Sette Stagioni dello Spirito: un titolo affascinante, impreziosito da una poetica allitterazione, per la prima personale in un museo pubblico italiano di Gian Maria Tosatti, artista noto a livello internazionale ed attivo tra Napoli e New York, già autore di alcuni cicli di opere in progress incentrati sul concetto di identità e sul legame tra opera d’arte e ambiente, frutto di un lungo ed attento lavoro di ricerca.
L’esposizione è un resoconto dell’omonimo progetto, concepito e concretizzato tra il 2013 e il 2016 e curato da Eugenio Viola, promosso e organizzato dalla Fondazione Morra, con il sostegno della Galleria Lia Rumma e in collaborazione con Regione Campania; esso ha trovato il suo ideale terreno d’azione nella città di Napoli, letteralmente invasa – ma in senso assolutamente positivo – dalla creatività dell’artista, il quale ha stabilito legami forti con i luoghi della vita associata, e quindi con la comunità locale, rendendo il capoluogo campano la vera sostanza della sua grande opera d’arte. Tosatti si è profondamente ispirato alle pagine de Il Castello Interiore, scritto nel 1577 da Santa Teresa D’Avila; nel libro l’anima umana viene immaginata come un castello in cui vi sono sette “mansioni”, cioè stanze, che si succedono e nel cuore della fortezza c’è l’ultima, dove abita Dio. A partire da questo riferimento egli ha sviluppato un’indagine sui limiti del bene e del male nella vita umana, procedendo con un ritmo narrativo attraverso sette imponenti installazioni ambientali, come altrettanti capitoli di un’opera letteraria o filosofica; sono interventi site-specific pregni di molteplici rimandi culturali, concepiti in una città dove bene e male coesistono e forze opposte riescono a contrastarsi senza mai soccombere.
L’artista ha avuto anche un altro grande merito: valorizzare sette edifici di grande interesse storico-artistico prima abbandonati o dismessi, che in questi tre anni sono stati riaperti e recuperati a tutto vantaggio dei quartieri di pertinenza. Così le installazioni, ciascuna connotata da un eloquente titolo e da particolari caratteristiche, possono essere considerate come delle “stazioni” di un percorso non solo fisico attraverso la città e le sue meraviglie, ma anche di purificazione interiore che da una dimensione completamente negativa, dominata dal ciclico ritorno del male dell’anima, dal pericolo di inerzia, dalla tentazione, dal peccato e dall’errore, conduce gradualmente al bene puro, attraverso la presa di coscienza da parte dell’uomo di una luce interiore che alberga dentro di lui, una forza capace di risollevarlo nei momenti di difficoltà, e attraverso il lavoro, il fare, l’agire come unica possibilità di cambiare concretamente le cose. Infine vi è l’ultima tappa, La terra dell’ultimo cielo, una summa dei precedenti capitoli: qui Tosatti ha provato ad immaginare cosa possa esserci oltre una certa altezza del cielo ed ha ipotizzato non un paradiso dove chi vi giunge possa godere della beatitudine eterna, bensì un altro luogo dell’anima stessa, dal quale chi arriva deve ben presto ripartire per mostrarne agli altri l’esistenza e il sentiero per raggiungerlo.
La mostra al museo MADRE di Napoli, visitabile fino al 20 marzo 2017, documenta questa esperienza artistica nel suo complesso, da una parte le installazioni e dall’altra tutto il periodo di gestazione e di realizzazione delle opere. Si tratta di un altro racconto che comincia dalla Project Room al pianterreno del museo, dove due elementi attirano l’attenzione del visitatore: il pavimento dello studio dell’artista, avulso dal contesto originario, una sineddoche per alludere ad un più ampio ed intimo spazio di elaborazione artistica, e il suo diario pronto a svelare l’idea del progetto nel suo evolversi; nella stanza attigua invece un lungometraggio narra del processo di realizzazione del lavoro visto nella sua interezza. L’esposizione prosegue nelle otto sale del secondo piano, la prima delle quali introduce alle altre sette concepite come stanze dell’anima umana, rispecchiando l’ossatura del progetto; ciascuna di esse è stata pensata come un’ulteriore ed astratta rappresentazione dello studio dell’artista nei diversi periodi del suo soggiorno napoletano e conserva una selezione di opere, ma anche tutto il materiale di studio, dai disegni progettuali ai documenti relativi alle opere terminate. Dunque, utilizzando insieme linguaggio testuale e linguaggio visivo, si è voluto mostrare l’intero cammino della creazione artistica, un percorso sicuramente non lineare, fatto di proposte, dubbi, errori e ripensamenti, quasi sempre messo in ombra dall’opera d’arte finita.
Queste, in breve, le tappe del progetto e i luoghi che le hanno ospitate: 1_ La peste, nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano ai Banchi Nuovi; 2_Estate, nell’ex Anagrafe Comunale in Piazza Dante; 3_Lucifero, all’interno degli ex Magazzini Generali del Porto di Napoli; 4_Ritorno a casa, nell’ex Ospedale militare di Napoli; 5_ I Fondamenti della luce, presso l’ex convento di Santa Maria della Fede; 6_ Miracolo, negli ambienti di un’ex fabbrica a Forcella; 7_Terra dell’ultimo cielo, nella chiesa dell’ex Ospedale militare di Napoli, all’interno del Complesso della Santissima Trinità delle Monache (oggetto di un progetto di restauro a cura dell’Università Suor Orsola Benincasa).
Emanuela Ingenito