare adelphos per indicare tutti i rapporti di parentela. E questo termine lo troviamo ampiamente usato anche nel senso di “fratello spirituale”, soprattutto nella Lettera ai Tessalonicesi e in quella ai Romani.
I fratelli di Gesù: una questione aperta
L’analisi linguistica del testo evangelico non è quindi sufficiente a dirimere in modo assoluto la questione del grado di parentela dei fratelli di Gesù. Ma sicuramente non fornisce elementi contrari alla Tradizione, che sembra invece corroborata dalle altre fonti storiche.
Ettore Barra