Leni Riefenstahl, l’artista al servizio del regime nazista

Quando si ha a che fare con artisti del calibro di Leni Riefenstahl, non ci si può fermare a un giudizio semplicisticamente morale. Il fatto che abbia avuto (o meno) rapporti con il nazismo non dovrebbe incidere sulla qualità del giudizio che si può avere con la visione di uno dei suoi film.

Ciò perché per quanto sia di fondamentale importanza ricordare e condannare le barbarie naziste, qualsiasi studioso e amante del cinema non può negare di dover guardare con ammirazione le abilità artistiche della Riefenstahl.

Cenni biografici

Leni Riefenstahl nasce a Berlino nel 1902 e viene introdotta nel mondo dell’arte dalla madre, che l’avvia alla danza, alla pittura e al teatro. Si iscrive alla Kunstakademie (Accademia delle belle arti) di Berlino e nel 1921 comincia a studiare il balletto russo con Eugenie Eduardova e la danza contemporanea con la direzione di Mary Wigman.

Tra il 1923 e il 1924 viene ingaggiata da Max Reinhardt per il Deutsches Theater ma, a causa della sua fragilità articolare, ha dovuto interrompere la sua carriera da ballerina.

Riefenstahl

Successivamente, torna a Berlino e comincia a interessarsi al cinema dopo la visione del film La montagna del destino, di Arnold Fanck (autore di “cinema di montagna”).

Comincia la sua carriera da attrice nel 1926, e proprio con Fanck, con il film La montagna dell’amore.

La collaborazione con Fanck ha permesso alla Riefenstahl di apprendere molte cose sul montaggio, sulla fotografia e sulla regia. Tali tecniche saranno messe, in campo nel 1932 con il suo primo film: La bella maledetta, menzionato nel 1934 tra i migliori film dell’anno dal National Board of Rewiew of Motion Pictures.

Un aspetto poco noto ma che potrebbe essere in realtà importante, è il rapporto instaurato con Béla Balázs: poeta, scrittore, regista e sceneggiatore ungherese, ebreo e dichiaratamente comunista. Con lui, infatti, nasce un sodalizio lavorativo che ha portato proprio alla realizzazione de La bella maledetta (Das Blaue Licht).

Il film ha avuto un insperato successo e i due registi hanno ricevuto i complimenti da Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks, Abel Gange e addirittura da papa Pio XI.

L’incontro della Riefenstahl con Hitler

Durante la produzione de La bella maledetta legge il Mein Kampf e, rimanendone affascinata, chiede un incontro a Hitler che, dopo una proiezione del primo film della Riefenstahl rimane piacevolmente impressionato dalle sue doti artistiche.

Il fatto che la Riefenstahl fosse capace di imprimere sulla pellicola immagini cariche di ricercatezza estetica e di potenza ha, senza dubbio, interessato Hitler che ha visto in lei la capacità di creare l’immagine di una Germania wagneriana da utilizzare a fini propagandistici.

La Riefenstahl, contrariamente a quanto si possa credere, non ha adattato il suo cinema ai voleri del regime ma Hitler stesso ha intuito che la sua bravura avrebbe giovato all’immagine del regime e le ha lasciato carta bianca spesso e volentieri.

Il trionfo della volontà

Il trionfo della volontà (Triumph des Willens) è il titolo scelto dallo stesso Hitler per il film della Riefenstahl dedicato al congresso del partito nazista del 1934[1].

Il trionfo della volontà potrebbe essere tranquillamente definito come un classico film di propaganda se non fosse per la regia della Rienfenstahl che ha avuto la possibilità di disporre di teleobiettivi e di grandangoli, riuscendo, attraverso questi, a trasmettere agli spettatori un forte senso di potenza (inquadrature panoramiche su masse di uomini marcianti accompagnate dalla musica di Wagner).

Il trionfo della volontà ha vinto, tra gli altri, il Gran Premio all’Esposizione internazionale Arts et Techniques dans la Vie moderne di Parigi del 1937: in questo modo, la Riefenstahl è stata la prima regista donna a ricevere riconoscimenti internazionali.

Riefenstahl

Olympia

Nel 1936 Hitler le affida la regia di un film celebrativo delle Olimpiadi di Berlino, un’occasione di grande importanza per dare prestigio alla Germania del regime.

La Riefenstahl, per la realizzazione, ha un budget pressoché illimitato grazie al quale riesce a ottenere di poter scavare delle trincee all’interno dello stadio olimpico, per riprendere gli atleti come mai prima. È riuscita straordinariamente a fare anche delle riprese subacquee con più di cinquanta telecamere completamente a sua disposizione che ha avuto la possibilità di piazzare ovunque avesse voluto.

Il risultato è circa 400.000 metri di pellicola visionati e montati in circa due anni di lavoro. In Olympia la Riefenstahl riprende delle tematiche a lei care: l’esaltazione della corporeità degli sportivi e la musica che esprime forza e dinamicità attraverso il connubio con il gesto atletico.

Olympia vince la Coppa Mussolini come miglior film alla 6° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 1938 (non senza delle forti pressioni del regime fascista sulla giuria) ma, dopo la Notte dei cristalli (9 – 10 novembre del 1938) la Riefenstahl deve far fronte all’inevitabile ostilità della stampa e di Hollywood (che, nel frattempo, è diventata la patria dei registi espatriati dalla Germania a causa del nazismo).

https://www.youtube.com/watch?v=qt51j9bmZAU

Il dopoguerra, la fotografia

Leni Riefenstahl viene travolta nel dopoguerra dalle polemiche sul ruolo svolto negli anni del Terzo Reich.

A causa di ciò, nonostante il fatto che nel 1954 riesce a terminare il montaggio di Tiedland (i cui negativi le erano stati sequestrati dalle truppe francesi nel 1946), non riesce più a farsi spazio nel mondo cinematografico europeo e decide di dedicarsi alla fotografia.

È, infatti, durante gli anni Sessanta che fa diversi viaggi in Africa dove si dedica alla cultura Nuba in Sudan riuscendo, nonostante le critiche, a completare due interessanti raccolte fotografiche nelle quali ritrova nei popoli africani quella bellezza scultorea che ha da sempre animato il suo spirito artistico.

Riefenstahl

Ciò di cui ci si rende conto, dopo un attento studio delle scelte di vita fatte dalla Riefenstahl, è che è stata una donna energica, forte, e che ha sfruttato le vicende storiche a suo vantaggio. Ha, di certo, scelto di appoggiare e di diffondere le logiche naziste per arricchirsi e far carriera ma ciò non toglie nulla alle sue straordinarie capacità artistiche e espressive.

 

Cira Pinto

 

Bibliografia:
–      Introduzione alla storia del cinema, P. Bertetto.

–      Leni Riefenstahl, L. Quaresima.

–      Olympia, Bianco e nero – 1939.

Sitografia:

[1] Già il secondo documentato dalla regista. Il primo, a seguito della notte dei lunghi coltelli è stato distrutto perché presentava molte scene con Ernst Röhm. L’unica copia sopravvissuta è ora conservata al Bundesarchiv-Filmarchiv di Berlino.