Il principe di Homburg di Kleist, tra istinto e obbedienza

Fortuna, tu mi hai già sfiorato le chiome; (…) oggi, figlia degli dei, ti rincorro fuggitiva, ti ghermisco sul campo di battaglia e rovescio tutti i tuoi doni ai miei piedi, fossi tu anche sette volte incatenata al carro trionfale della Svezia!

(Heinrich von Kleist, Il principe di Homburg, Atto I, Scena VI)

Il principe di Homburg

Tra il 1809 e il 1810 – un anno prima di suicidarsi sulle rive del lago Wannsee a Berlino – Heinrich von Kleist compone quello che sarà il suo ultimo e più celebre dramma, Il principe di Homburg (Prinz Friedrich von Homburg oder die Schlacht bei Fehrbellin). La scelta di narrare della battaglia di Fehrbellin del 1675, vinta dall’Elettore di Prussia, e della successiva condanna a morte del principe di Homburg non è casuale: con quest’opera, infatti, lo scrittore tedesco vuole celebrare i sovrani prussiani (in particolare la regina Maria Luisa di Prussia che, per Kleist e tanti altri intellettuali dell’epoca, ha incarnato lo spirito antinapoleonico) e la storia del Brandeburgo.

Un dramma dell’animo umano

principe di Homburg
Rappresentazione della battaglia di Fehrbellin del 1675.

Questo Schauspiel (diverso da Trauerspiel, ossia tragedia, e Lustspiel, ossia commedia) affronta le difficoltà dell’animo umano di far conciliare legge e istinto, obbedienza e passione. Un tema, questo della sete di giustizia e del “fare la cosa giusta”, caro allo scrittore di Francoforte sull’Oder: egli lo affronta nella maggior parte delle sue opere, dal racconto Michael Kohlhaas alla commedia La brocca rotta. Illustrare dei concetti tanto complessi non è semplice, soprattutto in un dramma destinato al teatro (anche se la prima rappresentazione avrà luogo soltanto alcuni anni dopo la morte di Kleist, nel 1821 a Vienna). L’abilità dello scrittore tedesco sta nello svilupparli attraverso due punti di vista differenti: da una parte quello del protagonista, Friedrich von Homburg, dall’altra quello dell’Elettore.

Due punti di vista diversi

In questo dramma, l’Elettore rappresenta un giudice imparziale che deve applicare la legge, anche se questa sua decisione porta alla condanna a morte del proprio favorito. Il punto di vista del protagonista è invece diverso. Sin dalla prima scena, dove lo incontriamo sonnambulo mentre intreccia una corona d’alloro, simbolo di gloria e successo, il principe di Homburg segue il suo istinto e dà grande importanza al sentimento (“Il mio cuore tedesco, all’antica, è abituato alla magnanimità e all’amore.”). Egli trova assurdo che il suo amato zio, l’Elettore, decida di punire la sua avventatezza e la sua sconsideratezza con la condanna a morte (“Sogno? Sono sveglio? Vivo? Sono impazzito?”), di condannare un’azione che il protagonista non riesce a giudicare se non giusta: Friedrich, infatti, in preda al suo istinto, non segue gli ordini dei suoi superiori e scende sul campo di battaglia per vendicare la morte (fasulla) dell’Elettore.

Un eroe “antieroe”

In questo Schauspiel, i due punti di vista appena presi in analisi non sono fissi, bensì mutano. Quando Friedrich, mentre si sta recando dalla zia per chiederle di mediare con il marito, vede i soldati scavare la sua fossa, rimane profondamente colpito. Tale vista provoca in lui un brusco ritorno alla realtà e scatena una reazione giudicata come antieroica e scandalosa: in ginocchio e in lacrime, Friedrich prega non solo la zia, ma anche la promessa sposa Natalia di salvarlo dalla condanna a morte e di intercedere presso l’Elettore, in modo che possa perdonarlo per l’azione commessa sul campo di battaglia e acconsentire al loro matrimonio:

Tu piangi, povera fanciulla. Oggi il sole illumina la sepoltura di tutte le tue speranze. Sono stato io quello che il tuo cuore ha scelto, e ti guardo negli occhi, schietti come l’oro, capisco che non sarai mai di un altro. Ma io, sciagurato, che cosa posso inventare per consolarti?

(Heinrich von Kleist, Il principe di Homburg, Atto III, Scena V)

La salvezza

principe di Homburg
Peter Simonischek (Elettore) e August Diehl (Principe), Prinz Friedrich von Homburg, Festival di Salisburgo, 2012.

Far mutare d’opinione l’Elettore è quasi impossibile, solo Natalia riuscirà in quest’impresa, permettendo la salvezza dell’amato Friedrich. Quest’ultimo, dopo aver ricevuto una lettera dallo zio in cui gli viene chiesto se gli è stato fatto un torto o meno (una sorta di prova di fedeltà nei confronti dell’Elettore), decide di accettare il suo destino:

Mi pesa sul petto una colpa, e anche grave, lo riconosco. Se il principe può perdonarmi solo se contesto il suo operato, non voglio più saperne della sua grazia.

(Heinrich von Kleist, Il principe di Homburg, Atto III, Scena IV)

La figura femminile è, dunque, simbolo di salvezza. Infatti, è Natalia con la sua energia e il suo profondo amore a permettere il lieto fine: mentre Friedrich è convinto che lo stiano conducendo a morte, si ritrova nel giardino della scena iniziale, dove viene premiato dallo zio per la sua lealtà e unito in matrimonio con Natalia. Kleist, dunque, crea un legame molto forte tra la scena iniziale del sogno e quella finale, tanto che Friedrich finisce per chiedersi se quello che sta vivendo sia reale:

Homburg: “No, ma dite: è un sogno?”

Kottwitz: “Certo, un sogno, che altro?”

(Heinrich von Kleist, Il principe di Homburg, Atto III, Scena X)

Pia C. Lombardi

Note

Immagine in evidenza: Prinz Friedrich von Homburg, Festival di Salisburgo, 2012.

Bibliografia

Heinrich von Kleist, Il principe di Homburg, Marsilio, 1996.

Heinrich von Kleist, Prinz Friedrich von Homburg, Reclam, 1966.