La censura ecclesiastica non riuscì mai ad ottenere un controllo capillare, i libri proibiti circolarono per secoli. Il ‘700 fu però il secolo del declino.
L’irrigidimento susseguito allo scisma luterano ebbe tra i suoi effetti anche la redazione dell’Indice dei libri proibiti (1558). Né l’autorità temporale, né quella ecclesiastica, riuscirono mai a bloccare la circolazione dei libri proibiti. Ancora nel XVIII secolo, in Italia era assente l’idea di libertà di stampa. Mentre in Francia si cominciava a discuterne, il dibattito italiano era rimasto incentrato sulla titolarità del potere censorio.
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Il lento declino della censura ecclesiastica
Le difficoltà di controllo erano acuite dall’impossibilità di identificare un unico organismo predisposto al controllo: la collaborazione tra Stato e Chiesa era più difficile di quanto potesse apparire, e spesso c’erano tensioni tra il Sant’Ufficio e la Congregazione dell’Indice. Anche a Napoli, nonostante col Concordato del 1741 venisse legalizzata la prassi cinque-seicentesca della doppia censura – del magistrato regio da una parte e dell’autorità vescovile dall’altro –, il Settecento fu il secolo del lento declino della censura ecclesiastica. Come rilevato da Milena Sabato, in Poteri censori. Disciplina e circolazione libraria nel Regno di Napoli tra ‘700 e ‘800 (Congedo Editore, 2007):
Sia che, con la condanna delle opere di un Giannone e di un Costantino Grimaldi, la censura riuscisse per un momento a far tacere le voci più incisive e alte del rinnovamento intellettuale e politico, […] la situazione appariva ormai irrimediabilmente mutata (pp. 39-40).
Una censura “irrilevante”
Il nuovo clima culturale segnò il tracollo definitivo della censura ecclesiastica:
…alcuni studi sui processi dell’Inquisizione celebrati nel Settecento hanno dato risultati tali da far apparire quasi irrilevante l’azione censoria. Il numero dei processi per libri proibiti è apparso in percentuale minima ed inoltre, nei pochi processi celebrati, il possesso o lo spaccio di libri proibiti erano collegati con i reati di magia e di stregoneria… (p. 69).
La censura: dalla Chiesa allo Stato
Il progressivo indebolirsi della censura ecclesiastica in tutta l’Italia del ‘700, Napoli compresa, è strettamente connesso col parallelo rafforzamento di quella statale. Fu allora che nel Regno le antiche norme ripresero vigore, in funzione di un processo di ammodernamento assolutistico nel quale sembrava indispensabile che lo Stato si sostituisse alla Chiesa nel controllo delle idee. Per questo, come notato da Adriano Prosperi, nel saggio La Chiesa e la circolazione della cultura nell’Italia della Controriforma. Effetti imprevisti della censura:
…l’ottica degli studi sulla censura non è più quello di lotta tra oscurantismo e libertà, reazione e progresso, che
ha dominato il paradigma antico della modernità, ma tende sempre più a rovesciarsi (e a complicarsi) in una storia del progressivo addomesticamento di usi all’inizio incontrollati e pericolosi […] della comunicazione scritta: dunque non lotta vittoriosa dei «lumi» sull’oscurantismo, […] ma storia del raffinarsi delle tecniche di controllo o di «disciplina sociale» (pp. 148-149).
Infatti, a partire dal ‘500
…non si dà cultura senza selezione e adattamento, senza censura insomma. Questa funzione positiva, di guida e di correzione, affidata alla censura trova concordi molti nell’Europa del tempo. Solo in seguito, dopo le battaglie illuministiche, si doveva opporre a una libertà figlia della Riforma protestante una negazione cattolica della libertà di pensiero (pp. 154-155).
Un esempio napoletano: le Discussioni di Costantino Grimaldi
Il quadro fin qui delineato trova pieno riscontro nella vicenda storica di Grimaldi (1667-1750) e nel suo pensiero. Basti pensare alla sofferta edizione delle Discussioni, avversata da ogni genere di minacce e di ostacoli. Eppure l’ostinazione manifestata dal magistrato di Santa Chiara, prima col trasferimento della stampa in casa e poi con la pubblicazione clandestina del terzo tomo, è estremamente significativa del mutato stato di cose. Nonostante tutte le avversità, Grimaldi rimaneva convinto di poter immettere nel mercato librario le sue Discussioni.
Il letterato napoletano fu sempre schierato contro la censura ecclesiastica, rifiutando di riconoscere validità alla prassi impostasi nel Regno a discapito delle norme. Dal suo punto di vista, l’unica autorizzazione necessaria alla pubblicazione di un’opera era quella del Collaterale. Le proibizioni romane avevano valore solo per i territori appartenenti allo Stato Pontificio, per entrare in vigore a Napoli avrebbero dovuto pertanto avere bisogno dell’exequatur. D’altro canto, anche Grimaldi è ben lontano dal sostenere l’idea della libertà di stampa. Semplicemente il ruolo positivo della censura, “di guida e di correzione”, doveva passare – o per meglio dire tornare – all’autorità temporale. Lo Stato doveva esercitare questa sua facoltà soprattutto per tutelare i suoi interessi nelle controversie giurisdizionali. Infatti, l’idea della necessità del controllo censorio avrebbe continuato a riscuotere ampi consensi nella cultura italiana ancora per molto tempo.
Ettore Barra