Il mito di Meleagro, Atalanta e il cinghiale calidonio

Il mito di Meleagro racconta di come un valoroso eroe della Grecia si innamorò della bella Atalanta, nonostante fosse già sposato con Cleopatra.

Le storie tracciate dal destino: il mito di Meleagro

Nell’antica mitologia greca si racconta che alcune storie erano intrecciate e aggrovigliate dal gioco del destino, lì dove i confini tra mito e superstizione si confondevano con le antiche leggende degli eroi, uomini considerati superiori e protagonisti delle imprese e della gesta cantate dagli aedi e dai menestrelli di strada.

In ogni città della Grecia, si raccontavano e si tramandavano le storie tracciate dal destino e si perdeva nel vento la voce delle nutrici e delle danzatrici, che innalzavano, nel bene e nel male, gli onori e gli orrori delle avventure degli uomini in cerca di una propria identità culturale.

Alcune leggende nascondevano il filo invisibile e deciso del destino già segnato degli uomini mortali, la cui finitudine li separava e li distingueva dagli essere divini, relegandoli nel limitato limbo del mondo terrestre.

Meleagro: la nascita e l’impresa con gli Argonauti

Si racconta la storia di Meleagro, concepito in una notte d’inverno. La madre, Altea, giacque con il marito Oineo (in alcune versioni conosciuto come Eneo) e poi con il dio Ares, creando dubbi sulla paternità del piccolo. Nella notte del concepimento tre dee apparvero alla donna gravida e pronunciarono parole e omaggi:  “Per Cloto, il bambino manifesterà un animo nobile. Per Lachesi, la gloria degli eroi rivestirà di onori il piccolo”.

Poi la terribile predizione: “Per Antropo, il bambino vivrà finché durerà il tizzone che arde nel camino della camera nuziale”. Altea si precipitò così nella stanza da letto e tolse il pezzo di legno, che ardeva nel camino, nascondendolo segretamente in una cassa preziosa.

Meleagro, cresciuto come il figlio del re degli Etoli di Calidone, aveva davanti a sé un destino pieno di gloria e di avventure da affrontare. Sollecitato dal padre e dalla madre, sorella di Leda, il giovane si imbarcò con gli Argonauti, i cinquanta eroi che guidati da Giasone diedero vita alla più affascinate e avventurosa spedizione per mare sulla nave Argo verso le terre della Colchide.

Meleagro

Durante l’avventuroso e il sorprendente viaggio mitologico, il giovane Meleagro uccise per errore l’eroe Artace, uno dei più valorosi guerrieri greci del tempo. La terribile tragedia accadde durante una bizzarra guerra combattuta tra Dolioni ed Argonauti; non erano nemici ma si fronteggiarono spietatamente senza riconoscersi e scambiandosi per giganti e pirati in procinto di fare razzie nelle lontane terre del Mare aperto.

Tra i vari scontri e duelli corpo a corpo, il valoroso Artace cadde a terra trafitto dalla spada di Meleagro. Soltanto all’alba del giorno dopo la terribile guerra, i miti eroi che solcavano i mari sulla leggendaria nave Argo si resero conto dell’errore commesso e del grande dolore che avrebbero causato al mondo greco. Le vittime furono piante, seppellite e onorate come si conviene secondo le tradizioni dell’Età d’oro degli Eroi.

L’amore, la caccia e la morte dell’eroe

Il nome di Meleagro è legato anche ad altre imprese eroiche, che permeano la storia mitologica della Grecia classica. Una di queste storie racconta dell’uccisione del cinghiale calidonio, animale considerato sacro e intoccabile secondo alcune antiche credenze pagane e persiane.

Trascorso il periodo delle tormentate avventure in giro per il mondo, il ribelle Meleagro divenne uno dei più coraggiosi e arditi guerrieri, specializzato ed esperto in particolar modo nel lancio del dardo; sposò la bellissima figlia di Idas, Cleopatra, e seguì le indicazioni e le raccomandazioni del padre. Oineo, in onore della gloria del figlio virtuoso, aveva omaggiato tutte le divinità dell’Olimpo, ringraziandole per avergli concesso il più fruttuoso e redditizio raccolto della regione. Tutte tranne una: Artemide, la dea dell’amore e della fertilità, venne dimenticata dal re degli Etoli.

La dea, irata e in preda alla rabbia, per essere stata completamente ignorata durante l’allestimento e la celebrazione del sontuoso banchetto offerto agli dei, decise di vendicarsi, mandando nelle terre di Calidone un ferocissimo e pericoloso cinghiale. L’animale terrorizzava gli agricoltori e la gente della regione si rifugiava nelle città protette.

Meleagro

L’accaduto della notizia raggiunse Meleagro che, in quanto figlio del re, si assunse l’arguto compito di abbattere il cinghiale e liberare il popolo calidonio dalla minaccia. Riunì così un gruppo di nobili e valorosi eroi di tutta la Grecia, tra i quali i Dioscuri, Teseo, Piritoo, Giasone, Ificle, fratello gemello umano di Eracle, Peleo, Telamone e altri giovani guerrieri.

Nel gruppo dei cacciatori, un donna si distinse nel destreggio della spada e per la sua singolare bellezza. Era Atalanta,colei che è impassibile“, figlia di Scheneo, giunta dalla splendida Arcadia, cresciuta dal padre come un guerriero e diventata famosa per aver ucciso due Centauri. I cacciatori festeggiarono per molti giorni, banchettando e facendo baccano, poi il decimo giorno partirono alla ricerca del cinghiale.

La sfida della caccia al pericoloso cinghiale fu disturbata dalla presenza della bella Atalanta; donna giovane e dalle qualità sorprendenti, era imbattibile nell’arte della corsa e della velocità, nella lotta e nelle armi; suscitò l’ira e la gelosia di alcuni eroi, che rifiutavano la sua presenza nella battuta di caccia.

Il cinghiale, Atalanta e la guerra

Meleagro intervenne per appianare le rivalità e riuscì a convincere tutti gli eroi. Innamorato della giovane cacciatrice, il giovane principe calidone la prese sotto la sua protezione, chiedendole di accompagnarlo nella ricerca del cinghiale. L’animale venne trovato presso un corso d’acqua che, impaurito, si lanciò all’inseguimento dei cacciatori.

Inutili furono i tentativi di molti eroi di ferirlo ma soltanto Atalanta e Meleagro ebbero la meglio: lei lo ferì con una freccia conficcata nell’orecchio e lui lo trafisse con il suo giavellotto nel cuore, uccidendolo. Meleagro scuoiò l’animale, offrendo alla fanciulla la sua pelle, come segno di trionfo.

Plessipo, fratello di Leda e di Altea, si oppose al gesto dell’incauto nipote e dispose che tutti gli eroi si riunissero per discutere in merito al trofeo della caccia, perché le zanne e la pelle del cinghiale erano state promesse al vincitore. Meleagro avrebbe dovuto rinunciare al premio in onore della famiglia e non della bella Atalanta. La proposta scatenò l’ira del giovane, che rifiutò l’offerta e uccise gli amati zii, quando essi rubarono con viltà il dono regalato alla cacciatrice.

Meleagro

Perdizione e maledizione, rinnego e orrore furono i sentimenti che l’addolorata madre dimostrò nei confronti del figlio, scatenando una guerra tra i parenti e la città di Calidone. La moglie Cleopatra insistette affinché Meleagro combattesse contro gli assalitori e i parenti per difendere la loro città. Quando Altea perse tutti i fratelli per colpa del figlio, prese la decisione che mai avrebbe pensato: cercò la cassa preziosa in cui era stato conservato per tutta la vita il pezzo di legno, collegato all’esistenza di Meleagro, e lo lanciò nel fuoco.

Il giovane eroe era in campo e combatteva ancora contro gli assalitori, quando le fiamme divamparono e si sentì bruciare le viscere, avvolto dal fuoco dell’ira, finché non morì. La madre in preda alla collera, quando si calmò e si accorse di aver ucciso il figlio, si impiccò, seguita dalla debole Cleopatra, divorata dal dolore.

Le donne di Calidone, addolorate, piansero per molto tempo, impietosendo gli dei, i quali per mettere fine al loro tormento, le trasformarono in galline faraone, dette anche meleagridi.  Negli Inferi di Plutone, il giovane Meleagro raccontò la sua storia al leggendario Eracle, commuovendolo fino alle lacrime. Qui nacque la leggenda.

Valentina Labattaglia

Bibliografia: