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La voce dell’oblio
Gentile lettore, mi permette una piccola introduzione sulla materia psicoanalitica prima che sia presentato Georg Groddeck, ovvero Patrik Troll? Essa è, difatti, continuamente acquattata, pronta a intervenire in ogni istante dei non rari dialoghi che l’individuo intesse con sé stesso ribadendogli quanto il suo trascorso, ormai abbandonato nei luoghi dell’autobiografia, abbia in realtà più incidenza di quel che crede sulla vita presente. La sessualità, inoltre, sia quella del moto primigenio che la costituzione gli impone sia quella “sociale” di cui scrive Michel Foucault nei tre volumi della Storia della sessualità, risulta per la psicoanalisi il più interessante degli interlocutori.
Il dottor Freud, chiacchierando con sé stesso alla morte del padre, strappa al luogo della rimozione la pietra che serbava nel sepolcro dell’oblio l’ostilità nutrita verso il genitore. È la parola, il luogo dove si consuma la cura alla nevrosi, il malessere psichico che non permette l’auspicata serenità dell’esistenza.
La parola arbitraria
Una parola, certo, che tradisce l’immagine traumatica da cui la psiche è sistematicamente pizzicata, in quanto prova a donare il chiarore del discorso all’oscurità dell’immagine percepita. Ciò che sarà illuminato non avrà che la forma di un arto, il profilo nebbioso e poliforme di un frammento dalla flebile relazione con l’intero. Se tale ricordo contiene in sé una quantità d’errore, pur minima? Certo. È pertanto l’interpretazione, il luogo dove la psicoanalisi opera, lo spazio in cui si tenta di eludere, fischiettando, l’errore interpretativo.
Lei, caro Lettore, starà già per scrivere che di certo, questa è una soluzione arbitraria. Cosa può, in fondo, l’analista contro l’oblio totalizzante di ciò che è stato percepito? Poco, nulla. Egli inferisce una verità sulla base di norme preventivamente sancite. Se, da un lato, ciò risulta un valido argomento, dall’altro il dialogo psicoanalitico mantiene per sé un pregio che altre materie simili, come ad esempio quella filosofica (Lei mi perdonerà certo sarcasmo), posseggono soltanto in misura minore: produce una cura. Non è forse la serenità dell’esistenza cui aspirano la scienza medica e quella filosofica? Ora, se la piccola introduzione non l’ha annoiata, si presenti pure il malizioso epistolario senza interlocutore.
Groddeck, Troll e l’epistolario senza interlocutore
“Questo piccolo libro mi è molto caro”, scrive Freud all’ormai amico Groddeck in seguito alla pubblicazione de “Il libro dell’Es”, per dimostrare il proprio compiacimento nei riguardi di un discepolo (che pure desiderava tener lontano dal luogo “dove sono gli Jung, gli Adler e gli altri”) la cui analisi sulle manifestazioni pratiche dell’Es possedeva una sì energica forma letteraria.
Si fregia del tono colloquiale e illusorio di un carteggio, l’opera, dove chi scrive non fa che rinnovare una conversazione potenzialmente infinita con l’interlocutore. Se, tuttavia, l’epistolario presuppone uno scambio tra un mittente e un destinatario che vicendevolmente si mascherano ora da una, ora dall’altra delle identità della commedia, le epistole di Groddeck che solo alludono a quelle dell’amica fanno dell’opera un saggio manchevole di precedenti, allo stesso modo per cui Freud utilizza gli esempi autobiografici non solo a sostegno delle proprie teorie, ma soprattutto per donar loro quella precisione scientifica altrimenti negata dall’assenza di elementi fisico-chimici osservabili a occhio nudo, sia pure attraverso la protesi che porta il nome di microscopio.
Il dialogo della psicoanalisi si annulla dunque a favore di un discorso a una direzione: lo psicoanalista compie un’opera di maieutica verso le ritrosie, le contraddizioni implicite della sua interlocutrice e le definisce nel Simbolo, tentativo dell’Es di evadere dalla propria prigione inconscia manifestandosi nel quotidiano.
Psicopatologia dell’esistenza
Oltre la “psicopatologia” teorizzata da Freud, dunque, che prevedeva la manifestazione dell’Es, quella parte d’ignoto da cui l’uomo è vissuto, dentro elementi a-normali della vita quotidiana, verso, invece, una volontà più subdola ancora che governa l’individuo. È annullato l’evento, ciò che sembra provenire dal Caso quando non da una Provvidenza, è in realtà un volontario sabotaggio della vita pratica da parte dell’Es che, da brava talpa, lavora dentro l’uomo affinché egli si presenti nudo sulla scena del mondo. Una nudità inedita, psichica: spogliato di ogni difesa, l’eterno paziente si ritrova divorato dal proprio inconscio. La patologia non si estende più, dunque, al solo malessere, bensì quotidianamente accompagna l’individuo.
Tra gli altri, tale esempio: una signora si ritrova per terra, d’improvviso, sulla soglia di una drogheria dove aveva adocchiato un mazzolino d’asparagi? Non è certo stato un caso, piuttosto qualcosa della sua psiche ha operato perché non incontrasse quel velato richiamo sessuale. Non rida di queste interpretazioni, poiché esse dimostrano, pur con disonestà letteraria, come l’Es sia a governo dell’intero apparato umano e come, attraverso la sessualità, combatta per la propria evasione. E lei, Lettore, ha mai giochicchiato con la penna mentre scrive? Ci faccia caso, la prossima volta. Sempre suo,
Antonio Iannone
Bibliografia
Le opere citate di Freud sono presenti in S. FREUD, Opere, a c. di C. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino 1966-1980.
G. GRODDECK, Il libro dell’Es, lettere di psicoanalisi a un’amica, trad. di Laura Schwarz, Adelphi, Milano 1990